Ai sensi dell’art. 39, T.u.l.p.s. n. 773 del 1931, il Prefetto ha la facoltà di vietare la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti alle persone ritenute capaci di abusarne; in particolare, la citata disposizione ricollega il divieto di detenere armi ad un giudizio discrezionale formulato dal Prefetto in ordine alla capacità personale di abuso da parte del soggetto detentore, sindacabile, in quanto tale, solo sotto il profilo dell’illogicità.
Ciò si giustifica con la considerazione che la detenzione delle armi si caratterizza, da un lato, per l’intrinseca pericolosità e, dall’altro, per la tenuità di un interesse socialmente apprezzabile, con la conseguenza che per l’adozione del decreto di divieto è sufficiente il convincimento dell’Amministrazione in ordine alla possibilità che il detentore abusi dell’autorizzazione.
In altri termini, l’Amministrazione ha un potere ampiamente discrezionale per valutare con il massimo rigore qualsiasi circostanza che consigli l’adozione del provvedimento di divieto, o di revoca, della detenzione stessa, in quanto la misura restrittiva persegue la finalità di prevenire la commissione di reati e, in generale, di fatti lesivi della pubblica sicurezza, con la conseguenza che il detentore deve essere persona esente da mende o da indizi negativi, sicché nei suoi confronti deve esistere la sicura affidabilità circa il buon uso delle armi.
Pertanto, si tratta di un potere connotato da elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità per cui il potere è attribuito. Il fine perseguito è infatti la tutela dell’ordine pubblico, non solo in caso di accertata lesione, ma anche in caso di pericolo di lesione.
Ne consegue che il divieto di detenzione di armi, munizioni, esplosivi, così come il diniego di licenza o la revoca della licenza di porto d’armi, non richiedono un oggettivo ed accertato abuso nell’uso delle armi, ma è sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne.
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