È quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 17739 del 29 agosto 2011, con cui è stato rigettato il ricorso di un grande magazzino avverso la sentenza della Corte d’Appello che dichiarava illegittimo il licenziamento di un cassiere per aver prelevato la somma di 5 euro dall’incasso e condannava la società a reintegrare il lavoratore e a risarcire il danno.
La Suprema Corte ha ritenuto sproporzionata la sanzione di licenziamento per giusta causa per l’esiguo furto commesso, soprattutto nel caso in cui si tratti di “veterano” dipendente dalla carriera impeccabile. Infatti, pur biasimando la scorrettezza del comportamento del lavoratore, lo ha giudicato meritevole di una sanzione di minore entità rispetto al licenziamento in tronco, in quanto “l’irrogazione della massima sanzione disciplinare, risulta giustificata solo in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore, ovvero addirittura tali da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto”.
Importante, dunque, ai fini della valutazione, il contesto di riferimento, ivi compresa la durata di 14 anni del rapporto di lavoro tra le parti.
In sintesi, “in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, il giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione all’illecito commesso si sostanzia nella valutazione della gravità dell’inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto rapporto e l’inadempimento deve essere valutato in senso accentuativo a tutela del lavoratore rispetto alla regola generale della “non scarsa importanza” di cui all’art. 1455 cod. civ., sicché l’irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali ovvero tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto”. (Biancamaria Consales)
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