Giustizia amministrativa – Ricorso giurisdizionale – Proposto avverso atto amministrativo discrezionale – Determinazione dei criteri generali di definizione della tariffa per il servizio idrico integrato – Giurisdizione del g.a. – Sussistenza
Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo nella controversia concernente l’atto generale con il quale l’amministrazione competente ha determinato i criteri in base ai quali viene stabilita la tariffa dovuta da ogni singolo utente facendo uso, a tale scopo, della propria potestà discrezionale.
Giustizia amministrativa – Istruzione e prove – Onere della prova – Lesività atto amministrativo discrezionale – Determinazione dei criteri generali di definizione della tariffa per il servizio idrico integrato – Sufficienza di elementi probatori di carattere presuntivo – Conformità a criteri di ragionevolezza ed attendibilità
Laddove la posizione di interesse del soggetto ricorrente fronteggi una potestà amministrativa connotata da profili di marcata discrezionalità, anche tecnica, la dimostrazione della lesione derivante dall’atto impugnato (ovvero, “a contrario”, dell’effetto migliorativo di cui si gioverebbe la parte ricorrente in conseguenza del rinnovato esercizio della medesima potestà, una volta accertato che l’atto espressivo della stessa sia affetto dai vizi di illegittimità denunciati in ricorso) non può che essere richiesta secondo criteri conformi alla natura del potere oggetto di sindacato: ne consegue che, sfuggendo alla parte ricorrente (ed alla stessa autorità giudiziaria) il controllo integrale delle modalità di esplicazione del potere, nei suoi più profondi contenuti discrezionali o tecnico-discrezionali, la suddetta dimostrazione ben può ancorarsi ad elementi di carattere presuntivo, purché connotati da sufficiente concretezza e conformi a criteri di ragionevolezza ed attendibilità.
Acque pubbliche e private – Servizio idrico integrato – Tariffa – Determinazione – Principio di corrispettività – Applicazione
La determinazione, ai sensi dell’articolo 154 del d.lgs n. 152/2006, della tariffa del servizio idrico integrato è ispirata alla rigorosa applicazione del principio di corrispettività, atteso che la tariffa «costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell’Autorità d’ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga”. Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo».
Acque pubbliche e private – Servizio idrico integrato – Gestioni frazionate attuate in economia dai singoli comuni dell’A.T.O. – Applicazione della tariffa media d’ambito – Illegittimità – Disciplina applicabile – Presupposti – Funzionamento a regime del servizio idrico integrato
La “ratio” della tariffa media d’ambito – e quindi il principio di connessione tra la tariffa e l’esigenza di garantire l’equilibrio economico-finanziario della gestione del servizio idrico integrato – è incrinata allorché quest’ultimo non sia operativo, per il sussistere di gestioni frazionate attuate in economia dai singoli Comuni dell’A.T.O.: in tal caso la pretesa di applicare ugualmente la tariffa media d’ambito si fonderebbe (non sull’esigenza di remunerare adeguatamente il servizio, così come concretamente erogato, ma) su parametri meramente ipotetici ed inattuali. A favore della tesi esposta militano le disposizioni di cui agli artt. 1, c. 5 e 4, c. 3 del D.M. 1 Agosto 1996, relative al calcolo della tariffa di riferimento del servizio. A ritenere diversamente, si finirebbe con l’imporre agli utenti residenti nei Comuni, che hanno superato la fase transitoria di tariffazione prevista dalla norma da ultimo citata, di sostenere i costi relativi alla integrazione nel servizio idrico unitario delle gestioni successivamente trasferite al gestore unico (presumibilmente più elevati in occasione della fase iniziale di integrazione delle gestioni frazionate nella gestione unitaria), laddove gli utenti di queste ultime ne sarebbero esenti (versando, essi, nella fase “iniziale” di applicazione della tariffa media d’ambito).
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1. Con la statuizione in commento, il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione di Salerno, ha affrontato il delicato tema della qualificazione giuridica da conferire alla tariffa corrisposta dagli utenti per la fruizione del «servizio idrico integrato».
Per la verità, la materia è, da tempo, assoggettata ad una disciplina di settore di cui è utile ricostruire succintamente i tratti salienti (sul punto, N. Lugaresi, **************** (a cura di), La disciplina giuridica delle risorse idriche, Rimini, 2003).
In via preliminare, appare opportuno precisare che per quanto il servizio idrico integrato sia oggetto, come detto, di una legislazione settoriale, tanto l’art. 9, comma 2, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (la cosiddetta “legge *****”) quanto l’art. 150 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (il supposto “Codice dell’ambiente”) hanno chiarito che gli aspetti organizzativi e gestionali ad esso relativi debbano trovare regolamentazione nella normativa di carattere generale contenuta nell’art. 113 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico Enti Locali), recentemente integrata nell’applicazione dall’art. 23-bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella Legge 6 agosto 2008, n. 133.
Occorre, in proposito, ricordare che la norma di cui all’art. 23-bis è riferibile al servizio idrico integrato in quanto pertinente a tutti i servizi pubblici locali (sulla qualificazione del servizio idrico quale servizio pubblico locale vedasi ***********, I servizi idrici a dieci anni dalla riforma, in Giorn. dir. amm., 2004, p. 686; A.D. *******, Il servizio idrico integrato, in A. Travi (a cura di), La riforma dei servizi pubblici locali, in Le nuove leggi civili commentate, 2003, p. 65 e ss.; ***********, Organizzazione e funzione amministrativa nel servizio idrico integrato, Rimini, 2001, p. 123), prevalendo sulle relative disposizioni di settore con essa incompatibili (comma 1 dell’art. 23-bis), con conseguente abrogazione, nelle parti contrastanti, dello stesso art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000 (in terminis, il comma 11 dell’art. 23-bis citato).
Ciò nondimeno, lo snodo fondamentale della disciplina, su cui focalizzare l’attenzione, è dato dall’introduzione della nozione di «servizio idrico integrato», inteso quale «insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue» (*************, Sulla nozione di “servizio integrato” con particolare riguardo alla disciplina del settore idrico, in Riv. giur. Quad. pubbl. serv., 2000, 3, p. 7).
Tale definizione, dapprima prevista dall’art. 4, comma 1, lett. f), della “legge *****” (*********, Prime note sull’organizzazione e sulla gestione del servizio idrico integrato, in Nuove autonomie, 2005, p. 349 e ss.; Id., The Water Service in Italy, in Journal for European Environmental & Planning Law, 2005, p. 409 e ss.), e, poi, ripresa dall’art. 141, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006 (*************, La gestione delle risorse idriche e il servizio idrico integrato nel decreto legislativo n. 152 del 2006, attuativo della legge di delega n. 308 del 15 dicembre 2004, in www.amministrazioneincammino.it), ha rappresentato il presupposto normativo su cui è stato imperniato il concetto di “unitarietà” tanto in relazione al modello organizzativo di gestione del servizio idrico quanto, conseguenzialmente, alla “essenza” della quota tariffaria ad esso afferente.
Ed infatti, sulla scorta delle disposizioni testé citate, il sistema gestionale delle risorse idriche è stato fondato sull’individuazione, a cura delle Regioni, degli Ambiti Territoriali Ottimali (A.T.O.), attraverso cui si è inteso superare la “parcellizzazione” operativa, generata dal precedente modulo amministrativo, mediante l’assegnazione delle funzioni di governance nel contesto territoriale di riferimento ad un’unica Autorità d’Ambito (costituita ai sensi dell’articolo 8 della “legge *****”, ora articolo 147 del d.lgs. n. 152 del 2006, e delle leggi regionali attuative) e, di qui, con l’affidamento del servizio ad un gestore unico, selezionato ai sensi e per gli effetti delle disposizioni già menzionate.
In ossequio a siffatta previsione, la Regione Campania ha provveduto, con la legge attuativa 21 maggio 1997, n. 14, a suddividere il territorio in quattro Ambiti Territoriali Ottimali, fra i quali l’A.T.O. n. 4, denominato “Sele”, gestito dall’omonimo Ente d’Ambito, costituito in forza del disposto di cui all’art. 4 della legge regionale innanzi citata, interessato dalla pronuncia in esame (sull’organizzazione del servizio idrico integrato nelle leggi regionali vedasi ***********, Il servizio idrico tra monopolio e concorrenza, in N. Lugaresi, **************** (a cura di), La disciplina giuridica delle risorse idriche, Rimini, 2003, p. 317 e ss.).
2. La sentenza ha tratto origine da un ricorso presentato da alcuni residenti del Comune di Giffoni Valle Piana avverso le deliberazioni adottate, rispettivamente, dal Consiglio di Amministrazione (la n. 28 del 2006) e dall’Assemblea (la n. 2 del 2007) dell’Ente d’Ambito “Sele” e riguardanti l’approvazione dell’articolazione tariffaria «per fasce di consumo e per uso» della «tariffa media d’ambito» per l’anno 2006.
Per mezzo dei provvedimenti impugnati, i competenti organi dell’Ente d’Ambito avevano stabilito che il soggetto gestore del servizio idrico integrato (S.I.I.S. s.c.a.r.l.) potesse applicare la tariffa media d’ambito «su tutto il territorio di competenza dell’A.T.O. “Sele”, senza alcuna modulazione territoriale e temporale».
Con l’impugnativa, i ricorrenti hanno così richiesto l’annullamento di tali deliberazioni, lamentando che le stesse avessero disposto un incremento eccessivo della tariffa del servizio idrico, ben superiore rispetto alla misura applicata durante l’ultimo periodo di gestione da parte del Comune.
Nella specie, essi hanno fatto risaltare nel ricorso che la tariffa stessa non potesse essere determinata in applicazione del cosiddetto «metodo normalizzato», di cui al D.M. 1 agosto 1996 (si sofferma sul metodo normalizzato **********, I servizi idrici. Acquedotti, fognature, depurazione, inquinamento. Gestioni, controlli, responsabilità, Milano, 2002, p. 215 e ss.), fino all’effettiva attivazione del servizio idrico integrato mediante l’accorpamento nella gestione unitaria di tutte le gestioni preesistenti e relative alla totalità dei centoquarantaquattro Comuni compresi nell’Ambito Territoriale Ottimale “Sele”, atteso che, alla data di adozione delle deliberazioni impugnate, solo tre dei Comuni inclusi nell’A.T.O. avevano rimesso la gestione del servizio idrico al gestore unitario.
3. Dedicandosi, in via preliminare, all’esame delle eccezioni processuali, i giudici amministrativi hanno respinto la questione pregiudiziale relativa al difetto di giurisdizione, sollevata dalle parti resistenti, ritenendo sussistente la giurisdizione amministrativa nel caso de quo, in cui il thema decidendum riguarda l’atto autoritativo generale mediante cui l’Ente d’Ambito ha definito i criteri di massima per la parametrazione della tariffa dovuta da ogni singolo utente del servizio idrico.
A tanto sono pervenuti i magistrati del T.A.R. salernitano condividendo una consolidata linea giurisprudenziale, secondo cui, nel contenzioso concernente l’atto generale mediante cui sono determinati i canoni di fissazione della tariffa, dovuta da ogni singolo utente, sussiste pienamente la giurisdizione del giudice amministrativo in ragione dell’esercizio di un potere discrezionale da parte dell’amministrazione competente (Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 maggio 2007, n. 2239, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Lazio, Latina, 24 giugno 2006, n. 406, in Foro amm. – T.A.R., 2006, 6, p. 2121).
Non può, infatti, che ribadirsi che, allorquando la questione involga la verifica della legittimità dell’azione autoritativa della pubblica amministrazione, esercitata attraverso lo svolgimento di un potere discrezionale, cui si contrappone una situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo, la controversia è inevitabilmente attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo.
Nel prosieguo della decisione, i giudici di piazza San Tommaso d’****** hanno respinto anche un’eccezione di irricevibilità del ricorso strutturata sulla tardività dell’impugnazione della deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Ente d’Ambito avente ad oggetto l’approvazione dell’articolazione della tariffa media d’ambito, ritenendola insussistente stante l’espressa attribuzione della valenza di elemento integrativo del procedimento di determinazione tariffaria, conferita ad una successiva deliberazione dell’Assemblea Generale, richiamata nello stesso provvedimento dell’organo esecutivo di gestione.
Invero, tra le deliberazioni del Consiglio di Amministrazione e dell’Assemblea Generale dell’Ente d’Ambito “Sele” è stata instaurata ex professo una connessione oggettiva e, per così dire, necessaria, tanto da poter considerare il procedimento di determinazione tariffaria come una fattispecie complessa a formazione progressiva, nell’ambito della quale gli effetti giuridici di entrambi gli atti deliberativi sono inscindibilmente collegati e proiettati alla concretizzazione dell’unico risultato finale. Ed infatti, la deliberazione successiva va configurata quale atto idoneo ad incidere, su un piano determinativo, nella fase di formazione e di perfezionamento della tariffa, con un collegamento “genetico” tra i due provvedimenti, di tipo logico-funzionale, vale a dire tale da delineare ab initio il secondo atto come quello che integra la produzione degli effetti di quello che lo precede (sul rapporto che lega differenti provvedimenti, vedasi ********, I provvedimenti amministrativi collegati, in www.lexitalia.it, n. 6/2005) .
Prima di passare all’esame di merito, il Tribunale Amministrativo ha scrutinato un ulteriore vizio di inammissibilità del ricorso contestato dai resistenti, i quali hanno eccepito che i provvedimenti impugnati fossero privi di lesività, atteso che gli interessi dei ricorrenti sarebbero stati suscettibili di potenziale lesione solo de facto, a seguito di un eccessivo consumo della risorsa idrica.
Il T.A.R., di opposto avviso, ha ritenuto ammissibile la domanda di annullamento sulla base della ritenuta adeguatezza della dimostrazione della lesione, derivante dall’atto impugnato, basata su elementi probatori presuntivi, riscontrabili nell’allegazione dell’aumento tariffario rispetto a quanto previsto nell’ultimo periodo di gestione da parte del Comune di riferimento nonché delle fatture giustificative di tale incremento.
Tanto il Tribunale Amministrativo salernitano ha sentenziato allineandosi all’indirizzo già assunto in una precedente decisione (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 17 giugno 2008, n. 1974, in www.giustizia-amministrativa.it) che, sebbene afferente a diversa questione, ha statuito la sufficienza, ai fini probatori, dell’acquisizione di «elementi dai quali sia possibile ricavare un fumus di fondatezza della censura».
In effetti, secondo i principi generali sulla prova nel processo amministrativo, per la quale vige un regime dispositivo attenuato dal metodo acquisitivo, sul ricorrente non grava «l’onere della prova» ma «l’onere del principio di prova», nel senso che egli è tenuto semplicemente a prospettare al giudice adito una ricostruzione attendibile sotto il profilo di fatto e giuridico delle circostanze addotte, potendo il giudicante acquisire d’ufficio gli elementi probatori indicati dalle parti ovvero ritenuti comunque necessari (Consiglio Stato, sez. VI, 4 settembre 2007, n. 4621, in Foro amm. – Consiglio di Stato, 2007, 9, p. 2522; Consiglio Stato, sez. VI, 2 marzo 2004, n. 973, in Foro amm. – Consiglio di Stato, 2004, p. 892).
Resta fermo il precetto secondo cui lo stesso ricorrente non possa limitarsi semplicemente ad ipotizzare che una certa violazione di legge sia stata posta in essere, lasciando poi all’istruttoria, eventualmente ordinata dal Tribunale, il compito di verificare se tale ipotesi risulti, o meno, fondata.
Lo specifico convincimento espresso dal giudice di primo grado è stato basato sull’affermazione del principio generale secondo cui, qualora l’interesse del ricorrente sia contraltare di un potere amministrativo discrezionale, la prova della lesività derivante dall’atto impugnato (attraverso cui si concretizza siffatto potere) non deve essere richiesta secondo canoni di conformità alla natura del potere medesimo.
Da ciò deriva che, essendo sottratta al ricorrente (ed alla stessa autorità giudiziaria) la totale verifica delle modalità di svolgimento del potere discrezionale, la prova di cui sopra può senz’altro agganciarsi ad elementi di carattere presuntivo, purché caratterizzati da concretezza e congruenza con i canoni di ragionevolezza e di attendibilità.
4. Venendo ai profili sostanziali toccati dalla sentenza, il Collegio, accogliendo nel merito il ricorso, ha dichiarato l’illegittimità del criterio di tariffazione impiegato dall’Ente d’Ambito “Sele”, statuendo che la tariffa del servizio idrico integrato abbia connotazione giuridica di corrispettivo e non di tributo (in tal senso *********, Dal canone di depurazione e fognatura alla tariffa dei servizi idrici, in Giorn. Dir. amm., 2000, p. 200 e ss.).
Sul tema della tariffa del servizio idrico integrato, la sezione salernitana del T.A.R. Campania si era già pronunciata in precedenza, anche se su questione di diversa caratura, affermando che «il “corrispettivo” ricevuto dall’azienda per i servizi offerti e la “tariffa”, intesa dal legislatore come “corrispettivo del servizio idrico”, sostanzialmente coincidono» (vedasi, in proposito, T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 7 dicembre 2004, n. 2915, in Foro amm. – T.A.R., 2004, 12, p. 3818).
Nel caso di specie, il T.A.R. non ha ritenuto persuasive le tesi formulate dai resistenti a propria difesa, a mente delle quali, una volta istituito il servizio idrico integrato, l’unico criterio legale di definizione della tariffa debba essere quello attinente alla tariffa media d’ambito, ovvero ad un sistema tariffario correlato alle gestioni destinate a confluire nell’A.T.O., a prescindere dal lasso temporale relativo all’effettivo trasferimento delle singole gestioni al gestore unitario.
A contrario, il Consesso giurisdizionale amministrativo salernitano, da una parte, ha riconosciuto che la progressiva attivazione del servizio idrico integrato, basata sul passaggio da una gestione frazionata del servizio a una gestione unitaria, presupponga necessariamente un periodo di transizione, che consenta all’unico gestore di acquisire gradualmente le dotazioni infrastrutturali e funzionali adoperate in precedenza; dall’altra, ha evidenziato come tale circostanza “fisiologica” non trovi simmetria nelle previsioni di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, incentrate sul funzionamento “a regime” del servizio idrico integrato, evidenziandosi come il dettato normativo non contempli affatto l’ipotesi che «il gestore unitario possa assumere solo alcune delle gestioni preesistenti».
A giudizio del T.A.R., la discrasia tra il disegno legislativo e la sua concretizzazione nella realtà amministrativa non può restare priva di effetti sotto il profilo della disciplina applicabile, attribuendosi alla pubblica amministrazione il compito di identificare mediante l’esercizio del potere discrezionale le soluzioni che, in particolare, siano finalizzate a determinare i criteri e le modalità di articolazione della tariffa, nelle more del perfezionamento dell’attivazione del servizio idrico integrato.
In tal senso, è stato lo stesso giudicante a “raccomandare” che, in siffatto esercizio di discrezionalità, l’Ente d’Ambito si attenga, comunque, al principio di corrispettività.
Tale determinazione è perfettamente congruente con le conclusioni cui è pervenuta la Corte delle leggi con la delibazione n. 335 del 10 ottobre 2008 (in www.cortecostituzionale.it), mediante cui era stata affermata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, tanto nel testo originario quanto nella modifica ad esso apportata dall’articolo 28 della legge 31 luglio 2002, n. 179 (sostituito dall’articolo 155, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, entrato a regime a far data dal 26 aprile del medesimo anno).
Invero, il Tribunale Amministrativo salernitano, pur non facendo alcun cenno alla pronuncia costituzionale che ha espunto dall’ordinamento il primo comma dell’articolo 155 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (nella parte in cui prevedeva che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione fosse dovuta dagli utenti «anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi»), è approdato ad una esegesi costituzionalmente orientata della vicenda in commento, allineandosi al medesimo principio di corrispettività fissato dalla Corte costituzionale nella trama argomentativa della pronuncia n. 335 del 2008.
Infatti, l’iter interpretativo seguito dalla Consulta, alla stregua dei comuni criteri ermeneutici, aveva portato a ritenere che «la tariffa del servizio idrico integrato si configura, in tutte le sue componenti, come corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, il quale, ancorché determinato nel suo ammontare in base alla legge, trova fonte non in un atto autoritativo direttamente incidente sul patrimonio dell’utente, bensì nel contratto di utenza».
A giudizio della Corte, l’inestricabile concatenazione tra prestazione e corrispettivo è evidenziata, in particolare, dal fatto che, a fronte del pagamento della tariffa, l’utente riceve un complesso di prestazioni, afferenti fondamentalmente alla somministrazione della risorsa idrica (ed alla connessa fornitura dei servizi di fognatura e depurazione).
Invero, ciò era già chiaramente rilevabile dalla piana lettura dei lavori preparatori della “legge *****”, laddove il legislatore aveva esplicitato come avesse inteso costruire la tariffa in modo da coprire i costi del servizio idrico integrato, prevedendo che «l’utilità particolare che ogni utente ottiene dal servizio dovrà essere pagata per il suo valore economico» e che «la tariffa deve essere espressiva del costo industriale del servizio idrico rappresentato dall’integrazione dei servizi di captazione, adduzione, collettamento e depurazione» (vedasi, in proposito, *********** dei Deputati, XI Legislatura, 6 ottobre 1993, pag. 18599; Atti Camera dei Deputati, XI Legislatura, VIII Commissione permanente, 15 giugno 1993, pagg. 57-58).
Nondimeno, a supporto della tesi concernente la natura non tributaria della tariffa, era più volte intervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, riconoscendo costantemente la giurisdizione del giudice ordinario, in particolare, nelle controversie relative alla quota riferita al servizio di depurazione, sul presupposto che, con il passaggio della disciplina previgente a quella della legge n. 36 del 1994, i «canoni» di depurazione delle acque reflue fossero mutati «da tributo a corrispettivo di diritto privato» (ex multis, Cassazione, Sezioni Unite, sentenze n. 6418/2005, n. 16426/2004 e n. 10960/2004).
5. La sentenza in esame assume particolare significatività, nella parte in cui si è dispiegata la traiettoria che il T.A.R. ha seguito per pervenire ad una precisa delimitazione del campo di applicazione della «tariffa media d’ambito».
Muovendo dal presupposto che la «[…] previsione della tariffa media d’ambito contenuta nella convenzione di gestione e nel relativo disciplinare tecnico, posti a fondamento del rapporto di affidamento della gestione del servizio idrico integrato alla società ********, attiene al rapporto contrattuale tra l’ente affidante e quello affidatario (ai sensi dell’art 151 d.lgs n. 152/2006, infatti, i “rapporti tra autorità d’ambito e gestori del servizio idrico integrato sono regolati da convenzioni predisposte dall’Autorità d’Ambito”) […]», i magistrati amministrativi di Salerno, hanno concluso che «[…] essa non è idonea a riverberare i suoi effetti conformativi sui rapporti individuali di utenza, fin quando non venga recepita (mediante la contestuale determinazione delle concrete modalità applicative) in atti amministrativi di carattere generale […]».
Su tale ultimo profilo può rinvenirsi un’impostazione diversificata tra la sentenza del Tribunale Amministrativo e la statuizione del giudice costituzionale quanto al propedeutico recepimento della determinazione tariffaria in un atto autoritativo generale, ritenuto necessario dai giudici salernitani e non dovuto dalla Corte delle leggi, ai fini della incidenza della decisione amministrativa adottata sulla sfera giuridica del singolo utente.
In sostanza, ad avviso del Collegio giudicante, l’astratta determinazione della tariffa media d’ambito, fissata all’interno delle disposizioni negoziali che disciplinano il rapporto sinallagmatico tra ente affidante e affidatario, non ha alcuna influenza sulle posizioni giuridiche qualificate e differenziate degli utenti laddove essa non venga specificamente contemplata in atti amministrativi idonei a determinare un riflesso conformativo sui rapporti individuali di utenza.
6. Alla stregua delle considerazioni svolte, il giudice amministrativo di primo grado ha compiuto un’ulteriore, efficace apertura interpretativa nel precisare che il sistema tariffario configurato dal legislatore presuppone «la definizione del piano d’ambito, essenzialmente costituito, ai sensi dell’articolo 149 d.lgs n. 152/2006, dalla ricognizione delle infrastrutture, dal programma degli interventi, dal modello gestionale ed organizzativo e dal piano economico finanziario».
Segnatamente, i magistrati amministrativi hanno definito il perimetro applicativo ed i contenuti del piano d’ambito, analizzandone composizione e finalità con assoluta precisione ed approfondendo le singole componenti dello strumento pianificatorio in parola (sui contenuti del piano d’ambito vedasi S. Cimini, Acqua, in S. Mangiameli (a cura di), I servizi pubblici locali, 2008, p. 434 e ss.).
Così com’è evidenziato in sentenza, il richiamato art. 149 del d. lgs. n. 152 del 2006, stabilisce che «la ricognizione delle infrastrutture […] individua lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio idrico integrato, precisandone lo stato di funzionamento; il programma degli interventi individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonché al soddisfacimento della complessiva domanda dell’utenza […] specifica gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione; il piano economico finanziario, articolato nello stato patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto finanziario, prevede, con cadenza annuale, l’andamento dei costi di gestione e di investimento al netto di eventuali finanziamenti pubblici a fondo perduto; esso è integrato dalla previsione annuale dei proventi da tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento; il piano, così come redatto, dovrà garantire il raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati; il modello gestionale ed organizzativo definisce la struttura operativa mediante la quale il gestore assicura il servizio all’utenza e la realizzazione del programma degli interventi […]» (per un inquadramento generale dei piani d’ambito vedasi *********, ********** (a cura di), Manuale del piano di ambito per il servizio idrico integrato, Milano, 1998).
Ne consegue che, nella puntuale lettura del T.A.R. di Salerno, la tariffa del servizio idrico integrato, determinata dall’Autorità d’Ambito, ai sensi dell’articolo 154 del decreto legislativo n. 152 del 2006, «costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell’Autorità d’ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga” […]».
È per l’appunto in questo passaggio che la sentenza in esame è andata ad intersecarsi, mediante un’esposizione motivazionale “originale”, con l’importante dictum della Corte costituzionale n. 335 del 2008.
Infatti, i giudici amministrativi hanno affermato che «[…] la definizione della tariffa è ispirata alla rigorosa applicazione del principio di corrispettività, al quale sono improntate “tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato” (articolo 154, comma 1, ult. per. d.lgs n. 152/2006) e la cui valenza è tale che, per l’ipotesi in cui esso non possa trovare piena esplicazione, e ciononostante il legislatore ritenga ugualmente necessaria la corresponsione integrale della tariffa, sono state dettate apposite disposizioni volte a derogarvi […]».
Ed infatti, come innanzi ampiamente rilevato, ben prima del vaglio del Tribunale Amministrativo Regionale, il giudice costituzionale, nella decisione indicata, aveva attribuito, a chiare lettere, alla tariffa del servizio idrico integrato la qualificazione giuridica di corrispettivo.
7. Tuttavia, come anticipato, la decisione commentata ha evitato qualsiasi riferimento proprio ai motivi posti alla base della predetta decisione della Consulta, lasciando trasparire che il Collegio giudicante salernitano intendesse seguire un proprio percorso logico-argomentativo ovvero che non avesse contezza dei contenuti (e degli effetti) dell’importantissimo decisum costituzionale n. 335 del 2008.
La Corte costituzionale, infatti, anteriormente alla sentenza de qua, aveva messo efficacemente in evidenza che «l’unitarietà della tariffa impedisce […] di ritenere che le sue singole componenti abbiano natura non omogenea, e, conseguentemente, che anche solo una di esse, a differenza delle altre, non abbia natura di corrispettivo contrattuale. E ciò perché il legislatore, per la remunerazione delle varie componenti del servizio idrico integrato, non ha istituito tariffe distinte, ma ha concepito la tariffa di detto servizio come un tutt’unico nell’ambito del quale la suddivisione delle quote risponde solo alla esigenza di una più precisa quantificazione della tariffa stessa, che tenga conto di tutte le prestazioni che il gestore deve erogare […]».
Tale ragionamento, peraltro, ha rappresentato la “breccia” in cui si è incuneato recentemente il legislatore, che, per evitare potenziali aggravi sui bilanci pubblici, in sede di conversione del d.l. 30 dicembre 2008, n. 208, con l’art. 8-sexies della legge 27 febbraio 2009, n. 13, recante «Disposizioni in materia di servizio idrico integrato», ha disposto, al primo comma, che «gli oneri relativi alle attività di progettazione e di realizzazione o completamento degli impianti di depurazione, nonché quelli relativi ai connessi investimenti, come espressamente individuati e programmati dai piani d’ambito, costituiscono una componente vincolata della tariffa del servizio idrico integrato che concorre alla determinazione del corrispettivo dovuto dall’utente. Detta componente è pertanto dovuta al gestore dall’utenza, nei casi in cui manchino gli impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi, a decorrere dall’avvio delle procedure di affidamento delle prestazioni di progettazione o di completamento delle opere necessarie alla attivazione del servizio di depurazione, purché alle stesse si proceda nel rispetto dei tempi programmati».
È inutile attardarsi a riproporre quanto già espresso dai commentatori della norma contenuta nel d.l. n. 208 del 2008: basti solo osservare che essa è stata considerata un attacco frontale alle conclusioni cui è pervenuta la Corte costituzionale con la sentenza n. 335 del 2008, ritenendo la disposizione una piatta e sostanziale rinnovazione di quanto era stato dichiarato illegittimo e, quindi, passibile di un nuovo giudizio di legittimità costituzionale (vedasi ********, Legge 27 febbraio 2009, n. 13 di conversione del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 208, Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente, pubblicato in G.U. n. 304 del 31.12.2008 (pubblicato in G.U. n. 49 del 28.2.2009), in Osservatorio Ambiente e Territorio, in Strumentario Enti Locali, V, 2009).
8. Ad ogni modo, è lapalissiano notare che il punto d’arrivo della sezione salernitana del Tribunale Amministrativo Regionale campano in ordine alla natura corrispettiva della tariffa per il servizio idrico integrato è certamente sovrapponibile a quello cui erano già giunti i giudici costituzionali, seppur attraverso un processo esegetico che ha preso le mosse dall’approfondimento di una diversa prospettiva motivazionale.
In definitiva, i magistrati amministrativi di Salerno hanno concluso nel segno della considerazione che l’imposizione della tariffa media d’ambito a prescindere dall’adeguata remunerazione di un servizio effettivamente reso si fonderebbe su parametri del tutto slegati dai costi previsti nel programma di investimento contenuto nel piano d’ambito, determinando un’ingiusta alterazione del rapporto sinallagmatico tra gestore del servizio ed utente (in tal senso vedasi anche T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 21 febbraio 2008, n. 312, in Foro amm. – T.A.R., 2008, 2, p. 427).
avv. ******** D’**********
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T.A.R. CAMPANIA – SALERNO, Sez. I, sentenza 12 gennaio 2009, n. 24; ************; Rel. Cons. *******
FATTO
Deducono i ricorrenti di essere cittadini del Comune di Giffoni Valle Piana nonché utenti del servizio idrico gestito dalla società Servizi Idrici Integrati Salernitani (S.I.I.S.).
Evidenziano che alla predetta società è stata affidata, con delibera dell’Assemblea dell’Ente d’Ambito “Sele” n. 3 del 21.4.2004, la gestione unitaria del servizio idrico integrato nell’A.T.O. n. 4 della Regione Campania, comprendente 144 Comuni della Provincia di Salerno ed Avellino.
Deducono inoltre che l’attuazione del servizio idrico integrato – mediante l’acquisizione da parte della menzionata società della gestione del servizio idrico relativo ai 144 Comuni compresi nell’A.T.O. – è rimasta in gran parte inattuata, tanto che essa si occupa attualmente dell’erogazione del servizio “de quo” in soli 3 dei Comuni medesimi (ovvero quelli di Giffoni Valle Piana, Pontecagnano Faiano e Baronissi).
Lamentano, quindi, l’illegittimità della delibera n. 2 del 22.2.2007, con la quale l’Assemblea dell’Ente d’Ambito “Sele”, nell’introdurre una nuova articolazione tariffaria, ha previsto una tariffa media d’ambito – pari a 0,96 euro/mc – più che raddoppiata rispetto a quella praticata dal Comune di Giffoni nell’ultimo anno di gestione, stabilendo altresì che «la tariffa media d’ambito e la relativa articolazione per fasce di consumo e per uso di cui all’allegato prospetto “Tariffe del servizio idrico integrato per l’anno 2006” potranno essere applicate dalla società ******** s.c. a r.l. su tutto il territorio dell’A.T.O. “Sele” senza alcuna modulazione territoriale e temporale».
Le censure formulate, al fine di conseguire l’annullamento dei provvedimenti impugnati, si propongono di dimostrare, in sintesi, che: 1) la tariffa del servizio idrico integrato può essere applicata solo a decorrere dalla istituzione del servizio medesimo, ovvero dall’avvio effettiva della gestione unitaria in tutti i Comuni ricompresi nell’ambito territoriale ottimale, come è dimostrato dal fatto che essa è determinata sulla scorta delle previsioni – relative ai costi operativi, di ammortamento e di remunerazione del capitale investito – contenute nel piano d’ambito, riferite appunto alla gestione unitaria del servizio idrico ; 2) non potendo applicarsi, per le ragioni dianzi riassunte, la tariffa media d’ambito, avrebbe dovuto farsi riferimento al regime tariffario transitorio di cui agli artt. 2, comma 3, d.l. 17 marzo 1995, n. 79, e 31, comma 29, l. 23 dicembre 1998, n. 448; 3) ove si ritenga che la società ******** sia legittimata a richiedere agli utenti il pagamento della tariffa del servizio idrico integrato, la stessa non potrebbe corrispondere alla tariffa media d’ambito, determinata sulla scorta dei dati ricavabili dal piano d’ambito, ma alla tariffa media ponderata delle gestioni effettivamente acquisite dalla predetta società; 4) la delibera assembleare impugnata, adottata in data 22.2.2007, si prefigge di applicare la tariffa del servizio idrico, così come risultante dell’articolazione tariffaria da essa approvata, con riferimento all’anno 2006, quindi con portata illegittimamente retroattiva.
Il difensore dell’Ente d’Ambito “Sele” si oppone all’accoglimento del ricorso, del quale eccepisce anche l’inammissibilità, rilevando che l’impugnata deliberazione assembleare n. 2/2007 si limita a rendere operativa la tariffa media d’ambito, come determinata con la precedente – e non tempestivamente impugnata – delibera dell’Assemblea dell’Ente d’Ambito n. 3 del 21.4.2004, avente ad oggetto l’affidamento della gestione del servizio idrico integrato alla società *********
Anche i difensori della società controinteressata, titolare della gestione del servizio idrico integrato nel territorio di competenza dell’Ente d’Ambito “Sele”, eccepiscono l’inammissibilità del gravame, sia perché la “res litigiosa” da esso introdotta sarebbe estranea alla cognizione del giudice amministrativo, sia perché la deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Ente di Ambito n. 28 del 4.7.2007, con la quale è stata approvata la nuova articolazione della tariffa media d’ambito, è stata pubblicata sul B.U.R.C. n. 34 del 31.7.2006, con la conseguenza che il relativo termine d’impugnazione – alla data della proposizione del ricorso – si sarebbe irreparabilmente consumato.
Essi deducono, inoltre, la carenza di lesività per gli interessi dei ricorrenti dei provvedimenti impugnati, dal momento che le tariffe agevolate e di base da questi determinate non comportano gli aumenti lamentati in ricorso, mentre il danno derivante dall’applicazione delle tariffe di eccedenza può essere accertato solo a seguito dalla verifica dei consumi.
Il ricorso quindi, esauritasi la discussione delle parti, è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Sono impugnate, con il ricorso in esame, le deliberazioni (rispettivamente del Consiglio di Amministrazione e dell’Assemblea dell’Ente d’Ambito “Sele”, costituito ai sensi degli artt. 8 l. 5 gennaio 1994, n. 36 – ora articolo 147 d.lgs n. 152/2006 – e 2 l.r. Campania 21 maggio 1997, n. 14) mediante le quali è stata approvata l’articolazione tariffaria «per fasce di consumo e per uso» della tariffa media d’ambito per l’anno 2006, stabilendo che essa potrà essere applicata dal soggetto gestore del servizio idrico integrato (S.I.I.S. s.c. a r.l.) «su tutto il territorio di competenza dell’A.T.O. “Sele” senza alcuna modulazione territoriale e temporale».
I ricorrenti, residenti (come da certificati prodotti in data 11.10.2008) nel Comune di Giffoni Valle Piana ed utenti del servizio idrico, lamentano l’accentuato incremento subito dalla relativa tariffa, per effetto delle citate deliberazioni, rispetto alla misura applicata durante l’ultimo periodo di gestione del servizio da parte del Comune di Giffoni Valle Piana, evidenziando che la tariffa del servizio idrico non avrebbe potuto essere determinata in applicazione del cd. metodo normalizzato di cui al D.M. 1 agosto 1996 fin quando non fosse stato effettivamente attivato il servizio idrico integrato mediante l’accorpamento nella gestione unitaria di tutte le gestioni preesistenti e relative ai 144 Comuni compresi nell’ambito territoriale ottimale “Sele”: rilevano, infatti, che alla data dell’adozione delle deliberazioni impugnate (così come, del resto, alla data del passaggio in decisione del ricorso) solo tre dei predetti Comuni (ovvero quelli di Giffoni Valle Piana, Pontecagnano Faiano e Baronissi) avevano rimesso la gestione del servizio idrico al predetto gestore unitario.
Tanto sinteticamente premesso, occorre preliminarmente soffermare l’attenzione sulle eccezioni di inammissibilità formulate dai difensori delle parti intimate.
Viene in primo luogo in rilievo, al riguardo, l’eccezione (articolata dal difensore della società ********) con la quale si deduce il difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, appartenendo la controversia all’ambito di cognizione del giudice ordinario in quanto avente ad oggetto la tutela di posizioni soggettive immediatamente inerenti ai rapporti individuali di utenza intrattenuti dai ricorrenti.
L’eccezione non può essere accolta.
I ricorrenti non contestano infatti, “recta via”, l’importo loro individualmente richiesto quale corrispettivo della fruizione del servizio idrico, e quindi l’oggetto dell’obbligo al quale sono tenuti in correlazione alla fornitura di acqua di cui beneficiano, ma i provvedimenti di carattere generale mediante i quali l’amministrazione intimata ha provveduto alla determinazione dei criteri per la quantificazione della tariffa dovuta dagli utenti: la controversia, pertanto, non attiene alla determinazione quantitativa della prestazione contrattuale dovuta ed alla sua difformità, così come richiesta dall’ente fornitore, rispetto ai criteri di legge, ma alla definizione degli stessi criteri di commisurazione della tariffa elaborati dall’autorità amministrativa, “quaestio” rispetto alla quale la posizione di utenti del servizio idrico e gli obblighi ad essa connessi, lungi dall’assurgere ad oggetto immediato della definizione giudiziaria della “regula iuris” invocata mediante la proposizione del ricorso, costituiscono il mero presupposto legittimante di quest’ultimo.
In linea con tali rilievi, del resto, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che «sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo nel contenzioso concernente l’atto generale con il quale l’amministrazione competente ha determinato i criteri in base ai quali viene stabilita la tariffa dovuta da ogni singolo utente facendo uso, a tale scopo, della propria potestà discrezionale» (Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 maggio 2007, n. 2239).
Parimenti infondata è l’eccezione (articolata dal difensore dell’Ente d’Ambito) incentrata sulla mancata impugnazione della deliberazione dell’Assemblea dell’Ente n. 3 del 21.4.2004, con la quale è stata affidata la gestione del servizio idrico integrato alla società ******** e determinata la tariffa media d’ambito, rispetto alla quale l’impugnata deliberazione n. 2/2007 avrebbe carattere meramente applicativo.
Basti considerare che l’attitudine lesiva della tariffa media d’ambito non è percepibile dal singolo utente finché non viene attuata la sua articolazione tariffaria in relazione ai possibili usi ed alle fasce di consumo: ciò in quanto è la medesima articolazione a determinare la concreta incidenza della tariffa sulla posizione dei beneficiari finali del servizio, in relazione alla categoria di appartenenza ed al corrispondente uso che viene fatto della risorsa idrica.
Ebbene, costituendo l’articolazione della tariffa media d’ambito una operazione alla quale l’amministrazione intimata ha proceduto mediante le deliberazioni (tempestivamente) impugnate, non resta che rilevare che sono state queste ultime a generare l’effetto lesivo sul quale si fonda l’iniziativa giurisdizionale “de qua”.
Deve altresì rilevarsi che le deliberazioni impugnate esprimono “ex novo” la volontà dell’amministrazione adottante di attivare il sistema tariffario incentrato sul principio della tariffa media d’ambito, da applicare senza modulazioni territoriali: sistema derogato già in sede di instaurazione del rapporto di affidamento, come emerge dal fatto che la ripartizione del territorio dell’A.T.O. in tre bacini tariffari era stata assunta a riferimento dell’articolazione tariffaria recepita dallo stesso disciplinare tecnico (articolo 9), sebbene il sistema “de quo” fosse rimasto a livello meramente programmatico essendosi ad esso sovrapposto, pur se a titolo meramente transitorio, il regime tariffario basato sull’applicazione delle tariffe comunali vigenti nell’anno 2005, come stabilito con la delibera del Consiglio di Amministrazione n. 22 del 3.5.2006.
A tanto deve aggiungersi che la previsione della tariffa media d’ambito contenuta nella convenzione di gestione e nel relativo disciplinare tecnico, posti a fondamento del rapporto di affidamento della gestione del servizio idrico integrato alla società ********, attiene al rapporto contrattuale tra l’ente affidante e quello affidatario (ai sensi dell’art 151 d.lgs n. 152/2006, infatti, i «rapporti tra autorità d’ambito e gestori del servizio idrico integrato sono regolati da convenzioni predisposte dall’Autorità d’Ambito»): essa pertanto non è idonea a riverberare i suoi effetti conformativi sui rapporti individuali di utenza, fin quando non venga recepita (mediante la contestuale determinazione delle concrete modalità applicative) in atti amministrativi di carattere generale, quali sono quelli (ritualmente) investiti dal presente gravame.
Diverse considerazioni devono invece svolgersi a dimostrazione della infondatezza dell’eccezione di irricevibilità del ricorso, articolata dal difensore della società affidataria della gestione del servizio idrico sulla scorta della tardività dell’impugnazione della deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Ente d’Ambito n. 28 del 4.7.2007, avente ad oggetto l’approvazione della articolazione della tariffa media d’ambito: occorre invero osservare che il Consiglio di Amministrazione, da cui la predetta delibera promana, si è riservato «l’acquisizione della determina dell’Assemblea Generale», in tal modo attribuendo alla successiva e conforme delibera assembleare la valenza di elemento di perfezionamento del procedimento volto all’approvazione della nuova articolazione tariffaria, nel rispetto, evidentemente, del riparto di competenze all’interno dell’Ente d’Ambito.
Con l’ultima deduzione, suscettibile di riflettersi negativamente sulla ammissibilità della domanda di annullamento, il difensore della società ******** rileva che le tariffe approvate con i provvedimenti impugnati sono privi di effetti lesivi per gli interessi dei ricorrenti, atteso che «un significativo aumento del costo dell’acqua può derivare solo da consumi eccessivi, circostanza accertabile solo a seguito della verifica dei consumi stessi».
Deve premettersi, in linea generale, che laddove la posizione di interesse del soggetto ricorrente fronteggi una potestà amministrativa connotata da profili di marcata discrezionalità, anche tecnica, la dimostrazione della lesione derivante dall’atto impugnato (ovvero, “a contrario”, dell’effetto migliorativo di cui si gioverebbe la parte ricorrente in conseguenza del rinnovato esercizio della medesima potestà, una volta accertato che l’atto espressivo della stessa sia affetto dai vizi di illegittimità denunciati in ricorso) non può che essere richiesta secondo criteri conformi alla natura del potere oggetto di sindacato: ne consegue che, sfuggendo alla parte ricorrente (ed alla stessa autorità giudiziaria) il controllo integrale delle modalità di esplicazione del potere, nei suoi più profondi contenuti discrezionali o tecnico-discrezionali, la suddetta dimostrazione ben può ancorarsi ad elementi di carattere presuntivo, purché connotati da sufficiente concretezza e conformi a criteri di ragionevolezza ed attendibilità.
Tali elementi, ad avviso del Tribunale, sono sufficientemente rinvenibili, da una parte, nella allegazione da parte dei ricorrenti dell’aumento impresso alla tariffa del servizio idrico dai provvedimenti impugnati, rispetto al “quantum” tariffario vigente durante l’ultimo periodo di gestione del servizio idrico da parte del Comune di riferimento, dall’altra parte, nelle fatture per la fornitura del servizio idrico prodotte in data 11.10.2008, da alcune delle quali si evince l’appartenenza dei consumi effettivamente registrati nei confronti dei ricorrenti alle fasce di eccedenza cui, per stessa ammissione della società resistente, viene a correlarsi il pregiudizio da quelli lamentato.
Può procedersi, a questo punto, alla disamina delle censure formulate dai ricorrenti a fondamento della proposta domanda di annullamento.
Esse si incentrano, come sommariamente anticipato, sulla insussistenza delle condizioni – rappresentate dall’avvenuto accorpamento nel servizio idrico integrato delle gestioni preesistenti relative a tutti i 144 Comuni compresi nell’ambito territoriale ottimale – per applicare la tariffa media d’ambito, essendo calibrata sui costi (in termini di spese di funzionamento e di investimento) contemplati dal piano d’ambito, a sua volta elaborato con riferimento all’intero territorio operativo dell’*******
Gli argomenti difensivi formulati dalle parti resistenti si propongono di dimostrare che, una volta istituito il servizio idrico integrale, l’unico criterio legale di determinazione delle tariffe è quello relativo alla tariffa media d’ambito, ovvero ad un sistema tariffario che fa riferimento a tutte le gestioni destinate a confluire nell’ambito territoriale ottimale, a prescindere dal momento dell’effettivo loro trasferimento al gestore unitario.
Deve premettersi, su di un piano generale, che l’attivazione graduale del servizio idrico integrato appartiene, entro certi limiti, alla fisiologia del relativo meccanismo operativo: il passaggio da una situazione caratterizzata dalla gestione frazionata ad una incardinata sull’affidamento del servizio unitario ad un solo gestore implica necessariamente, infatti, un periodo di transizione, che consenta a quest’ultimo di acquisire progressivamente le dotazioni infrastrutturali e funzionali utilizzate dalle gestioni preesistenti, onde integrarle nel servizio unitario.
Tale esigenza non trova però adeguato riscontro nel disegno legislativo, il quale introduce una disciplina incentrata sul funzionamento “a regime” del servizio idrico integrato: basti considerare che, ai sensi dell’articolo 150, comma 4, del d.lgs n. 152/2006, il soggetto affidatario del servizio «gestisce il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale», evidenziando in tal modo che sfugge del tutto alla considerazione legislativa l’ipotesi che il gestore unitario possa assumere solo alcune delle gestioni preesistenti.
Lo scarto, ravvisabile nella concreta applicazione degli istituti di nuovo conio, tra disegno legislativo e sua concreta traduzione nella realtà amministrativa non può tuttavia restare senza conseguenze sul piano della disciplina applicabile, essendo compito precipuo della pubblica amministrazione di individuare le soluzioni che, senza contraddire la complessiva trama normativa, tengano conto dell’effettivo stato di attuazione del progetto riformatore.
Tale compito concerne, in particolare, la determinazione dei criteri e delle modalità di tariffazione del servizio idrico, nelle more del completamento dell’opera di instaurazione del servizio idrico integrato.
Giova sul punto precisare che il sistema tariffario configurato dal legislatore presuppone la definizione del “piano d’ambito”, essenzialmente costituito, ai sensi dell’articolo 149 d.lgs n. 152/2006, dalla ricognizione delle infrastrutture, dal programma degli interventi, dal modello gestionale ed organizzativo e dal piano economico finanziario.
Ebbene, l’elaborazione del piano d’ambito assume a sua volta a riferimento, in tutte le sue menzionate componenti previsionali, la gestione unitaria del servizio: la ricognizione delle infrastrutture, infatti, individua lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio idrico integrato, precisandone lo stato di funzionamento; il programma degli interventi individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio; il piano economico finanziario prevede, con cadenza annuale, l’andamento dei costi di gestione e di investimento ed è integrato dalla previsione annuale dei proventi da tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento.
Finalità complessiva del piano è il raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario, nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati.
In stretta connessione con il compito di definire il piano finanziario, inoltre, l’Autorità d’Ambito provvede alla determinazione, ai sensi dell’articolo 154 del d.lgs n. 152/2006, della «tariffa del servizio idrico integrato», la quale «costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell’Autorità d’ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga”».
Come si vede, la definizione della tariffa è ispirata alla rigorosa applicazione del principio di corrispettività, al quale sono improntate «tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato» (articolo 154, comma 1, ult. per. d.lgs n. 152/2006) e la cui valenza è tale che, per l’ipotesi in cui esso non possa trovare piena esplicazione, e ciononostante il legislatore ritenga ugualmente necessaria la corresponsione integrale della tariffa, sono state dettate apposite disposizioni volte a derogarvi (ad esempio, ai sensi dell’articolo 155, comma 1, d.lgs n. 152/2006, relativo alla «tariffa del servizio di fognatura e depurazione», «le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono dovute dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi»).
La rilevata connotazione funzionale (in chiave corrispettiva) della tariffa è evincibile anche dall’articolo 1 D.M. 1° agosto 1996 (Metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato. Tariffa di riferimento), a mente del quale «la tariffa di riferimento del servizio idrico integrato è lo strumento per consentire la realizzazione di adeguati livelli di servizio, per sostenere conseguenti programmi di investimento nell’equilibrio di bilancio, per ottenere il contenimento dei costi al consumo, il miglioramento dell’efficienza della gestione e la tutela dell’interesse dell’utenza».
Ebbene, ritiene il Tribunale che la “ratio” della tariffa media d’ambito – e quindi il rilevato principio di connessione tra la tariffa e l’esigenza di garantire l’equilibrio economico-finanziario della gestione del servizio idrico integrato – sia incrinata allorché quest’ultimo non sia operativo, per il sussistere (tanto più se, come nella specie, in misura nettamente preponderante rispetto a quelle unificate) di gestioni frazionate attuate in economia dai singoli Comuni dell’A.T.O.: in tal caso, infatti, la pretesa di applicare ugualmente la tariffa media d’ambito si fonderebbe (non sull’esigenza di remunerare adeguatamente il servizio, così come concretamente erogato, ma) su parametri meramente ipotetici ed inattuali, quali quelli contenuti, tra l’altro, in un programma degli investimenti le cui modalità di effettiva attuazione restano, da un punto di vista temporale, del tutto indeterminate.
A favore della tesi esposta, poi, milita anche un non secondario argomento di carattere testuale: ai sensi dell’articolo 1, comma 5, D.M. 1° Agosto 1996, infatti, «il calcolo della tariffa di riferimento all’anno iniziale (T1) è effettuato assumendo come tariffa all’anno zero (T0) la tariffa media ponderata delle gestioni preesistenti come accorpate nella nuova gestione».
Il riferimento alle «gestioni preesistenti come accorpate nella nuova gestione», invero, non può che concernere le gestioni, già frazionate, ormai integrate nel sistema idrico integrato, evento questo non realizzabile se non quando la medesime gestioni siano state prese effettivamente in carico dal gestore unitario: non si comprenderebbe, altrimenti, il duplice e distinto riferimento alle «gestioni preesistenti» ed a quelle «accorpate nella nuova gestione».
Analoghi argomenti, poi, si desumono dall’articolo 4, comma 3, del D.M. citato, prescrivente che «la tariffa reale media (…) non può superare, inizialmente, la tariffa media ponderata delle gestioni preesistenti, accorpate nella nuova gestione (…)».
A ritenere diversamente, invero, e proprio sulla scorta di quest’ultima disposizione, si finirebbe con l’imporre agli utenti residenti nei Comuni che hanno superato la fase transitoria di tariffazione da essa prevista di sostenere i costi relativi alla integrazione nel servizio idrico unitario delle gestioni successivamente trasferite al gestore unico (presumibilmente più elevati in occasione della fase iniziale di integrazione delle gestioni frazionate nella gestione unitaria), laddove gli utenti di queste ultime ne sarebbero esenti (versando, essi, nella fase “iniziale” di applicazione della tariffa media d’ambito) in forza del limite tariffario derivante dalla disposizione appena citata.
Ritiene poi il Tribunale che le illustrate conclusioni non siano inficiate, ma semmai avvalorate, dai rilievi contenuti nella relazione istruttoria prodotta dall’amministrazione intimata in data 2.10.2008, a firma del Direttore Tecnico dell’Ente d’Ambito, laddove evidenzia che l’evoluzione della tariffa media d’ambito è necessariamente variabile in ragione della acquisizione di nuove gestioni in economia dei Comuni, dipendendo essa «dalle reali criticità infrastrutturali e gestionali che vengono rilevate sul campo», «criticità che nelle previsioni di massima e di lungo periodo inserite nel piano d’ambito potrebbero essere state sottostimate o sopravalutate rispetto alla reale situazione operativa».
Ebbene, proprio tale rilievo dimostra che la tariffa, ove rigidamente agganciata alle previsioni del piano d’ambito, si ponga in contraddizione proprio con l’illustrata esigenza di costante adeguamento alle concrete e mutevoli condizioni operative del servizio idrico: invero, la necessità di aggiornamento della tariffa media in relazione all’acquisizione di nuove gestioni verrebbe frustrata dalla riferibilità della stessa, relativamente alle gestioni non ancora acquisite, a dati puramente astratti (quali quelli desumibili dal piano d’ambito) e non verificabili «sul campo».
Né l’accoglimento delle prospettazioni attoree potrebbe trovare ostacolo nella previsione della tariffa media d’ambito già nel piano d’ambito, la cui inoppugnabilità precluderebbe anzi le censure volte a contestarne l’applicabilità.
In primo luogo infatti, e su di un piano strettamente processuale, la formulazione del piano d’ambito – e la definizione, quale suo elemento integrante, della tariffa media d’ambito – è avvenuta nella fase istitutiva del servizio idrico integrato, in una fase cioè in cui non potevano ravvisarsi le circostanze poste a fondamento dei dedotti vizi di illegittimità, ciò sia perché non erano prevedibili le concrete modalità (anche temporali) di attuazione del servizio integrato, sia perché non era stata esternata (mediante provvedimenti aventi efficacia esterna al rapporto contrattuale con il soggetto gestore) la volontà di immediata applicazione della tariffa media d’ambito.
In secondo luogo, e da un punto di vista più sostanziale, la stretta correlazione esistente tra la tariffa media d’ambito ed il piano d’ambito reca ulteriore conforto alla tesi attorea incentrata sulla necessaria sussistenza dei presupposti attuativi del secondo (presupposti correlati all’avvenuta acquisizione delle pregresse gestioni in economia ad opera del gestore unitario) ai fini della introduzione “a regime” della prima.
Ugualmente, le considerazioni svolte non sono inficiate dal fatto che la società ******** gestisce, oltre al servizio di fornitura dell’acqua relativamente ai tre Comuni sopra menzionati, l’impianto di depurazione consortile di Salerno, non smentendo esso la circostanza, dedotta dai ricorrenti, relativa all’incompleta attuazione del processo di sostituzione della gestione unitaria alle precedenti gestioni idriche separate.
Quanto infine al paradosso cui condurrebbe l’accoglimento della tesi dei ricorrenti, di cui fa parola la predetta relazione del Direttore Tecnico dell’Ente d’Ambito (paradosso derivante dal fatto che l’Ente d’Ambito, non avendo competenza a deliberare in materia tariffaria fino alla completa acquisizione delle gestioni da parte del gestore unitario, non avrebbe potuto procedere all’affidamento del servizio, costituendo la tariffa d’ambito parte integrante della relativa convenzione), basta osservare in senso contrario che il vizio invalidante rilevato dai ricorrenti non attiene alla fase istitutiva del servizio idrico integrato – e quindi non contraddice la potestà dell’Ente d’Ambito di procedere all’affidamento del servizio unitario – ma alle anomalie operative cui ha dato luogo la ritardata compiuta attuazione del servizio medesimo.
Peraltro, la tesi dei ricorrenti non nega (e comunque non sarebbe meritevole di accoglimento “in parte qua”) il potere dell’Ente d’Ambito di deliberare in materia tariffaria, ma si incentra sulla contestazione delle modalità di esercizio del predetto potere e sugli illegittimi risultati cui è concretamente approdato.
Quanto poi alla individuazione di una regola, alternativa a quella incentrata sulla tariffa media d’ambito, cui l’amministrazione intimata deve ispirarsi nell’esercizio del potere tariffario, nelle more del completamento del processo di attivazione del servizio idrico integrato su tutto il territorio dell’A.T.O., ritiene il Tribunale che essa non possa che essere devoluta alle sue valutazioni discrezionali, fermo restando che essa deve attenersi all’esigenza di definire una tariffa coerente con il principio di corrispettività della stessa rispetto ai costi effettivamente sostenuti per la gestione del servizio idrico nei Comuni attualmente accorpati nella gestione unitaria.
A tal fine, utili (ma solo esemplificative) indicazioni potrebbero ricavarsi dal sistema tariffario adottato (ma mai effettivamente applicato) in sede di istituzione della gestione unitaria (previa eliminazione delle «marcate incongruenze» e del difetto di «uniformità territoriale» che lo inficiavano, così come evidenziate nella citata relazione istruttoria) ovvero da quello delineato dalla delibera del Consiglio di Amministrazione dell’Ente d’Ambito n. 22 del 3.5.2006 (del quale potrebbe eventualmente disporsi la proroga) ovvero, ancora, dal principio desumibile dalla già esaminata norma di cui all’articolo 4, comma 3, del D.M. 1° Agosto 1996, mediante l’elevazione a limite applicativo della tariffa reale media (nelle more del completamento del servizio idrico integrato) della tariffa media ponderata delle gestioni preesistenti ed effettivamente (non solo programmaticamente) accorpate nella nuova gestione.
Il ricorso, in conclusione, deve essere accolto e conseguentemente annullati, nei sensi di cui in motivazione, i provvedimenti impugnati.
Possono dichiararsi assorbite le doglianze non esaminate.
La complessità e la novità della controversia induce a disporre la compensazione delle spese di giudizio sostenute dalle parti.
P.Q.M.
ACCOGLIE il ricorso ed annulla per l’effetto la deliberazione dell’Assemblea dell’Ente d’Ambito “Sele” n. 2 del 22.2.2007, avente ad oggetto «modifica articolazione tariffaria media d’ambito», e la deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Ente d’Ambito “Sele” n. 28 del 4.7.2006, avente ad oggetto «modifica articolazione tariffaria media d’ambito».
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