Linee guida sull’affettività in carcere: risposta del D.A.P. alla Consulta

Il D.A.P. vara le linee guida in relazione alla sentenza n. 10 del 2024 della Consulta e dell’affettività in carcere: vediamo in cosa consistono.

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Il D.A.P. vara le linee guida in relazione alla sentenza n. 10 del 2024 della Consulta e dell’affettività in carcere: vediamo in cosa consistono. Per restare sempre aggiornato sulle evoluzioni della giustizia penale: Come cambia il processo penale – Dall’abrograzione dell’abuso d’ufficio al decreto giustizia

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Indice

1. Le linee guida sull’affettività in carcere


Il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, nella persona del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Dott.ssa Lina Di Domenico, ha emanato l’11 aprile del 2025 le linee guida afferenti aventi ad oggetto la Sentenza n. 1012024 della Corte costituzionale e l’affettività in carcere.
Come è noto, difatti, il Giudice delle leggi, con la succitata sentenza, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354[1] (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa, nei termini di cui in motivazione, a svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia, quando, tenuto conto del comportamento della persona detenuta in carcere, non ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina, né, riguardo all’imputato, ragioni giudiziarie.
Del resto, anche successivamente, la Cassazione, proprio alla luce di quanto sancito in siffatta pronuncia, ebbe modo di confermare la posizione assunta dai giudici di legittimità costituzionale, affermando che la richiesta di poter svolgere colloqui con la propria moglie in condizioni di intimità costituisce un aspetto relativo all’esercizio di un diritto del detenuto illegittimamente pregiudicato dal comportamento dell’istituto penitenziario di appartenenza che, nel caso di specie, aveva reputato una richiesta di questo genere una mera «aspettativa» e non un diritto[2].
Del resto, anche in sede di lavori parlamentari, durante l’esame del disegno di legge inerente il c.d. pacchetto sicurezza (il contenuto, seppur con modifiche, come è risaputo, è stato trasfuso del decreto legge, 11 aprile 2024, n. 48), venne approvato un ordine del giorno, cioè l’ordine del giorno n. G/1236/13/1 e 2 (testo 2), con cui si impegnava “il Governo: (…) a valutare l’opportunità di garantire ai detenuti e agli internati il diritto ad una vita affettiva nei termini ed alle condizioni indicate, da ultimo, dalla Corte Costituzionale con sentenza  n.10 del 2024”.
Orbene, con le linee guida qui in esame, il D.A.P. è intervenuto, garantendo siffatto diritto ai detenuti (nei termini che vedremo da qui a breve). Per restare sempre aggiornato sulle evoluzioni della giustizia penale: Come cambia il processo penale – Dall’abrograzione dell’abuso d’ufficio al decreto giustizia

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2. Natura giuridica dei colloqui intimi


Il succitato Dipartimento, in codeste linee guida, evidenzia innanzitutto come “sia senza dubbio quello dei colloqui intramurari l’alveo nel quale va ricondotta giuridicamente la fattispecie dei colloqui intimi”, potendo trovare in questo senso “applicazione le disposizioni operative contenute nell’articolo 37 del Regolamento di esecuzione di cui al D.P.R. 230/2000, con ovvia esclusione di quelle incompatibili con l’assenza di controllo visivo sul colloquio” [3].
In particolare, per il D.A.P., “sono applicabili il comma 8[4], concernente il numero di colloqui dei quali i detenuti ed internati fruiscono mensilmente (nei quali dovranno essere normalmente computati i colloqui in argomento), ed il comma 10[5] relativo alla durata del colloquio che è quantificato nella misura massima consentita di due ore”[6] dato che “la vigente normativa in materia di colloqui, desumibile dal combinato disposto degli articoli 18 O.P. e 37 R.E., fornisce anche alcune coordinate per le particolari modalità di svolgimento dei colloqui che rendono possibile l’affettività intramuraria, e che d’altro canto possono indirizzare l’amministrazione nell’individuazione degli ambienti nei quali far svolgere i suddetti colloqui senza controllo visivo”[7], facendosi a tal riguardo “riferimento alla previsione di cui all’art. 18, comma 3, secondo periodo, O.P.: “I locali destinati ai colloqui con i familiari favoriscono, ave possibile, una dimensione riservata del colloquio e sono collocati preferibilmente in prossimità dell’ingresso dell’istituto” nonché all’art. 37, comma 5, terzo periodo, del D.P.R. 230/2000: “La direzione può consentire, che, per speciali motivi, il colloquio si svolga in locale distinto””[8].

3. I numeri dei potenziali fruitori dei colloqui intimi e l’individuazione delle persone ammesse ai colloqui riservati


Tenuto conto che la Consulta, nel dispositivo inerente la sentenza summenzionata, “individua i soggetti potenzialmente fruitori dei colloqui intimi con le persone detenute, ossia “il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona stabilmente convivente””[9], da ciò se ne fa conseguire che “a fine dicembre 2024, fossero almeno 16.912 i potenziali beneficiari del diritto ai colloqui riservati”[10].

4. I criteri di priorità


Sempre secondo quanto trapela nelle linee guida qui in commento, la “mancanza di spazi sufficienti a soddisfare tutte le domande non può costituire ragione di rigetto della richiesta; è del tutto presumibile, tuttavia, che le richieste siano in numero superiore alla disponibilità dei locali dove poter effettuare i colloqui intimi”[11] e, per “tale ragione, si ritiene opportuno individuare dei criteri di priorità, laddove si renda necessario operare una scelta”[12], fermo restando che in “tal caso la precedenza verrà accordata: – ai detenuti che non beneficiano di permessi premio, né di altri benefici penitenziari che consentano di coltivare i rapporti affettivi all’esterno; – ai detenuti, compresi gli imputati, che a parità di condizioni con altri devono espiare pene più lunghe e che sono in stato di privazione della libertà da più tempo”[13].
Orbene, alla luce di quanto appena esposto, se ne fa discendere che i “sigg. Provveditori avranno cura di individuare le strutture penitenziarie dotate dei locali idonei all’esercizio del diritto, comunicandole alle Direzioni del Distretto di rispettiva competenza nonché adotteranno le necessarie misure organizzative finalizzate a garantire l’esercizio del diritto anche in istituti penitenziari diversi da quelli di assegnazione del ristretto, secondo i succitati criteri di priorità”[14].

5. Le persone ammissibili ai colloqui intimi; verifica dell’effettività della pregressa convivenza, che deve essere compiuta dal Direttore (o dall’Autorità giudiziaria nei casi di competenza) e la sottoscrizione di un consenso informato


Per quanto invece afferisce chi sono soggetti deputati ad esercitare il diritto qui in esame assieme al detenuto, tale circolare dispone quanto segue: l’“accertamento potrà essere semplificato per il coniuge o la parte dell’unione civile o ve risulti dai registri anagrafici (ovvero documentata anche tramite autocertificazione come previsto dalla legislazione vigente, soggetta a controllo di veridicità). Tale accertamento potrà dirsi esaurito nell’ipotesi in cui l’interessato sia stato già ammesso a colloqui visivi o telefonici o comunque già emerga da documentazione in atti” [15].
Oltre a ciò, è altresì considerato che, per “le persone stabilmente conviventi con il detenuto, che abbiano con lo stesso un rapporto affettivo, se la circostanza non risulti altrimenti nota, la Direzione chiederà all’interessato di integrare opportunamente la documentazione” [16] mentre, nel “caso di detenuti in misura cautelare o con posizione giuridica mista, la Direzione dell’Istituto provvederà a chiedere il nullaosta all’Autorità giudiziaria che procede” [17].
Ad ogni modo, la “persona ammessa al colloquio intimo con il detenuto, prima dello svolgimento dello stesso, sottoscriverà un consenso informato inerente alla tipologia dell’incontro da cui risulti in specie che lo stesso avverrà in assenza di controlli diretti da parte della Polizia penitenziaria” [18].

6. Le cause di esclusione soggettive dai colloqui senza controllo visivo


Visto che la “sentenza della Corte costituzionale esclude dalla sua applicabilità i detenuti sottoposti a regimi detentivi speciali di cui agli artt. 41-bis O.P. e 14-bis O.P., chiarendo che “la rimozione del controllo a vista del personale, funzionale a consentire lo svolgimento del colloquio nell’intimità necessaria all’espressione dell’affettività, può essere negata quando, tenuto conto del comportamento del detenuto in carcere, ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina, ovvero anche, riguardo all’imputato, motivi di carattere giudiziario””[19], va da sé che l’“indicazione della Corte impone, all’evidenza, un accertamento da parte della Direzione di eventuali motivi ostativi per “ragioni di sicurezza” e/o di “mantenimento dell’ordine e della disciplina””[20] e siffatte “circostanze devono essere desunte in primo luogo dalla condotta intramuraria del detenuto che presuppone un congruo periodo di osservazione funzionale al previo parere del G.O.T. o del G.O.T.A. (gruppo di osservazione e trattamento allargato che può prevedere anche la partecipazione di enti del terzo settore o comunque. di soggetti terzi rispetto l’amministrazione che partecipano al trattamento del detenuto) o tramite lo staff multidisciplinare, riservando la consultazione dell’équipe solo nei casi in cui verrà ritenuta necessaria (ad esempio nei casi di condannati per reati di cui alla Legge 69/19 (cioè: i reati riguardanti la violenza domestica e quella di genere ndr.) o in quelli per reati di cui all’articolo 4-bis O.P. o nei casi di condannati con problematiche personologiche o disciplinari rilevanti)”[21].
Pur tuttavia, per il DAP, appare “auspicabile che l’autorizzazione che adotterà il Direttore sia preceduta da un parere di uno dei precitati organi collegiali di agevole convocazione, con l’obiettivo di arricchire gli elementi di valutazione” [22].
Ad ogni modo, nel “caso di redazione di un documento di sintesi dell’osservazione redatto nel termine di sei mesi dalla richiesta del colloquio intimo o all’esito dell’osservazione compiuta in altro istituto o dell’eventuale trasferimento per motivi di sicurezza, la Direzione, a titolo di aggiornamento delle informazioni, potrà altresì acquisire ulteriori notizie anche tramite consultazione di personale dell’amministrazione penitenziaria” [23].
Inoltre, per i “condannati per i reati di cui all’art. 4-bis, comma l, O.P. [24] è assolutamente necessario che l’istruttoria riguardi altresì le opportune informazioni sulle persone con le quali il detenuto chieda di svolgere il colloquio intimo” [25], ferma “restando la possibilità di acquisire informazioni socio-familiari tramite il competente U.E.P.E., la Direzione potrà richiedere informazioni anche alle Forze
di Polizia. In ogni caso, per i detenuti ascritti al circuito Alta sicurezza, collaboratori di giustizia e congiunti collaboratori di giustizia appare necessario che la Direzione richieda apposito parere alla competente DDA e alla DNA” [26].
L’istruttoria potrà comunque “essere omessa se risultino indicazioni negative da parte del GOT/GOTA/équipe/staff multidisciplinare e nel caso di significativi rapporti disciplinari recenti” [27].
Infine, rammentato “che il titolo di reato, per ciò solo, non preclude l’accesso all’esercizio del diritto, ciò nondimeno per il novero dei reati di cui all’articolo 362, comma 1-ter, c.p.p. [28], nonché in tutte le ipotesi in cui la persona da ammettere al colloquio intimo sia anche la persona offesa dal reato, e fermi i dovuti obblighi di informazione ex lege all’A. G., particolare attenzione dovrà essere riservata
all’istruttoria preliminare e all’acquisizione del consenso informato da parte della persona offesa” [29].

7. Le valutazioni dell’irregolarità della condotta indicative di pericolosità penitenziaria


Nella circolare qui in commento, è oltre tutto sancito che, nel “caso di condotta irregolare oggetto di pregressi rilievi disciplinari, la Direzione dovrà valutare se la stessa sia indicativa di un pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico”[30] mentre, “nel caso di detenuti nei cui confronti siano stati redatti rapporti disciplinari indicativi di rischi per lo svolgimento dei colloqui riservati elevati negli ultimi sei mesi o nel caso di detenuti trasferiti per motivi di sicurezza, l’autorizzazione al colloquio potrà avvenire decorso un periodo di osservazione non inferiore a sei mesi, in ragione della gravità della condotta”[31].
“In ogni caso, l’autorizzazione al colloquio intimo potrà essere negata nell’ipotesi di detenzione di sostanze stupefacenti e/o rinvenimento, ascritto al detenuto richiedente, di cellulari, di oggetti atti ad offendere o il cui possesso non è consentito, ovvero nell’ipotesi di partecipazione a disordini o condotte connotate da atti di violenza fisica nonché di condotte in grado di incidere potenzialmente sui rischi connessi ad un colloquio privo di controllo visivo”[32] fermo restando che nel “caso di autorizzazioni di competenza dell’Autorità giudiziaria dovranno essere rappresentati alla stessa tutti gli elementi in possesso dell’amministrazione funzionali alla valutazione della condotta intramuraria”[33].
Da ultimo, è raccomandata “la particolare cura nella parte motivazionale dell’eventuale provvedimento di diniego dell’istanza” [34].

8. Evidenze sanitarie del soggetto ammesso alla fruizione dei colloqui intimi


“È in ogni caso esclusa la possibilità di effettuare colloqui intimi nelle ipotesi in cui sia stato disposto l’isolamento sanitario ex articolo 11 O.P. [35], limitatamente alla durata dello stesso” [36].

9. Tipologia di locali da destinare ai colloqui


Per “garantire un corretto svolgimento dei colloqui intimi, i locali individuati dai Sigg. Provveditori, (…) dovranno essere dotati di una camera arredata con un letto e con annessi servizi igienici” [37].

10. Misure organizzative e gestione della sicurezza


Posto “che i colloqui intimi rientrano nell’alveo giuridico dei colloqui ordinari ex artt. 18 O.P. e 37 R. E., e che pertanto essi dovranno avere la durata massima di due ore, per la loro concreta attuazione si confermano le consuete disposizioni, evidenziando, tuttavia, l’esigenza di video sorvegliare le zone antistanti i locali destinati ai colloqui intimi ed i percorsi per raggiungere i predetti locali” [38].
“Di regola, si renderà necessario l’accompagnamento sia dei familiari che dei detenuti” [39] mentre non “potrà mai essere consentita la chiusura dall’interno della porta di accesso, di guisa che i locali dovranno sempre ed inderogabilmente risultare accessibili al personale di Polizia penitenziaria” [40].
Il personale dovrà inoltre “essere dotato di equipaggiamento tecnico per il controllo dei detenuti e delle persone ammesse ai colloqui riservati, in modo da scongiurare pericoli per l’incolumità dei detenuti e dei familiari, oltre che dell’ordine e della sicurezza interni”[41], fermo restando che ove “possibile si raccomanda di installare in ogni locale destinato alla fruizione di colloqui un sistema di allarme sonoro che possa essere azionato dagli occupanti, in caso di pericolo e consentire l’immediato intervento della Polizia penitenziaria”[42].
Ad ogni modo, salvo “quanto previsto in tema di perquisizioni personali secondo il combinato disposto di cui agli artt. 34 della legge 354/75[43] e 74 d.P.R. 230/00[44], qualora vi sia il fondato motivo di ritenere che taluno occulti sulla persona oggetti non consentiti e potenzialmente lesivi per l’ordine e la sicurezza interni e per l’incolumità del soggetto, si procederà a perquisizione personale”[45] mentre si “procederà in ogni caso all’ispezione degli ambienti prima e dopo l’incontro intimo”[46].

11. Ulteriori modalità organizzative


È infine disposto che la “biancheria necessaria (asciugamani, lenzuola o altro) sarà portata al colloquio direttamente dalle persone autorizzate al colloquio intimo e sottoposta a controllo” [47] fermo restando che le “pulizie, da effettuarsi al termine di ogni colloquio, e la sanificazione ove necessaria, saranno svolte da un detenuto lavorante ammesso al regime ex art. 21 O.P. [48] interno, che non abbia quindi contatti con la restante popolazione detenuta” [49].

Note


[1] Ai sensi del quale: “I detenuti e gli internati sono ammessi ad avere colloqui e corrispondenza con i congiunti e con altre persone, anche al fine di compiere atti giuridici. I detenuti e gli internati hanno diritto di conferire con il difensore, fermo quanto previsto dall’articolo 104 del codice di procedura penale, sin dall’inizio dell’esecuzione della misura o della pena. Hanno altresì diritto di avere colloqui e corrispondenza con i garanti dei diritti dei detenuti. I colloqui si svolgono in appositi locali sotto il controllo a vista e non auditivo del personale di custodia. I locali destinati ai colloqui con i familiari favoriscono, ove possibile, una dimensione riservata del colloquio e sono collocati preferibilmente in prossimità dell’ingresso dell’istituto. Particolare cura è dedicata ai colloqui con i minori di anni quattordici. Particolare favore viene accordato ai colloqui con i familiari. L’amministrazione penitenziaria pone a disposizione dei detenuti e degli internati, che ne sono sprovvisti, gli oggetti di cancelleria necessari per la corrispondenza. Può essere autorizzata nei rapporti con i familiari e, in casi particolari, con terzi, corrispondenza telefonica con le modalità e le cautele previste dal regolamento. I detenuti e gli internati sono autorizzati a tenere presso di sé i quotidiani, i periodici e i libri in libera vendita all’esterno e ad avvalersi di altri mezzi di informazione. Ogni detenuto ha diritto a una libera informazione e di esprimere le proprie opinioni, anche usando gli strumenti di comunicazione disponibili e previsti dal regolamento. L’informazione è garantita per mezzo dell’accesso a quotidiani e siti informativi con le cautele previste dal regolamento. Salvo quanto disposto dall’articolo 18-bis, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, i permessi di colloquio, le autorizzazioni alla corrispondenza telefonica e agli altri tipi di comunicazione sono di competenza dell’autorità giudiziaria che procede individuata ai sensi dell’articolo 11, comma 4. Dopo la pronuncia della sentenza di primo grado provvede il direttore dell’istituto”.
[2] Cass. pen., sez. I, 11/12/2024, n. 8. Per un commento di questa pronuncia, vedasi: A. DI TULLIO D’ELISIIS, Richiesta del detenuto a colloqui intimi: diritto o aspettativa?, 21/01/2025, in diritto.it.
[3]D.A.P. Prime linee guida riguardanti la sentenza n. 10/2024 della Corte costituzionale e l’affettività in carcere, 11 aprile 2024, in giurisprudenzapenale.com, p. 4.
[4]Secondo cui: “I detenuti e gli internati usufruiscono di sei colloqui al mese. Quando si tratta di detenuti o internati per uno dei delitti previsti dal primo periodo del primo comma dell’art. 4- bis della legge e per i quali si applichi il divieto di benefici ivi previsto, il numero di colloqui non può essere superiore a quattro al mese”.
[5]Per il quale: “Il colloquio ha la durata massima di un’ora. In considerazione di eccezionali circostanze, è consentito di prolungare la durata del colloquio con i congiunti o i conviventi. Il colloquio con i congiunti o conviventi è comunque prolungato sino a due ore quando i medesimi risiedono in un comune diverso da quello in cui ha sede l’istituto, se nella settimana precedente il detenuto o l’internato non ha fruito di alcun colloquio e se le esigenze e l’organizzazione dell’istituto lo consentono. A ciascun colloquio con il detenuto o con l’internato possono partecipare non più di tre persone. é o con consentito di derogare a tale norma quando si tratti di congiunti o conviventi”.
[6]D.A.P. Prime linee guida riguardanti la sentenza n. 10/2024 della Corte costituzionale e l’affettività in carcere, 11 aprile 2024, in giurisprudenzapenale.com, p. 4.
[7]Ibidem, p. 4.
[8]Ibidem, p. 4.
[9]Ibidem, p. 4.
[10]Ibidem, p. 5.
[11]Ibidem, p. 5.
[12]Ibidem, p. 5.
[13]Ibidem, p. 5.
[14]Ibidem, p. 5.
[15]Ibidem, p. 5 e p. 6.
[16]Ibidem, p. 6.
[17]Ibidem, p. 6.
[18]Ibidem, p. 6.
[19]Ibidem, p. 6.
[20]Ibidem, p. 6.
[21]Ibidem, p. 6 e p. 7.
[22]Ibidem, p. 7.
[23]Ibidem, p. 7.
[24]Per cui: “L’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell’articolo 58-ter della presente legge: delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, delitti di cui agli articoli 416-bis e 416-ter del codice penale, delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, delitti di cui agli articoli 600, 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 601, 602, 609-octies e 630 del codice penale, agli articoli 12, commi 1 e 3, e 12-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, all’articolo 291-quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e all’articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Sono fatte salve le disposizioni degli articoli 16-nonies e 17-bis del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni. La disposizione del primo periodo si applica altresì in caso di esecuzione di pene inflitte anche per delitti diversi da quelli ivi indicati, in relazione ai quali il giudice della cognizione o dell’esecuzione ha accertato che sono stati commessi per eseguire od occultare uno dei reati di cui al medesimo primo periodo ovvero per conseguire o assicurare al condannato o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero l’impunità di detti reati”.
[25]D.A.P. Prime linee guida riguardanti la sentenza n. 10/2024 della Corte costituzionale e l’affettività in carcere, 11 aprile 2024, in giurisprudenzapenale.com, p. 7.
[26]Ibidem, p. 7.
[27]Ibidem, p. 7.
[28]Alla stregua del quale: “Quando si procede per il delitto previsto dall’articolo 575 del codice penale, nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies,609-octiese 612-bis del codice penale, ovvero dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del medesimo codice, il pubblico ministero assume informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa”.
[29]D.A.P. Prime linee guida riguardanti la sentenza n. 10/2024 della Corte costituzionale e l’affettività in carcere, 11 aprile 2024, in giurisprudenzapenale.com, p. 7 e p. 8.
[30]Ibidem, p. 8.
[31]Ibidem, p. 8.
[32]Ibidem, p. 8.
[33]Ibidem, p. 8.
[34]Ibidem, p. 8.
[35]Per cui: “1. Il servizio sanitario nazionale opera negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni nel rispetto della disciplina sul riordino della medicina penitenziaria. 2. Garantisce a ogni istituto un servizio sanitario rispondente alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e degli internati. 3. La carta dei servizi sanitari di cui al decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, per i detenuti e gli internati, adottata da ogni azienda sanitaria locale nel cui ambito è ubicato un istituto penitenziario, è messa a disposizione dei detenuti e degli internati con idonei mezzi di pubblicità. 4. Ove siano necessarie cure o accertamenti sanitari che non possono essere apprestati dai servizi sanitari presso gli istituti, gli imputati sono trasferiti in strutture sanitarie esterne di diagnosi o di cura, con provvedimento del giudice che procede. Se il giudice è in composizione collegiale, il provvedimento è adottato dal presidente. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari; provvede il pubblico ministero in caso di giudizio direttissimo e fino alla presentazione dell’imputato in udienza per la contestuale convalida dell’arresto in flagranza. Se è proposto ricorso per cassazione, provvede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Per i condannati e gli internati provvede il magistrato di sorveglianza. Il provvedimento può essere modificato per sopravvenute ragioni di sicurezza ed è revocato appena vengono meno le ragioni che lo hanno determinato. 5. Quando non vi sia pericolo di fuga, i detenuti e gli internati trasferiti in strutture sanitarie esterne di diagnosi e di cura possono non essere sottoposti a piantonamento durante la degenza, salvo che sia necessario per la tutela della incolumità personale loro o altrui. 6. Il detenuto o l’internato che si allontana dal luogo di diagnosi o di cura senza giustificato motivo è punibile a norma del primo comma dell’articolo 385 del codice penale. 7. All’atto dell’ingresso nell’istituto il detenuto e l’internato sono sottoposti a visita medica generale e ricevono dal medico informazioni complete sul proprio stato di salute. Nella cartella clinica il medico annota immediatamente ogni informazione relativa a segni o indici che facciano apparire che la persona possa aver subìto violenze o maltrattamenti e, fermo l’obbligo di referto, ne dà comunicazione al direttore dell’istituto e al magistrato di sorveglianza. I detenuti e gli internati hanno diritto altresì di ricevere informazioni complete sul proprio stato di salute durante il periodo di detenzione e all’atto della rimessione in libertà. Durante la permanenza nell’istituto, l’assistenza sanitaria è prestata con periodici riscontri, effettuati con cadenza allineata ai bisogni di salute del detenuto, e si uniforma ai princìpi di metodo proattivo, di globalità dell’intervento sulle cause di pregiudizio della salute, di unitarietà dei servizi e delle prestazioni, d’integrazione dell’assistenza sociale e sanitaria e di garanzia della continuità terapeutica. 8. Il medico del servizio sanitario garantisce quotidianamente la visita dei detenuti ammalati e di quelli che ne fanno richiesta quando risulta necessaria in base a criteri di appropriatezza clinica. L’Amministrazione penitenziaria assicura il completo espletamento delle attività sanitarie senza limiti orari che ne impediscono l’effettuazione. Il medico competente che effettua la sorveglianza sanitaria della struttura penitenziaria, secondo le disposizioni attuative del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, controlla l’idoneità dei soggetti ai lavori cui sono addetti. In ogni istituto penitenziario per donne sono in funzione servizi speciali per l’assistenza sanitaria alle gestanti e alle puerpere. 9. Quando i detenuti e gli internati sono trasferiti è loro garantita la necessaria continuità con il piano terapeutico individuale in corso. 10. Ai detenuti e agli internati che, al momento della custodia cautelare in carcere o dell’esecuzione dell’ordine di carcerazione, abbiano in corso un programma terapeutico ai fini di cui alla legge 14 aprile 1982, n. 164, sono assicurati la prosecuzione del programma e il necessario supporto psicologico. 11. Nel caso di diagnosi anche sospetta di malattia contagiosa sono messi in atto tutti gli interventi di controllo per evitare insorgenza di casi secondari, compreso l’isolamento. Il direttore dell’istituto è immediatamente informato dell’isolamento e ne dà comunicazione al magistrato di sorveglianza. 12. I detenuti e gli internati, possono richiedere di essere visitati a proprie spese da un esercente di una professione sanitaria di loro fiducia. L’autorizzazione per gli imputati è data dal giudice che procede, e per gli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, per i condannati e gli internati è data dal direttore dell’istituto. Con le medesime forme possono essere autorizzati trattamenti medici, chirurgici e terapeutici da effettuarsi a spese degli interessati da parte di sanitari e tecnici di fiducia nelle infermerie o nei reparti clinici e chirurgici all’interno degli istituti, previ accordi con l’azienda sanitaria competente e nel rispetto delle indicazioni organizzative fornite dalla stessa. 13. Il direttore generale dell’azienda unità sanitaria dispone la visita almeno due volte l’anno degli istituti di prevenzione e di pena, allo scopo di accertare, anche in base alle segnalazioni ricevute, l’adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive e le condizioni igieniche e sanitarie degli istituti. 14. Il direttore generale dell’azienda unità sanitaria riferisce al Ministero della salute e al Ministero della giustizia sulle visite compiute e sui provvedimenti da adottare, informando altresì i competenti uffici regionali, comunali e il magistrato di sorveglianza”.
[36]D.A.P. Prime linee guida riguardanti la sentenza n. 10/2024 della Corte costituzionale e l’affettività in carcere, 11 aprile 2024, in giurisprudenzapenale.com, p. 8.
[37]Ibidem, p. 9.
[38]Ibidem, p. 9.
[39]Ibidem, p. 9.
[40]Ibidem, p. 9.
[41]Ibidem, p. 9.
[42]Ibidem, p. 9.
[43] Alla stregua del quale: “I detenuti e gli internati possono essere sottoposti a perquisizione personale per motivi di sicurezza. La perquisizione personale deve essere effettuata nel pieno rispetto della personalità”.
[44] Secondo cui: “1. Le operazioni di perquisizione previste dall’art. 34 della legge sono effettuate dal personale del Corpo di polizia penitenziaria alla presenza di un appartenente a tale Corpo, di qualifica non inferiore a quella di vice sovrintendente. Il personale che effettua la perquisizione e quello che vi presenzia deve essere dello stesso sesso del soggetto da perquisire. 2. La perquisizione può non essere eseguita quando è possibile compiere l’accertamento con strumenti di controllo. 3. Le perquisizioni nelle camere dei detenuti e degli internati devono essere effettuate con rispetto della dignità dei detenuti nonchè delle cose di appartenenza degli stessi. 4. Il regolamento interno stabilisce quali sono le situazioni, con quella prevista dall’art. 83, in cui si effettuano perquisizioni ordinarie. 5. Per procedere a perquisizione fuori dei casi ordinari è necessario l’ordine del direttore. 6. Per operazioni di perquisizione generale il direttore può avvalersi, in casi eccezionali, della collaborazione di personale appartenente alle Forze di polizia e alle altre Forze poste a disposizione del Prefetto, ai sensi del quinto comma dell’art. 13 della legge 1° aprile 1981, n. 121. 7. In casi di particolare urgenza, il personale procede di sua iniziativa alla perquisizione, informandone immediatamente il direttore, specificando i motivi che hanno determinato l’urgenza”.
[45]D.A.P. Prime linee guida riguardanti la sentenza n. 10/2024 della Corte costituzionale e l’affettività in carcere, 11 aprile 2024, in giurisprudenzapenale.com, p. 9 e p. 10.
[46]Ibidem, p. 10.
[47]Ibidem, p. 10.
[48]Per il quale: “1. I detenuti e gli internati possono essere assegnati al lavoro all’esterno in condizioni idonee a garantire l’attuazione positiva degli scopi previsti dall’art. 15. Tuttavia, se si tratta di persona condannata alla pena della reclusione per uno dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell’art. 4-bis, l’assegnazione al lavoro all’esterno può essere disposta dopo l’espiazione di almeno un terzo della pena e, comunque, di non oltre cinque anni. Nei confronti dei condannati all’ergastolo l’assegnazione può avvenire dopo l’espiazione di almeno dieci anni. 2. I detenuti e gli internati assegnati al lavoro all’esterno sono avviati a prestare la loro opera senza scorta, salvo che essa sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza. Gli imputati sono ammessi al lavoro all’esterno previa autorizzazione della competente autorità giudiziaria. 3. Quando si tratta di imprese private, il lavoro deve svolgersi sotto il diretto controllo della direzione dell’istituto a cui il detenuto o l’internato è assegnato, la quale può avvalersi a tal fine del personale dipendente e del servizio sociale. 4. Per ciascun condannato o internato il provvedimento di ammissione al lavoro all’esterno diviene esecutivo dopo l’approvazione del magistrato di sorveglianza. 4-bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti e la disposizione di cui al secondo periodo del comma 13 dell’articolo 20 si applicano anche ai detenuti ed agli internati ammessi a frequentare corsi di formazione professionale all’esterno degli istituti penitenziari. 4-ter. I detenuti e gli internati possono essere assegnati a prestare la propria attività a titolo volontario e gratuito a sostegno delle famiglie delle vittime dei reati da loro commessi. L’attività è in ogni caso svolta con modalità che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dei detenuti e degli internati. Sono esclusi dalle previsioni del presente comma i detenuti e gli internati per il delitto di cui all’articolo 416-bis del codice penale e per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste. Si applicano, in quanto compatibili, le modalità previste nell’articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274”.
[49]D.A.P. Prime linee guida riguardanti la sentenza n. 10/2024 della Corte costituzionale e l’affettività in carcere, 11 aprile 2024, in giurisprudenzapenale.com, p. 10.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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