L’indennità di amministrazione e la tredicesima mensilità. contrastanti orientamenti giurisprudenziali.

Redazione 27/01/05
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Di Umberto Valboa

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1. L’indennità di amministrazione come elemento retributivo rientrante nella base di calcolo della tredicesima mensilità. Sentenza Tribunale di Pisa del 10.12.2003 n.726

Come è noto nel calcolo della tredicesima mensilità non viene inclusa l’indennità di amministrazione che viene, invece, percepita mensilmente dai pubblici dipendenti unitamente ad altre voci stipendiali. Una tappa fondamentale, per quanto concerne il riconoscimento del diritto dei pubblici dipendenti all’ inclusione della suindicata indennità nella base di calcolo della tredicesima mensilità, è rappresentata dalla sentenza emessa dal Tribunale di Pisa[1] – Sez. Lavoro – in data 10 dicembre 2003 n.726.

Prima di esaminare la predetta decisione appare utile ricordare che per i dipendenti pubblici il fondamento normativo della tredicesima mensilità si rinviene nel DLCPS. 25. 10. 1946, n. 263 il cui art. 7, comma 1 prevede il riconoscimento ai dipendenti statali “…a titolo di gratificazione, una tredicesima mensilità da corrispondersi alla data del 16 dicembre di ogni anno, ovvero il precedente giorno feriale qualora detta data cada in giorno festivo …”. La modalità di calcolo della predetta mensilità è indicata dal comma 2° del DLCPS cit. il quale prevede che essa sia “…commisurata al trattamento economico, complessivo spettante alla data suindicata per stipendio, paga o retribuzione… escluse le quote complementari, va corrisposta per intero al personale in servizio continuativo dal 1º gennaio dello stesso anno…”.

Pertanto, in base alla suindicata normativa la tredicesima mensilità è in rapporto di diretta proporzionalità all’intero trattamento economico spettante al pubblico dipendente, tanto è vero che in caso di “…riduzione dello stipendio o della paga o della retribuzione, il relativo rateo della gratificazione è ridotto nella stessa proporzione della riduzione di dette competenze.” confermando il suindicato rapporto di proporzionalità anche nel caso in cui sia ridotta la retribuzione, nelle ipotesi normativamente previste[2].

Del resto, in base a quanto affermato dalla giustizia amministrativa[3], la tredicesima mensilità ha carattere fisso e ricorrente in quanto non è legata a fattori accidentali, quali la eventuale meritevolezza del personale, poiché viene corrisposta in un determinato periodo dell’anno a tutti i dipendenti pubblici. Di recente il Consiglio di Stato[4] ha messo in risalto la natura unitaria ed infrazionabile della retribuzione il cui intero ammontare deve essere computato nel calcolo della tredicesima mensilità. Quindi dalla suindicata giurisprudenza amministrativa emerge il carattere non accidentale ed eventuale della corresponsione della tredicesima mensilità, nella cui base di calcolo deve ritenersi inclusa anche l’indennità di amministrazione, che rappresenta a sua volta una voce della retribuzione in considerazione della natura unitaria ed infrazionabile della retribuzione stessa.

Dal punto di vista contrattuale si deve ricordare che l’allegato B Tabella I comma 3° del CCNL del 16.05.95 prevede, tra l’altro, che “Le indennità di amministrazione vengono corrisposte, di norma nelle medesime fattispecie in cui viene erogato lo stipendio tabellare; vengono ridotte, perciò, pro quota in caso di tempo parziale orizzontale…”. La suindicata disposizione contrattuale conferma, da un lato, lo stretto legame che si pone tra l’indennità di amministrazione e lo stipendio tabellare, di cui fa parte la predetta indennità, e, dall’altra, il carattere proporzionale della stessa rispetto all’ erogazione temporale della prestazione lavorativa.

In merito al problema specifico dell’ inclusione dell’ indennità di amministrazione nella base di calcolo della tredicesima mensilità occorre rilevare che una recente pronuncia giurisprudenziale ha risolto positivamente il problema. Infatti, il Tribunale di Pisa[5] ha riconosciuto il diritto alla inclusione dell’indennità di amministrazione nella base di calcolo della tredicesima mensilità condannando “…il Ministero convenuto a pagare le differenze retributive fra quanto corrisposto e quanto avrebbe dovuto corrispondere secondo il calcolo di cui al punto precedente, nel limite della prescrizione quinquennale alla data della notifica del ricorso, oltre interessi.”

La sentenza citata, basandosi su una interpretazione letterale e sistematica di norme contrattuali e legislative, in particolare dell’art. 7 comma 1 D.lgs. c.p.s. n.263/46, accoglie un criterio di omnicomprensività della retribuzione a fondamento legale. In altre parole il Tribunale di Pisa, pur condividendo il principio secondo cui nel nostro ordinamento non esiste un concetto di retribuzione omnicomprensiva[6], ritiene che il predetto principio subisca un’eccezione nel caso in cui la omnicomprensività della retribuzione abbia fondamento legale, come nel caso, appunto, della tredicesima mensilità che, come sopra rilevato, ha il suo fondamento normativo nell’ art. 7 comma 1 D.Lgs c.p.s. citato. Pertanto, in base alla sentenza in commento, in tutti i casi in cui le norme contrattuali prevedono che l’indennità di amministrazione deve essere corrisposta per dodici mensilità “…si deve intendere una forma che ha più di mira la volontà di sottolineare il suo aggancio ai tempi e alle modalità della paga globale mensile che non piuttosto di esclusione dalla tredicesima.”

In definitiva si può sostenere che la cd. tredicesima ha la stessa composizione dei ratei stipendiali mensili corrisposti nei dodici mesi annuali, con l’eccezione di quote complementari, atteso che l’art. 7 cit. commisura, come sopra indicato, la stessa “… al trattamento economico complessivo … per stipendio, paga o retribuzione e indennità di carovita …”.

2. Diverso orientamento della Corte di Appello di Firenze – Sez. Lavoro. Sentenza 29.06.2004. Diritto alla inclusione dell’ indennità di amministrazione nella base pensionabile quota A) in base alla sentenza n.1620/04 della Corte dei Conti – Sez. Giurisdizionale per la Regione Sicilia.

In merito alla problematica de qua la Corte di Appello di Firenze perviene ad una soluzione diametralmente opposta rispetto alla soluzione adottata dal giudice di prime cure pur condividendo il “… principio di diritto secondo cui non appartiene all’ordinamento lavoristico (privato o pubblico che sia il rapporto ) un criterio di omnicomprensività della retribuzione, bensì dovendosi, di volta in volta, accertare quale sia la sorte delle singole voci retributive (che compongono il trattamento complessivo dell’impiegato) ai fini del calcolo dei vari istituti contrattuali.”

Le modalità erogative della tredicesima mensilità si rinvengono nell’ art. 33 CCNL 1998-2001, modificato dall’ art. 17, comma 11, CCNL 16.05.01, ove è previsto che l’ indennità di amministrazione “… è corrisposta per dodici mensilità, ha carattere di generalità ed ha natura fissa e ricorrente.” Pertanto, il giudice ad quem perviene ad una diversa interpretazione di questa norma ritenendo che la stessa non contenga un mero riferimento alle modalità temporali di erogazione dell’ indennità di amministrazione in base ad un criterio legale di omnicomprensività della retribuzione come sostenuto, invece, dal Tribunale di Pisa. Infatti per il Collegio di appello il criterio della omnicomprensività della retribuzione si esplica solo nel caso in cui vi sia a suo fondamento una norma legale, poiché nel nostro ordinamento opera il criterio opposto[7] per cui “…occorrerà verificare se nel caso di specie esista una fonte primaria che lo imponga e se, in tal caso, la fonte primaria sia di contenuto tale da dettare la regola applicata dal primo giudice anche avuto riguardo alla attuale composizione della retribuzione.”

In base alla decisione in esame l’istituto della tredicesima mensilità non rappresenta una deroga al principio della non omnicomprensività della retribuzione poiché la norma di riferimento, ovvero l’art. 33 CCNL 1998 –2001, è di natura contrattuale e nella stessa vi è solo un richiamo a quella di natura normativa cioè l’art. 7, comma 1, D.Lgs c.p.s. n. 263/46 secondo una tecnica contrattuale, cd. di rinvio materiale, in base alla quale la contrattazione opera un rinvio alle norme contenute in disposizioni normative di carattere primario.

In definitiva sul piano delle fonti la disciplina della tredicesima mensilità è pur sempre contenuta in una norma a carattere negoziale per cui non si applica il principio della cd. omnicomprensività all’istituto della tredicesima mensilità introdotto dal citato D.Lgs. c.p.s. per cui il contenuto della stessa è limitato alle voci retributive in esso contenute con esclusione quindi dell’ indennità di amministrazione.

In sintesi si può ritenere che per la Corte l’art. 33 CCNL 1998-2001 contiene un riferimento temporale (cadenza mensile della corresponsione dell’ indennità di amministrazione) e quantitativo, quest’ ultimo rappresentato dal limite di corresponsione dell’ indennità di amministrazione, rappresentato dall’ importo mensile corrisposto moltiplicato per 12 mesi.

Una ulteriore argomentazione del Collegio volta ad escludere il carattere inderogabile della corresponsione dell’ indennità di amministrazione, che pertanto non può ritenersi inclusa nella base di calcolo della tredicesima mensilità, è rappresentata dalla mancata corresponsione dell’ indennità in parola nel caso di assenze per malattie inferiori a giorni 15 mensili. Ciò costituirebbe un’ altra conferma del carattere accessorio dell’ indennità di amministrazione per cui la stessa è “…incompatibili con l’erogazione fissa e mensile della voce retributiva principale.”

In definitiva tra le voci retributive che compongono la cd. tredicesima mensilità non rientrerebbe l’indennità di amministrazione.Questa conclusione, secondo la sentenza in esame, è confermata anche dall’ interpretazione letterale di alcune disposizioni di carattere contrattuale che disciplinano l’indennità di amministrazione, tra cui l’art. 33, co. 3° del CCNL 1998-01, così come modificato dall’art. 17, comma 11, del CCNLI 1998-01 in base al quale “L’indennità di cui al presente articolo è corrisposta per dodici mensilità, ha carattere di generalità ed ha natura fissa e ricorrente”. Ebbene secondo il Collegio il “carattere di generalità” della stessa si riferisce alla necessità di corrisponderla a tutti i dipendenti mentre la “natura fissa” sarebbe funzionale alla determinazione con criteri oggettivi ed infine la “natura ricorrente”indicherebbe le modalità temporali di erogazione della stessa ovvero la corresponsione per dodici mensilità.

Per completezza di esposizione si segnala che una recente sentenza emessa dalla Corte dei Conti[8] ha riconosciuto alla ricorrente il diritto alla inclusione dell’ indennità di amministrazione “… nella base pensionabile per il calcolo della quota A) di cui all’art. 13 D.Lgs. n. 503/1992.” in base alla considerazione che l’indennità di cui sopra abbia un “… carattere di generalità e continuità…” lasciando, pertanto, ben sperare anche per quanto concerne il riconoscimento del diritto alla inclusione dell’ indennità di amministrazione nella tredicesima mensilità.

3.OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

La problematica della inclusione dell’ indennità di amministrazione nella base di calcolo della cd. tredicesima mensilità si è posta alla ribalta e all’attenzione dei pubblici dipendenti in seguito alla nota sentenza del Tribunale di Pisa, sopra citata, che attraverso un’ interpretazione sistematica di norme, di fonte legale e contrattuale, è giunta alla decisione in base alla quale l’indennità in parola debba rientrare tra le voci retributive che compongono la cd. tredicesima.

Ai fini economici il suindicato riconoscimento non è di poco conto atteso l’importo mensile dell’ indennità di amministrazione e la possibilità di chiedere il ricalcalo della tredicesima mensilità anche per gli anni precedenti, nei limiti ovviamente della prescrizione quinquennale, oltre agli interessi al tasso legale. Di conseguenza sono stati intrapresi in tutta Italia una moltitudine di ricorsi ai Collegi di conciliazione territorialmente competenti al fine di giungere ad una soluzione conciliativa delle vertenza attraverso il riconoscimento delle legittime aspettative dei ricorrenti, salva la possibilità di ricorso all’ autorità giurisdizionale competente (Giudice del lavoro) nel caso in cui il tentativo obbligatorio di conciliazione non andasse a buon fine.

Tuttavia, a modesto giudizio dello scrivente, la problematica de qua è tutt’ altro che risolta attesa la decisione emessa dalla Corte di Appello di Firenze[9] (cfr. sopra) che ha affermato che l’indennità di amministrazione “…deve essere corrisposta tutti i mesi, a tutti i dipendenti che si trovino nelle condizioni per averne diritto e secondo una quantificazione che obbedisca a parametri predeterminati. Essa, però, deve essere corrisposta per dodici mensilità.”

Pertanto, occorrerà esaminare l’orientamento della giurisprudenza di merito che si formerà nei prossimi mesi, salvo decisioni della Suprema Corte, anche se sarebbe auspicabile de iure condendo, attesa l’estrema importanza della problematica in esame, una chiarificazione in sede legislativa o di contrattazione collettiva che detti regole precise in ordine alla problematica de qua, evitando in tal modo un inutile contenzioso e giungendo, come è auspicabile, ad un riconoscimento delle aspettative legittime in merito da parte dei pubblici dipendenti.

Dr. Umberto Valboa

Note:
[1] La predetta sentenza, depositata in data 09.01.2004, è contrassegnata con il numero cronologico 103.

[2] Tra queste vi è si segnala “l’ aspettativa per motivi di salute” ex art. 7 DLCPS 25/10/1946 n.263.

[3] Cons. Stato, Sez. VI, 02.09.1987 n.658 “La tredicesima mensilità, istituita originariamente come gratifica a favore del personale più meritevole (Ddlcps. 25 ottobre 1946 n. 263), costituisce oggi un emolumento corrente fisso di natura non diversa dallo stipendio e viene corrisposta, a fine d’anno, a tutti gli impiegati indipendentemente dal merito;”

[4] C.d.S Sez.VI , sent. del 05/11/2002 n.6032

[5] Tribunale di Pisa – Sez. Lavoro, sent. del 10.12.03 n.726, dep. in data 09.01.04.

[6] La giurisprudenza di legittimità (ex multis Cass. Civ. I Sez., 03.03.2004 n.4341) ritiene che “… non esiste un principio generale ed inderogabile di omnicomprensività ”.

[7] Ovvero occorrerà procedere ad una verifica concreta al fine di rilevare l’esistenza di una eventuale deroga al criterio della omnicomprensività della retribuzione, sempre che la stessa abbia fondamento legale.

[8] Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana – sentenza n. 1620/2004.

[9] La Corte di Appello di Firenze – Sezione lavoro – con la decisione del 29 giugno 2004 è giunta a conclusioni opposte rispetto a quelle contenute nella sentenza emessa dal Tribunale di Pisa.

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