Premessa.
Le disposizioni del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv., con modif., in l. 27 aprile 2020, n. 27, che interessano il processo esecutivo sono principalmente due: (a) l’art. 83, che concerne in generale la disciplina dell’attività giudiziaria nel settore civile (ed in quello penale) al tempo del Covid; (b) l’art. 54-ter, che dispone che “al fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore”. La prima delle menzionate disposizioni, quindi, attiene all’attività giudiziaria nel settore civile complessivamente inteso e, in quanto tale, trova applicazione anche con riferimento al processo esecutivo. La seconda riguarda, in via esclusiva, i processi espropriativi aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore esecutato.
L’obiettivo del presente lavoro è, da un lato, quello di suggerire delle soluzioni interpretative rispetto all’applicazione dell’art. 83 cit. al processo esecutivo e, dall’altro lato, quello di fornire una prima lettura dell’art. 54-ter, cit., atteso il rilevante numero di procedure esecutive avanti ad oggetto la prima casa pendenti presso i Tribunali del Paese.
SOMMARIO: 1. La sospensione dei termini processuali con riferimento all’esecuzione forzata 2. La sospensione dei procedimenti espropriativi aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore 3. Postilla
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1. La sospensione dei termini processuali con riferimento all’esecuzione forzata.
Come si anticipava, l’art. 83 del d.l. n. 18/2020 è norma di carattere generale per ciò che concerne il processo civile nel periodo dell’emergenza Covid. Tale disposizione prevede che: a) i procedimenti civili pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviati d’ufficio a data successiva all’ 11 maggio 2020 (comma 1); b) dal 9 marzo 2020 all’ 11 maggio 2020, è sospeso il decorso dei termini per il complimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili. In particolare si intendono sospesi “i termini stabiliti per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi” (comma 2)[1]; c) le ricordate previsioni non operano con riferimento ad una serie di procedimenti, nella prassi definiti procedimenti esclusi (tra cui, con previsione di chiusura, sono annoverati “in genere i procedimenti, anche cautelari, in cui è urgente e indifferibile la tutela di diritti fondamentali della persona”) -comma 3; d) relativamente al periodo dall’ 11 maggio 2020 al 31 luglio 2020[2] ,è affidato ai Capi degli Uffici giudiziari il potere di adottare “le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle norme igienico sanitarie fornite dal Ministero della salute […], al fine di evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra persone”[3]; e) le misure organizzative, ai fini di cui sopra, sono individuate dal comma 7 e spaziano dalla limitazione dell’accesso del pubblico agli Uffici giudiziari o dell’orario di apertura delle Cancellerie alla adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze.
Con riferimento a tale ultimo profilo, si prevedono due modalità alternative di celebrazione dell’udienza civile, subordinate alla ricorrenza del comune presupposto che non sia richiesta la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti (o degli ausiliari del giudice): e.1) udienza mediante collegamento da remoto, in modo che sia salvaguardato il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti, con la necessaria presenza nell’ufficio giudiziario del giudice[4], e.2) udienza mediante scambio o deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, con successiva adozione “fuori udienza” del provvedimento giudiziale (cd. udienza cartolare).
A tale riguardo va anche ricordato che il Consiglio superiore della magistratura, con delibera 186NV/2020[5] – -relativa al periodo temporale di cui sopra e tenuto conto della ratio della disciplina emergenziale in questione, che è quella di “evitare ogni possibile forma di contatto onde limitare la possibilità di contagio”- ha stabilito che il Dirigente inviti i magistrati “a promuovere lo svolgimento delle udienze civili che non possono essere differite e che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti e che si concludono con provvedimenti da adottarsi fuori udienza con le modalità di cui al comma 7, lett. h) dell’art. 83, cit.”.
Posto che la disciplina sopra sinteticamente esaminata appare pensata con riferimento precipuo ai procedimenti contenziosi, si richiede allo studioso del processo esecutivo un’attività interpretativa di adattamento in considerazione delle peculiarità del processo esecutivo stesso.
Pertanto, rileva chiarire, nella materia che interessa: a) quali siano i procedimenti indifferibili ; b) quali siano i procedimenti ove non è richiesta la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti. A tal fine, vanno tenute in considerazione (avuto riguardo alla ratio della disciplina in esame), le seguenti ulteriori variabili:
– nei procedimenti esecutivi per espropriazione (di natura immobiliare, mobiliare presso il debitore o “presso terzi”) il debitore ha il diritto di comparire, personalmente, all’udienza ove è autorizzata la vendita o disposta l’assegnazione (artt. 530, 569 e 552 c.p.c.);
– in tale occasione maturano rilevanti preclusioni, quali quella di presentare istanza di conversione ex art. 495 c.p.c.[6] ;
– con segnato riferimento alle procedure espropriative immobiliari:
1) l’udienza di autorizzazione alla vendita è necessariamente preceduta dall’attività degli ausiliari del G.E. (in specie per ciò che attiene agli accessi all’immobile pignorato);
2) le vendite strettamente intese richiedono: 2.1) la presenza di un numero potenzialmente anche elevato di soggetti negli angusti locali del Tribunale deputati alla relativa celebrazione; 2.2) ulteriori attività di accesso al bene onde garantire il cd. diritto di visita.[7]
Occorre, inoltre, tener conto dell’avvertita esigenza di evitare il blocco dei capitali giacenti sui conti intestati alle procedure esecutive (cd. casti in court) e favorirne, nella più ampia misura possibile, la distribuzione ai creditori aventi titolo ed agli ausiliari del G.E. (a titolo di compenso per l’opera prestata).
Avuto riguardo alle coordinate sopra indicate, sono dunque prospettabili le seguenti soluzioni:
A) con riferimento al periodo che va dal 9 marzo 2020 all’ 11 maggio 2020, si può sostenere che:
i) non vi sono procedimenti indifferibili ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 83, comma 3, d.l. n. 18/2020 afferenti alla materia che interessa;
ii) restano pertanto sospesi i seguenti termini:
I) con riferimento a tutte le esecuzioni: 1) il termine per il deposito dell’istanza di vendita di cui all’art. 497 c.p.c.; 2) il termine per la notifica dell’avviso ai creditori iscritti di cui all’art. 498, comma 2, c.p.c.; 3) il termine per la notifica dell’atto di intervento al debitore ai sensi dell’art. 498, comma 3, c.p.c.; 4) il termine di cui all’art. 510 c.p.c. entro il quale i creditori non titolati devono munirsi di titolo esecutivo; 5) il termine per il versamento del fondo spese disposto dal giudice dell’esecuzione a norma dell’art. 8,d.P.R. n. 115/2002; 6) il termine per l’esecuzione degli adempimenti pubblicitari fissato dal giudice dell’esecuzione; 7) il termine per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi e per l’introduzione della fase di merito; 8) il termine per il deposito dell’istanza di sospensione di cui all’art. 624-bis, commi 1 e 3, c.p.c. e per il deposito dell’istanza di fissazione dell’udienza di cui al comma 2 del citato art. 624-bis; 9) il termine per la riassunzione della procedura di cui all’art. 627 c.p.c.;
II) con riferimento alle esecuzioni immobiliari: 1) il termine per il deposito di cui all’art. 557, comma 2, c.p.c.; 2) il termine per il deposito della documentazione ipocatastale di cui all’art. 567, comma 2, c.p.c., e quello eventualmente prorogato dal giudice dell’esecuzione; 3) il termine per il deposito delle istanze di assegnazione di cui all’art. 588 c.p.c., 4) il termine per il deposito del piano di riparto di cui all’art. 596, comma 1, p.c.
Discusso è, invece, se il termine per il versamento del saldo prezzo resti sospeso. Come è noto, si discute sulla natura sostanziale o processuale di questo termine. Se si ritiene che il termine abbia natura sostanziale, si dovrà affermare che lo stesso non rimane sospeso (in quanto non rientrante nella previsione di cui al comma 1 dell’art. 83, cit., relativo ai termini “dei procedimenti civili”). Ove, al contrario, si ritenga che il termine abbia natura processuale, lo stesso resterà sospeso nel periodo sopra citato (per riprendere a decorrere alla sua conclusione);
III) con riferimento ai procedimenti esecutivi “presso terzi”: 1) il termine per l’invio della dichiarazione di terzo di cui all’art. 543, comma 2, n. 4, c.p.c.; 2) il termine per il deposito di cui all’art. 543, comma 4, c.p.c.;
IV) con riferimento alle esecuzioni per consegna o rilascio: 1) il termine per l’esecuzione del rilascio di cui all’art. 608 c.p.c.; 2) il termine per l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 609 c.p.c.;
B) con riferimento al periodo che va dal 12 maggio 2020 al 31 luglio 2020, si può sostenere che:
1)appare problematica la celebrazione delle udienze di cui all’art. 569 c.p. c., trattandosi, per quanto detto sopra, di udienze ove è possibile la presenza del debitore non costituito.
Si tende ad escludere che le stesse possano essere trattate da remoto o in forma cartolare. Depone nel senso anzidetto la considerazione che, all’udienza di cui all’art. 569 c.p.c., maturano delle rilevanti preclusioni, onde la celebrazione della stessa secondo le modalità di cui alle lett. f) e g) dell’art. 83, comma 7, cit. potrebbe determinare un pregiudizio sostanziale in capo al debitore non costituito o che voglia costituirsi in udienza;
2)per la celebrazione delle vendite in senso stretto:
i) si può valorizzare il ricorso agli strumenti telematici, nei termini consentiti dagli artt. 569 c.p.c. e 161-ter att. c.p.c. ed in specie il ricorso alla vendita asincrona o alla vendita sincrona pura[8];
ii) nel caso in cui l’udienza per la delibazione sulle offerte sia fissata presso lo studio del professionista delegato, si può stabilire che la relativa celebrazione debba avvenire osservando delle misure di distanziamento e/o l’utilizzo di dispositivi di protezione;
iii) nel caso in cui l’udienza per la delibazione sulle offerte sia fissata presso il Tribunale (e ciò anche in caso di vendita telematica cd. mista) occorrerà avere riguardo, in concreto, alle disposizioni del Capo dell’Ufficio, tenuto conto della necessità di evitare dannosi assembramenti di persone.
3) in considerazione di quanto notato ai due punti precedenti, va esclusa la necessità di trattare la fase cautelare delle opposizioni esecutive, quante volte l’udienza ex art. 569 c.p.c. o quella di vendita in senso stretto siano state differite.
In questo caso, infatti, il pregiudizio in capo al debitore, consistente nella permanenza del vincolo promanante dal pignoramento, non potrebbe essere neutralizzato da un provvedimento di sospensione, onde sarà opportuno fissare l’udienza di comparizione delle parti in concomitanza con l’udienza fissata ex art. 569 c.p.c. o, per le vendite “revocate” fino al 30 giugno 2020, prima che sia celebrato un nuovo esperimento di vendita;
4) possono essere celebrate le udienze deputate all’approvazione del progetto di distribuzione.
Il diritto del debitore non costituito può essere tutelato in concreto onerando il professionista delegato (o il creditore procedente) di effettuare la notifica al debitore, presso il luogo di residenza, del provvedimento di fissazione dell’udienza ove, inoltre: a) si dia avviso dell’avvenuta formazione del progetto di distribuzione (che sarà allegato al provvedimento); b) si dia alle parti (un termine congruo per la formulazione di osservazioni o contestazioni rispetto al progetto di distribuzione allegato in bozza; c) si avvertano le parti che, in caso di mancata contestazione, il progetto potrà essere approvato (nei termini prospettati) anche in caso di assenza delle parti (all’udienza fissata) ai sensi dell’art. 597 c.p.c.
A questo punto gli scenari prospettabili sono due:
I) il debitore intende proporre contestazioni. In tal caso, il debitore deve necessariamente costituirsi nel processo esecutivo con un avvocato. Pertanto, il G.E. procederà alla fissazione di una nuova udienza per l’esame sommario ex 512 c.p.c. della controversia distributiva. Siccome, in tale evenienza, sia il debitore che il creditore saranno costituiti, è ben possibile la trattazione di tale udienza secondo le modalità di cui alle lett. f) e g) dell’art. 83, comma 7, cit.;
II) il debitore -malgrado la ricezione del provvedimento di cui sopra- non presenta contestazioni. A tal punto il progetto potrà essere approvato a seguito di udienza da remoto o cartolare, ovvero- secondo la soluzione offerta da alcuni Tribunali -anche fuori udienza, atteso che l’art. 597 c.p.c. stabilisce che il progetto può essere approvato in caso di mancata comparizione delle parti;
5) possono essere trattate, sebbene con qualche accorgimento, le udienze di prima comparizione del processo esecutivo “presso terzi”.
In questo caso, dove pure si pone la necessità di svincolare le somme detenute dal terzo, a beneficio del creditore, si può prevedere che, se è stata rilasciata la dichiarazione di quantità positiva e la stessa sia prodotta agli atti del fascicolo dell’esecuzione, l’udienza in questione sia trattata secondo le modalità di cui alle lett. f) e g) dell’art. 83, comma 7, cit.
Anche in tale ipotesi il debitore non costituito ha, in astratto, il diritto di comparire in udienza. Ed allora: i) se il debitore si costituisce in limine a tale udienza, ad esempio proponendo una opposizione esecutiva e chiedendo in via interinale la sospensione dell’esecuzione, il G.E. fisserà nuova udienza per la trattazione del tema cautelare, potendo, in caso di rigetto della istanza presentata dal debitore, procedere contestualmente all’assegnazione del credito pignorato; ii) se il debitore non si costituisce sono possibili due soluzioni: ii.1) il G.E., presente fisicamente in Ufficio, nel caso in cui si presenti il debitore, fisserà, anche ai sensi della lett. f), una nuova udienza per la comparizione delle parti, onde assicurare il contraddittorio delle stesse sulle istanze avanzate dal debitore stesso; ii.2) il G.E. provvede ciò nondimeno all’assegnazione del credito.
Il rischio di una impugnazione dell’ordinanza di assegnazione da parte del debitore potrebbe essere minimizzato attraverso la previsione della relativa notifica a cura del procedente e disponendo quale accorgimento pratico che l’esecutività dello stesso sia differita al ventesimo giorno successivo alla data di ricezione dell’ordinanza[9].
2. La sospensione dei procedimenti espropriativi aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore.
Come anticipato, in sede di conversione del d.l. n. 18/2020, è stato introdotto l’art. 54- ter, norma che, diversamente dall’art. 83, attiene “ai procedimenti espropriativi immobiliari aventi ad oggetto la casa principale del debitore”.
Si tratta, quindi, di una norma concernente non i termini processuali ma l’intero processo esecutivo.
La disposizione, come anticipato in premessa, prevede che “al fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore”: la sua interpretazione pone, però, diversi nodi problematici.
In primo luogo, va evidenziata la pessima tecnica normativa.
Resta infatti oscura, ad una prima analisi, la connessione tra l’esigenza di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica in atto e la prosecuzione del processo esecutivo. Può ipotizzarsi che il legislatore abbia inteso dare rilievo e protezione alle esigenze abitative del debitore, però in questa limitata prospettiva: evitare che il progredire del processo esecutivo possa comportare la liberazione dell’immobile pignorato e, per tale via, l’espletamento di attività (quali la ricerca di una nuova sistemazione) che potrebbero concorrere alla diffusione del contagio[10].
Come anticipato, la disposizione prevede la sospensione, per così dire, secca del processo esecutivo.
Appare evidente, però, che non si tratta della sospensione di tutti i processi esecutivi per espropriazione di immobili, essendo necessaria la verifica che il bene staggito sia adibito ad “abitazione principale” del debitore.
Per interpretare il concetto di “abitazione principale” può essere utile quanto previsto dalle seguenti disposizioni: a) art. 10, comma 3-bis, d.P.R. n. 917/1986, secondo cui “per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente. Non si tiene conto della variazione della dimora abituale se dipendente da ricovero permanente in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l’unità immobiliare non risulti locata”; b) art. 13, d.l. n. 201/2011, secondo cui “per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”.
Anche sulla base di tali precedenti disposizioni, dunque, l’abitazione principale è quella dove il debitore abbia la propria residenza anagrafica e dove lo stesso dimora abitualmente.
L’art. 54-ter non chiarisce, tuttavia, il momento a partire dal quale la predetta situazione abitativa debba ricorrere: si propende per la tesi per cui la circostanza che l’immobile sia abitato dal debitore debba sussistere al momento dell’avvio del processo esecutivo: in definitiva, si deve ritenere che sia inopponibile alla procedura (che quindi non dovrà restare sospesa) la situazione abitativa che si sia venuta a verificare dopo l’inizio del processo esecutivo.
Ci si chiede se la ricorrenza del presupposto oggettivo di applicazione della norma debba essere dedotto dalla parte o possa essere anche rilevato d’ufficio.
Si propende per la tesi secondo cui il G.E. dovrebbe, nell’esercizio del proprio potere di direzione del processo esecutivo, che involge anche l’attività degli ausiliari, impartire, anche tramite provvedimenti standardizzati, agli stessi la direttiva “di arrestare le proprie attività qualora emerga, sulla base delle situazioni abitualmente oggetto di verifica ed in ogni caso con la acquisizione di certificazione anagrafica di residenza, che l’immobile staggito rappresenti la dimora abituale del debitore, e di dare segnalazione dell’avvenuto arresto al giudice dell’esecuzione, ai fini di un successivo provvedimento ricognitivo ad opera di quest’ultimo”.
Resterebbe comunque ferma la possibilità per il debitore di far rilevare la circostanza, anche con semplice istanza al G.E. ex art. 486 c.p.c.
L’emersione della causa di sospensione ha una incidenza assai diversa a seconda di quale sia lo stato in cui versa la procedura.
La questione più spinosa attiene senza dubbio al caso in cui vi sia stata aggiudicazione e, nelle more, si palesi la ricorrenza del presupposto applicativo della disposizione: in questa ipotesi, infatti, si pone icasticamente il problema se sia possibile l’adozione del decreto di trasferimento.
Invero, una interpretazione letterale della disposizione porterebbe a ritenere che sia preclusa, nel periodo di tempo in essa contemplato, l’adozione di qualsivoglia atto e, quindi, anche del decreto di trasferimento.
Tuttavia, l’art. 54-ter in esame deve pur sempre essere letto nel contesto della disciplina codicistica dell’esecuzione forzata e dei principi generali che tale disciplina informano.
Conseguentemente, appare difficile sostenere che, in questo caso, non debba trovare applicazione l’art. 187-bis disp. att. c.p.c., secondo cui “in ogni caso di estinzione o di chiusura anticipata del processo esecutivo avvenuta dopo l’aggiudicazione, anche provvisoria, o l’assegnazione, restano fermi nei confronti dei terzi aggiudicatari o assegnatari, in forza dell’articolo 632, secondo comma, del codice, gli effetti di tali atti…“.
In altri termini, se è vero che tale disposizione preserva l’aggiudicatario dalla eventuale estinzione (tipica o atipica) del processo esecutivo, a maggior ragione ciò deve avvenire se la procedura è semplicemente sospesa: ragion per cui, in questo caso, è doverosa l’emissione del decreto di trasferimento.
Si potrebbe invero obiettare che la finalità perseguita dalla norma è quella di preservare, a tutti i costi, la situazione abitativa in atto e che, pertanto, l’adozione del decreto di trasferimento vanifichi ab imis tale finalità.
La questione va risolta tenendo conto del fatto che il riferimento agli “effetti negativi dell’ “emergenza epidemiologica” è sufficientemente ampio da potervi ricomprendere le conseguenze perniciose del blocco di un’azione esecutiva che, con la trasformazione del bene in denaro, si approssima al suo naturale epilogo.
Questione non meno complessa è quella che attiene al se il processo esecutivo sospeso ai sensi dell’art. 54-ter debba essere riassunto dal creditore procedente (con conseguente applicabilità dell’art. 627 c.p.c. in caso di mancata riassunzione) o se il G.E. possa, contestualmente alla presa d’atto della intervenuta sospensione, stabilire sull’ulteriore seguito del processo esecutivo in data successiva al 30 ottobre 2020 (con provvedimento di diverso tenore a seconda di quale sia la fase processuale in cui l’esecuzione versa).
Pur consapevoli della estrema problematicità della questione, si propende per la prima soluzione.
Depone in questo senso la considerazione che ubi lex voluit dixit: ragion per cui la mancanza di una disciplina ad hoc per la riassunzione implica la soggezione della fattispecie alle regole generali e, quindi, per quanto qui conta, all’art. 627 c.p.c.[11]
3. Postilla.
Al momento in cui si licenziano le bozze del presente contributo risulta presentato, in sede di conversione del d.l. n. 23/2020, un emendamento la cui approvazione implicherebbe la modifica dell’art. 54-ter, nel senso che segue:
“Al primo comma dell’articolo 54-ter del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020, convertito dalla legge n. 27 del 24 aprile 2020, sono aggiunti i seguenti commi:
- Per abitazione principale si intende l’immobile adibito ad uso abitativo, con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A19, nel quale la persona fisica, che lo possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, abita e risiede anagraficamente dal momento della notifica del pignoramento.
- Il giudice dell’esecuzione dispone la sospensione anche d’ufficio con decreto reclamabile ai sensi dell’articolo 591-ter del codice di procedura civile; col medesimo decreto fissa l’udienza o detta le disposizioni per la prosecuzione del processo.
- La sospensione non può essere disposta dopo l’assegnazione o l’aggiudicazione, salvo che sia intervenuta la decadenza dell’aggiudicatario ai sensi dell’articolo 587 del codice di procedura civile ovvero sia stata pronunciata la sospensione della vendita ai sensi del primo comma dell’articolo 586 dello stesso codice.
- La sospensione non osta al pagamento al creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore previsti dall’articolo 495 del codice di procedura civile”.
La futuribile versione dell’art. 54-ter risolverebbe, quindi, de iure condito, molte delle questioni problematiche poste dalla norma, cosi come sopra esaminata: in taluni casi, peraltro, le soluzioni adottate sono consonanti a quelle proposte nel presente contributo.
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Note
[1] Invero una prima precisazione si impone. I termini sopra indicati sono la risultante del convulso intersecarsi tra le seguenti fonti normative: a) il d.l. n. 18/2020 che prevedeva tanto il rinvio delle udienze dei procedimenti civili quanto la sospensione per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili fino al 15 aprile 2020; b) il d.l. n. 23/2020 che, all’art. 36, è intervenuto a modificare in parte qua le richiamate disposizioni prevedendo che “il termine del 15 aprile 2020 previsto dall’articolo 83, commi 1 e 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 è prorogato all’11 maggio 2020″; c) la 1. n. 27/2020 che, nel convertire il d.l. n. 18/2020, ha avuto riguardo -se si legge il testo pubblicato in G. U – alla formulazione dei predetti commi al netto della proroga stabilita –medio tempore- con il citato art.. 36, d.l. n. 23/2020. Si è posta quindi la questione se tale ultima legge di conversione abbia obliterato (in quanto non l’ha recepita) la modifica intervenuta sui commi in esame per effetto dell’art. 36, cit. Laddove si accedesse alla lettura per cui i termini di cui al d.1, n. 18/2020, come convertito, abbiano riguardo alla data del 15 aprile 2020 (con abrogazione tacita della proroga disposta tra il d.l. e la legge di conversione), se ne dovrebbe dedurre: a) che le udienze civili andrebbero celebrate a partire dal ’16 aprile 2020; b) che dalla stessa data riprenderebbero a decorrere i termini sospesi ai sensi del comma 2 dell’art. 83, cit.
Evidentemente si tratta di una lettura inappagante e foriera di conseguenze paradossali (come la cessazione della sospensione dei termini ora per allora). Si è quindi fatta strada una lettura secondo cui la proroga è altro rispetto alla modifica e che quindi l’art. 36, cit., salva la sua mancata conversione, sia precettivo e attualmente in vigore. Una lettura di questo tipo sembra avallata (oltre che dal comune buon senso) dalla giurisprudenza di legittimità, allorché ha ritenuto che “in tema di efficacia intertemporale dei decreti legge, le modifiche apportate in sede di conversione, integralmente o sostanzialmente sostitutive della corrispondente previsione del decreto legge, hanno efficacia dalla data di entrata in vigore della legge di conversione e non da quella del decreto come in tutti gli altri casi” (Cass., sez. trib., 22 novembre 2018, n. 30246, inedita). Su questi profili, sia consentito rinviare a S. LEUZZI-A. AULETTA, I processi esecutivi nell’evoluzione della normativa emergenziale, in wvw.inexecutivis.it.
[2] Tale termine è stato cosi modificato per effetto dell’art. 3, comma 1, lett. i), d.l. n. 28/2020.
[3] Cfr. il comma 6 dell’art. 83 in esame.
[4] La disposizione che prevede -con evidente contraddizione in termini- l’udienza “da remoto” con “la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario” è il frutto di una ulteriore modifica intervenuta a pochi giorni dalla legge di conversione del d.l. n. 18/2020 (art. 3, d.l. n. 28/2020). Oltre al discutibile utilizzo del decreto legge per introdurre un obbligo siffatto (evidentemente sul presupposto della urgenza della relativa previsione) a pochi giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione (ciò che denota un corto circuito nella normale dialettica di produzione di norme indifferibili ed urgenti), va evidenziato che il correttivo non interessa la previsione della lett. h) e che, quindi, l’udienza cartolare sarà possibile anche in assenza del giudice dall’ufficio giudiziario. Sullo sfondo si colloca la discussione relativa alla mancata previsione di un identico obbligo per i giudici amministrativi e contabili e, ancora più al fondo, quella relativa alla inadeguatezza delle infrastrutture a disposizione presso gli uffici giudiziari rispetto alla trattazione della udienza “da remoto”. Il Tribunale di Mantova, con ordinanza del 19 maggio 2020, ha sollevato una q.l.c. relativamente a tale nonna. Il provvedimento può essere letto in La nuova procedura civile, 3, 2020.
[5] Consultabile sul sito istituzionale del Consiglio superiore della magistratura (www.csni.it).
[6] Questo aspetto riguarda specificamente le esecuzioni immobiliari e mobiliari presso il debitore; non anche (o comunque non negli stessi termini) le esecuzioni “presso terzi”, dato che in questa tipologia di processi espropriativi il ricorso alla conversione (pur in astratto possibile alla luce di quanto previsto dall’art. 495 c.p.c.) è del tutto inusuale (d’altro canto, una parte della giurisprudenza nega che, nel caso specifico, sia possibile la rateizzazione, come in tutti gli altri casi: v. Trib. Milano, 17 maggio 2017, Medita; in senso contrario, v. Trib. Napoli Nord, 22 gennaio 2020, inedita).
[7] Nel documento licenziato dall’Associazione nazionale di Coordinamento Delegati e Custodi in data 21 aprile 2020 (pubblicato su ilcaso.it) si valorizza l’opzione del cd. tour virtuale.
[8] Su cui vedi, a livello di disciplina di rango secondario, il d.m. n. 32/2015.
[9] Anche in questo caso va comunque evidenziato che, in sede di impugnazione agli atti esecutivi, il debitore dovrebbe allegare un pregiudizio sostanziale di non agevole configurabilità.
[10] In questo senso si sono espressi i primi commentatori della disposizione, sebbene pervenendo, quanto ad alcune conseguenze applicative (su tutte: quella se l’emanazione del decreto di trasferimento sia preclusa o meno dalla sospensione ai sensi dell’art. 54-ter), a risultati divergenti (come si dirà in-fra):v.S. LEUZZI-R. ROSSI, Procedure esecutive e prima casa nel diritto emergenziale anti-Covid, in www.ilcaso.it , 2020; A.M. SOLDI, La sospensione della espropriazione immobiliare ai tempi del coronavirus, in www.judicium.it. B. SASSANI-B. CAPPONI-A. PANZAROLA-M. FARINA, La sospensione delle espropriazioni immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore, in www.judicium.it.
[11] Una sponda a tale lettura può ricavarsi dalla giurisprudenza di legittimità formatasi con riferimento alla disciplina emergenziale dettata a fronte del sisma in Abruzzo del 2009, laddove si prevedeva la sospensione per un tempo certo dei processi pendenti presso i Tribunali del territorio interessato dal tragico evento. In tale occasione, la S.C. ha ritenuto che fosse onere delle parti riassumere il processo (in quel caso di cognizione) rimasto sospeso, in applicazione delle regole generali (in quanto non derogate): cfr. Cass., sez. III civ., 25 marzo 2016, n. 5955, inedita.
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