Maggioli Editore – Novità settembre 2012 |
Massima |
Lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia può legittimare il licenziamento non solo nel caso in cui l’attività esterna sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, ma anche se la stessa attività, valutata “ex ante”, possa pregiudicare la guarigione ed il rientro del lavoratore in servizio. |
1. Questione
La Corte d’Appello di Campobasso, confermandoo la decisione del Tribunale di Tarino che, accogliendo il ricorso aveva dichiarato illegittimo il licenziamento senza preavviso intimato al lavoratore dalla Telecom Italia, con le consequenziali pronunce di reintegra nel posto di lavoro e di risarcimento del danno. Il licenziamento era stato motivato dalla circostanza che il lavoratore assente da casa a seguito di un infortunio sul lavoro per trauma distorsivo alla caviglia dx, era stato notato presso il bar chiosco gestito dalla moglie intento a servire i clienti dietro il bancone fino alle 20, a riordinare i tavoli, a riporre all’interno i distributori esterni, a chiudere porte e vetri (alcuni posizionati in alto e chiusi saltellando su appoggio fisso) per poi allontanarsi a bordo della vettura; pertanto, tali comportamenti, secondo la Telecom, inducevano a ritenere che l’infortunio non era tale da impedirgli lo svolgimento dell’attività lavorativa e, comunque, era idoneo a pregiudicare la guarigione e quindi a ritardarne il rientro in servizio.
La sentenza della Corte d’Appello è stata confermata dalla Cassazione, che ha osservato che la non compatibilità con l’attività lavorativa (di tipo tecnico su condutture e apparecchiature pure esterne) dell’infermità riportata dal lavoratore a seguito dell’infortunio sul lavoro risultava accertata dalle certificazioni mediche le quali apparivano congrue e senza possibilità di disattenderle; che, comunque, la prescrizione di astensione dal lavoro e di riposo data al ricorrente non determinava l’inibizione di qualsiasi attività personale.
2. Licenziamento e malattia
In materia di svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia, la giurisprudenza della Corte suprema è ormai costante nel ritenere che tale comportamento può giustificare il licenziamento per violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, oltre che nell’ipotesi in cui l’attività esterna sia di per sè sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, anche quando la medesima attività, valutata ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione e con essa il rientro del lavoratore in servizio (cfr., al riguardo, Cass. civ., 1 luglio 2005 n. 14046).
Specificando questo principio, è da affermare che “la valutazione del giudice di merito, in ordine all’incidenza del lavoro sulla guarigione, ha per oggetto il comportamento del dipendente nel momento in cui egli, pur essendo malato e (per tale causa) assente dal lavoro cui è contrattualmente obbligato, svolge per conto di terzi un’attività che può recare pregiudizio al futuro tempestivo svolgimento di tale lavoro; in tal modo, la predetta vantazione è costituita da un giudizio ex ante, ed ha per oggetto la potenzialità del pregiudizio”.
Come s’è detto, lo svolgimento, da parte del dipendente assente per malattia, di altra attività lavorativa che, valutata in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, può pregiudicare o ritardare la guarigione ed il rientro in servizio, costituisce violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede; e questa violazione giustifica il recesso del datore di lavoro (Cass. civ., 3 dicembre 2002 n. 17128). La fiducia riposta dal datore nel dipendente è un elemento che assume rilievo in funzione non della soggettiva e variabile valutazione del datore, bensì dell’oggettiva natura delle mansioni svolte e dell’oggettivo affidamento che l’incarico, per la sua stessa natura, presuppone.
3. Rassegna giurisprudenziale
Lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia può giustificare il recesso del datore di lavoro, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia per sè sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, dimostrando, quindi, una fraudolenta simulazione, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio “ex ante” in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio, con conseguente irrilevanza della tempestiva ripresa del lavoro alla scadenza del periodo di malattia. (Nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva riconosciuto legittimo il licenziamento di un dipendente che era stato sorpreso a lavorare con mansioni di carico e scarico merci e servizio ai tavoli nel circolo ricreativo gestito dalla moglie durante un periodo di assenza dal servizio per distorsione al ginocchio) (Cass. civ., Sez. lavoro, 01/07/2005, n. 14046).
Lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia non consente, di per sé, il licenziamento né altra reazione disciplinare. Costituisce giusta causa di licenziamento lo svolgimento, durante l’assenza per malattia, non solo di un’attività incompatibile con lo stato patologico dichiarato (così emergendo una fraudolenta simulazione dell’infermità), ma anche di un’attività potenzialmente idonea a ritardare la guarigione ai fini del rientro in servizio (Cass. civ., Sez. lavoro, 06/06/2005, n. 11747).
Lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia può giustificare il recesso del datore di lavoro, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, non solo allorchè tale attività esterna sia per sè sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, dimostrando, quindi, una fraudolenta simulazione, ma anche nell’ipotesi in cui la medesima attività, valutata in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio. (Nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva riconosciuto legittimo il licenziamento di un dipendente che era stato sorpreso a lavorare nel proprio fondo agricolo durante un periodo di prolungata assenza dal servizio per lombalgia) (Cass. civ., Sez. lavoro, 03/12/2002, n. 17128).
Lo svolgimento di altra attività da parte del lavoratore assente per malattia, documentata con certificato medico, costituisce motivo di licenziamento disciplinare (o, meglio, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo) solo ove il dipendente abbia agito simulando la malattia, si sia comportato in modo da compromettere o ritardare la propria guarigione, abbia svolto un’attività oggettivamente incompatibile con il suo stato di malattia oppure l’abbia esplicata in violazione del divieto di concorrenza (Cass. civ., Sez. lavoro, 11/12/2001, n. 15621).
Rocchina Staiano
Dottore di ricerca; Docente all’Univ. Teramo; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato. E’ stata Componente della Commissione Informale per l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del Dipartimento della Gioventù.
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