L’”ingente quantità“ nel TU 309/90

Scarica PDF Stampa
    Indice 

  1. L’eccessiva indeterminatezza dei lemmi “ingente quantità”
  2. Il criterio mercantilistico
  3. Il nuovo criterio ermeneutico delle Sezioni Unite Primavera e le relative, precoci contestazioni
  4. Le Sezioni Unite Biondi ed il criterio ponderale
  5. I problemi derivanti dal criterio ponderale dopo Consulta n. 32/2014
  6. Precedenti tutt’ oggi favorevoli al criterio ponderale delle Sezioni Unite Biondi

1. L’eccessiva indeterminatezza dei lemmi “ingente quantità”

Ex comma 2 Art. 80 TU 309/90, “se il fatto riguarda quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope, le pene sono aumentate dalla metà a due terzi; la pena è di trenta anni di reclusione quando i fatti previsti dai commi 1, 2 e 3 dell’ Art. 73 riguardano quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope e ricorre l’ aggravante di cui alla lettera e) del comma 1“. Molti Autori, in Dottrina, hanno criticato negativamente l’ eccessiva indeterminatezza del comma 2 Art. 80 TU 309/90, in tanto in quanto la determinazione ponderale della “ingente quantità“ è stata, più o meno consapevolmente, deferita alla Giurisprudenza di legittimità, la quale, come sempre, è assurta all’indebito rango di fonte di produzione del Diritto. Dunque, come prevedibile nonché inevitabile, nel comma 2 Art. 80 TU 309/90, il Magistrato è chiamato a colmare lacune precettive del Legislatore, che non ha pienamente o numericamente (pre)definito i lemmi “ingente quantità“. Infatti, in Dottrina, il comma 2 Art. 80 TU 309/90 è definito da molti alla stregua di una “clausola troppo elastica“, che si pone come “un’ espressione volutamente generica“. P.e., Fiandanca & Musco (2009) sostengono, giustamente, che il comma 2 Art. 80 TU 309/90 “viola il principio di legalità in materia penale […] [il principio di legalità] impone che la norma incriminatrice sia sufficientemente precisa e determinata […] al fine di evitare, in sede applicativa, indebite estensioni dell’ ambito operativo della disposizione penale […]. Il principio di tassatività e di sufficiente determinatezza della fattispecie penale […] è volto ad affermare un unico canone garantistico che vieta un’applicazione analogica della norma incriminatrice [e] esso impone al Legislatore la formulazione di disposizioni connotate da un sufficiente tasso di precisione descrittiva“. Parimenti, Mantovani (2015) contesta anch’egli la lacunosità del comma 2 Art. 80 TU 309/90, giacché una qualunque Norma di rilevanza penalistica dev’essere ben predeterminata “per contribuire a delineare il nucleo garantista dello statuto del Diritto Penale […] Il comma 2 Art. 80 TU 309/90 non assicura [all’infrattore] la piena conoscibilità e l’effettiva calcolabilità delle conseguenze giuridico-penali della propria condotta“. In buona sostanza, il comma 2 Art. 80 TU 309/90 apre la strada ad un’ermeneutica giurisprudenziale ipertrofica, in cui il Magistrato si sostituisce all’ordinaria attività nomogenetica del Legislatore. A loro volta, Marinucci & Dolcini (2015) affermano che il comma 2 Art. 80 TU 309/90 “viola il principio di precisione [che impone   al Legislatore] una rigorosa esattezza nella delineazione normativa dei confini delle fattispecie criminose“. D’altronde, i lemmi “ingente quantità“ finiscono per contravvenire pure all’ Art. 14 delle Preleggi, ai sensi del quale la Norma penale deve corrispondere ad un criterio di determinatezza e di tassatività che rende certa e prevedibile la sanzione criminale. Del resto, come osserva Manes (2013), l’indeterminatezza ponderale del comma 2 Art. 80 TU 309/90 viola pure il comma 2 Art. 25 Cost. in tema di “tassatività e determinatezza“ delle Norme penali. Il richiamo di Manes (ibidem) al comma 2 Art. 25 Cost. propone alla mente anche il fondamentale comma 1 Art. 7 CEDU. Ovverosia, come rimarcato da Corte EDU, Kokkinakis vs. Grecia, 25 maggio 1993, “il principio di prevedibilità delle conseguenze sanzionatorie postula, prima di tutto, chiarezza ed esattezza nella formulazione dell’enunciato normativo […] Il Legislatore è tenuto ad evitare una formulazione eccessivamente generica ed imprecisa delle previsioni incriminatrici e, del pari, il giudice non deve effettuare operazioni analogiche tali da produrre inopinati ampliamenti dell’alveo operativo della norma penale“. In tema di non-genericità della Norma penale, si vedano pure Corte EDU, SW vs. Regno Unito, 22 novembre 1995, Corte EDU,  CR vs. Regno Unito, 22 novembre 1995, Corte Edu, Grande Camera, Rohlena vs. Repubblica Ceca, 27 gennaio 2015, Corte EDU, Grande Camera,  Del Rio Prada vs. Spagna, 21 ottobre 2013, nonché Corte EDU Contrada vs. Italia, 14 aprile 2015. E’ indubitabile, anche sotto il profilo costituzionale ed internazionalistico, che i lemmi “ingente quantità“ sono eccessivamente lati e generici. Essi tolgono prevedibilità alla norma incriminatrice e, inevitabilmente, delegano alla Giurisprudenza il compito di colmare le lacune del Legislatore. Il Magistrato, in sede processuale, si trova a dover riempire di significato una Norma che, viceversa, sarebbe inapplicabile, in tanto in quanto semanticamente indeterminata e generica. Anche secondo Castronuovo (2012), il comma 2 Art. 80 TU 309/90, in tema di “ingente quantità“, reca a “numerose incertezze già a partire dalle modalità di formulazione del paradigma punitivo prescelto dal Legislatore […]. I criteri numerico-ponderali, dunque rigidi non pongono problemi applicativi, ma i criteri elastici, vaghi od indeterminati presentano profili di potenziale contrasto con il principio di tassatività“. In effetti, vent’anni prima della promulgazione del TU 309/90, Engisch (1970), sotto il profilo della teoria penalistica in generale, osservava amaramente che “elementi elastici [come la ratio dell’ ingente quantità], fondati su concetti generali e variabili, insuscettibili di diretta ed univoca comprensione, postulano un’ineludibile attività interpretativa [della Giurisprudenza], foriera di soluzioni attuative esposte al rischio del soggettivismo e dell’incertezza operativa“. Ecco, in Engisch (1970), lo spettro orribile del Magistrato che si sostituisce al Legslatore sino al punto di stravolgere le originarie intenzioni legislative. La Giurisprudenza di legittimità non può e non deve colmare, dall’esterno, le lacune de jure condito, il che vale pure nella fattispecie ex comma 2 Art. 80 TU 309/90. Negli Anni Duemila, pure Veluzzi (2010) rigetta “i concetti troppo indeterminati, ovvero quei concetti il cui nucleo appare assai ridotto, mentre molto più ampia risulta essere l’area concettuale, ossia la sfera di indeterminatezza all’interno della quale si inseriscono […]. All’opposto, i concetti normativi più rigidi richiedono una valutazione non personale, ma oggettivamente valida ed univoca“. Tuttavia, a parere di De Vero (2012), il comma 2 Art. 80 TU 309/90, dopotutto, non costituisce uno scandalo tecnico irrimediabile, in tanto in quanto “caduto il mito illuministico della legge onniloquente, il Legislatore non può far altro che […] riservare all’interprete e, in specie, al giudice, il compito di completare il precetto o, per meglio dire, di verificare che la fattispecie concreta sottoposta al suo esame sia o meno sussumibile entro il modello astratto generalmente e genericamente delineato dalla disposizione incriminatrice [ex comma 2 Art. 80 TU 309/90]“. In buona sostanza, secondo De Vero (2012), la pesante onnipresenza della Giurisprudenza di legittimità sarebbe un male necessario, pur se, a parere di chi redige, sarebbe più utile un comma 2 Art. 80 TU 309/90 contenente una catalogazione ponderale numerica ed esplicita. Diverso e più pessimista è il parere di Mantovani (2015), il quale reputa il comma 2 Art. 80 TU 309/90 dominato da “elementi vaghi, soggetti a molteplici, non preventivabili ed incontrollabili opzioni ermeneutiche [giurisprudenziali] […] che si pongono in insuperabile conflitto con il principio di tassatività della legge penale“.

2. Il criterio mercantilistico

Cass., sez. pen. VI, 6 marzo 1998, n. 2868 propone il criterio mercantilistico, ovverosia “bisogna valorizzare la capacità del quantitativo di sostanza stupefacente, riscontrato nel caso concreto, di saturare il mercato, ovvero di incidere significativamente sull’offerta di droga in un determinato comprensorio territoriale e, correlativamente, sulla sua diffusività entro una cerchia sempre più ampia di tossicofili e di tossicodipendenti“. Tale criterio mercantilistico è rinvenibile, sempre negli Anni Novanta del Novecento, pure in Cass.,  sez. pen. IV, 30 giugno 1998, n. 2168 nonché in Cass., sez. pen. VI, 24 settembre 1998, n. 10722. Tuttavia, molti, anche in Dottrina, hanno criticato negativamente la ratio mercantilistica, giacché è impossibile, nel mercato della droga, stabilire con certezza, sotto il profilo statistico, se il quantitativo ha, o meno, saturato le esigenze dei tossicomani in un determinato territorio. E’ assurdo pensare che il Magistrato sia in grado di dare una valutazione all’andamento del commercio, naturalmente in nero, di sostanze illegali. Gli stupefacenti, la loro quantità ed il loro piazzamento sono e rimangono una cifra oscura non misurabile e, tantomeno, non preventivabile.

3. Il nuovo criterio ermeneutico delle Sezioni Unite Primavera e le relative, precoci contestazioni

Come rimarcato da Cass., SS.UU., 21 giugno 2000, n. 17 (Sezioni Unite Primavera), “il riferimento al concetto di mercato introduce, nell’interpretazione [del comma 2 Art. 80 TU 309/90], un elemento non richiesto e spurio, rispetto alla ratio della disposizione, di profilo mercantilistico, ma di impossibile accertamento, con gli ordinari strumenti di indagine dei quali il giudice può processualmente disporre; quindi, del tutto immaginario“. Tuttavia, Sezioni Unite Primavera non ha totalmente abbandonato la ratio della “saturazione“ del mercato degli stupefacenti, bensì ha solo modificato i parametri ai sensi dei quali va misurata siffatta saturazione. Ovverosia, più dettagliatamente, Sezioni Unite Primavera ha specificato che “l’ aggravante di cui al comma 2 Art. 80 TU 309/90 è da ritenersi integrata quando, pur non raggiungendo valori massimi, la quantità di stupefacente è tale da creare condizioni di agevolazione del consumo nei riguardi di un rilevante numero di tossicofili, secondo l’apprezzamento del giudice di merito che, vivendo la realtà sociale del comprensorio territoriale nel quale opera, è da ritenersi in grado di apprezzare specificamente la ricorrenza di tale circostanza [aggravante – dell’ ingente quantità – ex comma 2 Art. 80 TU 309/90]“. Tuttavia, anche tale nuovo concetto di “saturazione“ territoriale del mercato delle droghe non è rimasto per nulla pacifico. Infatti, in definitiva, le Sezioni Unite Primavera avevano enunziato null’altro che una sfumatura del criterio mercantilistico, il quale, in buona sostanza, era stato ripristinato, pur con qualche apparente differenziazione inerente, secondo il linguaggio delle Sezioni Unite Primavera, “la verifica concreta della situazione degli scambi di stupefacenti nella zona territoriale di riferimento“. Dunque, nella realtà applicativa concreta, le Sezioni Unite Primavera, dopotutto, non si erano molto discostate dalla ratio mercantilistica degli Anni Novanta del Novecento. Sicché, talune Sezioni della Corte Suprema avevano deciso di non seguire le Sezioni Unite Primavera, ritenendo integrato il comma 2 Art. 80 TU 309/90 in presenza di almeno tre fattori aggravanti:

  1. l’oggettiva eccezionalità del quantitativo sotto il profilo ponderale
  2. il grave pericolo per la salute pubblica, derivante dallo smercio di tale quantitativo ingente
  3. la possibilità di soddisfare richieste di numerosissimi consumatori per l’elevatissimo numero di dosi ricavabili

Questa interpretazione, molto vicina, per il vero, al modello esegetico svizzero della BetmG federale, è stata accolta in Cass., sez. pen. IV, 12 luglio 2011, n. 33314, Cass., sez. pen. IV, 1 febbraio 2011, n. 9927, Cass., sez. pen. IV, 24 settembre 2003, n. 44518, nonché in Cass., sez. pen. VI, 23 gennaio 2008, n. 10384. In tutti i summenzionati Precedenti, i tre criteri pocanzi citati abbandonavano, totalmente e finalmente, il criterio della saturazione territoriale, la quale, per la verità, reca una rilevanza eminentemente e prettamente statistica e criminologica, che non rientra per nulla nelle competenze valutative del Magistrato del merito. E’ illogico pretendere dal Magistrato una conoscenza circa l’ andamento del traffico illecito delle droghe, che sfuggono ad una quantificazione attendibile, in tanto in quanto trattasi pur sempre di un “mercato nero“. Anche Cass., sez. pen. VI, 26 maggio 2010, n. 20119 ( ripresa da Cass., sez. pen.  VI, 26 novembre 2010, n. 42027 e da Cass., sez. pen. VI, 8 marzo 2011, n. 9029 ) afferma che non si può richiedere al Magistrato di analizzare “dati numerici e medie di valori […] rispecchianti l’intero panorama nazionale [o locale] dei traffici di stupefacenti“, giacché le Sentenze dell’ AG si fondano su Norme giuridiche e non su calcoli di statistica o di ragioneria applicata. Tuttavia, a parere di chi redige, forse l’origine dell’ intera problematica risiede nella pessima formulazione, lata e generica, del comma 2 Art. 80 TU 309/90. Infatti, Cass., sez. pen. IV, 29 settembre 2011, n. 38794 nota che “il bisogno di maggiore certezza, in sede applicativa, si scontrava e si scontra [salvo provvidenziali modifiche legislative, ndr] con un dato normativo – il disposto di cui al comma 2 Art. 80 TU 309/90 – privo di qualsiasi riferimento a soglie quantitative [ponderali, numeriche ed esplicite] in grado di delineare il conceto di ingente quantità  utilizzato dal Legislatore […]. Forse gioverebbe forzare la scelta normativa [troppo generica] di non ingabbiare la valutazione giudiziale entro parametri rigidamente prefissati“. Tale favore giurisprudenziale verso un approccio “numerico“, ben più preciso, è presente anche in Cass., sez. pen. VI, 12 luglio 2011, n.  33314, Cass., sez. pen.  IV, 3 giugno 2010, n. 24571, Cass., sez. pen. III, 14 luglio 2011, n. 30237, Cass., sez. pen. III, 13 luglio 2011, n. 35144, Cass., sez. pen. III, 18 marzo 2011, n. 16447 nonché in Cass., sez. pen. V, 14 luglio 2011, n. 36362. In effetti, anche a parere di chi scrive, il comma 2 Art. 80 TU 309/90 non brilla certo in fato di chiarezza. Sarebbe auspicabile, de jure condendo, una qualificazione maggiormente “matematica“ dei lemmi “ingente quantità“.


Potrebbero interessarti anche:


4. Le Sezioni Unite Biondi ed il criterio ponderale

Cass., SS.UU., 20 settembre 2012, n. 36258 (Sezioni Unite Biondi) hanno introdotto il criterio numerico-ponderale, in tanto in quanto “bisogna conciliare la posizione già espressa nel 2000 [nelle Sezioni Unite Primavera] con l’ineliminabile esigenza di conferire determinatezza alla fattispecie [ex comma 2 Art. 80 TU 309/90, ossia all’ ingente quantità] […] Necessita un criterio discretivo fondato su un parametro numerico […]. Infatti, in realtà, è lo stesso Legislatore che valorizza il dato quantitativo in sede di delineazione delle fattispecie criminose punite dal TU 309/90, attribuendo rilievo al sistema tabellare, che, come noto, gradua il disvalore delle condotte su una scala crescente [nell’ Art. 75 TU 309/90] ed assegna rilevanza esimente ai limiti minimi di quantità stupefacente detenibile ad uso personale“. Anche in Dottrina, non sono mancati svariati Autori che hanno salutato con grande favore, dopo molti anni di confusione esegetica, la scelta giurisprudenziale di pre-determinare dei limiti numerici afferenti alla ratio della “ingente quantità“. D’altra parte, anche la nozione di “uso personale“ abbisogna di essere livellata sulla base di cifre numeriche che fughino dubbi ed incertezze ermeneutiche. Sezioni Unite Biondi, finalmente, ha compreso che non è abnorme o illogico “algebrizzare“ il comma 2 Art. 80 TU 309/90. Non si poteva proseguire con qualificazioni troppo soggettivistiche, discrezionali e non ancorate a dosi ponderalmente e numericamente prefissate. Sezioni Unite Biondi, nel 2012, ha sostenuto che, per evitare delimitazioni arbitrarie, “l’ interprete [rectius: il Magistrato di merito] ha il compito di individuare una soglia al di sotto della quale, secondo i dati offerti dalla fenomenologia del traffico di sostanze stupefacenti, non si può parlare di ingente quantità […] [Ma] è più corretto ragionare, anziché in termini di peso complessivo della sostanza, in termini di dosi-soglia, calcolate sulla base dell’ effettiva quantità di principio attivo riscontrata nella sostanza detenuta, ovverosia sulla base dell’ effettiva efficacia drogante della sostanza, in conseguenza del diverso grado di purezza della stessa“. Ora, per coniugare peso lordo della sostanza e quantità netta del principio attivo drogante, le Sezioni Unite Biondi hanno adottato, sempre su base matematica, un moltiplicatore pari a 2.000 volte il valore massimo in milligrammi, determinato, per ogni tipologia di sostanza, dalla tabella allegata al DM 11 aprile 2006. Quindi, usato, come unità di misura, il valore-soglia delle tabelle del DM 11 aprile 2006, e tenuto conto dell’effettivo tenore drogante della dose lorda, le Sezioni Unite Biondi hanno numericamente (pre)detrminato e calcolato quando si ha o, viceversa, non si ha un “ quantitativo ingente “ ex comma 2 Art. 80 TU 309/90. In definitiva, Sezioni Unite Biondi hanno statuito che “facendo riferimento alle singole sostanze indicate nella tabella allegata al DM 11 aprile 2006, non si può ritenere ingente un quantitativo di sostanza stupefacente che non superi di 2.000 volte il predetto valore-soglia [ex DM 11 aprile 2006], spettando poi al giudice del caso concreto verificare se la fattispecie sottoposta al suo scrutinio possa essere effettivamente sussunta entro la previsione astratta di cui al comma 2 Art. 80 TU 309/90“. Naturalmente, come prevedibile, i valori-soglia indicati nel DM 11 aprile 2006 “sono suscettibili di modifiche ed adeguamenti nel corso del tempo“, in tanto in quanto Sezioni Unite Biondi non esclude il mutamento della composizione chimica delle sostanze, delle mode tossicomaniacali e delle sempre nuove conoscenze medico-forensi e tossicologiche. Ciononostante, come asserito da De Lillo (2015), le Sezioni Unite Biondi sono state parzialmente rese inadeguate dalla L. 49/2006, che ha abrogato la distinzione, assurda a parere di chi scrive, tra droghe “pesanti“ e droghe cc.dd. “leggere“, che, ognimmodo, psico-fisicamente “leggere” non sono affatto. Anche la Sentenza della Consulta n. 32/2014 ha condotto all’abrogazione degli Artt. 13 e 14 TU 309/90, disciplinanti le tabelle allegate al TU 309/90. Per colmare le lacune provocate da Consulta n. 32/2014, il Legislatore ha poi promulgato la L. 79/2014, che reintroduceva le tabelle risalenti al 2006. Attualmente, dopo il DL 36/2014, sussistono quattro tabelle per gli stupefacenti illegali/semi-legali, più una tabella disciplinante i medicinali, ad uso umano e veterinario, contenenti sostanze stupefacenti, psicotrope o psicoattive

5. I problemi derivanti dal criterio ponderale dopo Consulta n. 32/2014

Secondo Cass., sez. pen. III, 13 giugno 2014, n. 25176 (ripresa da Cass., sez. pen. III, 4 novembre 2014, n. 45458 nonché da Cass., sez. pen. III, 18 gennaio 2016, n. 1609) “il rinnovamento del quadro normativo di riferimento rende necessaria una profonda rivalutazione dei criteri stabiliti dalle Sezioni Unite Biondi, non più attuali alla luce del novum legislativo. […]. E’ stato fatto venire inevitabilmente meno il contesto ordinamentale in cui era stata forgiata la soluzione ermeneutica delineata dalle Sezioni Unite Biondi, privando così queste ultime di quegli appigli testuali, sistematici e teleologici posti a supporto del suo iter motivazionale“. In special modo, dopo il DL 36/2014, ma soprattutto dopo Consulta n. 32/2014, le nuove tabelle ripropongono la distinzione, a parere di chi redige comunque infondata, tra droghe “pesanti“ e droghe “leggere“. Per conseguenza, secondo Cassazione 25176/2014, Cassazione 45458/2014 nonché Cassazione 1609/2016, anche il concetto di “ingente quantità“, ex comma 2 Art. 80 TU 309/90, va adeguato a tale diversità qualificatoria tra sostanze “pesanti” e sostanze “leggere“ (leggere ?, ndr). Anche in Dottrina, Viganò & Della Bella (2014) hanno rimarcato che, dopo Consulta n. 32/2014, le Sezioni Unite Biondi non hanno più senso, in tanto in quanto “ la nuova modulazione normativa ha ( rectius: avrebbe ) spezzato l’equiparazione tra tipologie di stupefacenti [pesanti e leggeri] […] e ha reso il nuovo quadro legislativo difficilmente compatibile con un’interpretazione soltanto aritmetica [e ponderale], dunque automatica, dell’aggravante dell’ingente quantità ex comma 2 Art. 80 TU 309/90“.

6. Precedenti tutt’ oggi favorevoli al criterio ponderale delle Sezioni Unite Biondi

Cass., sez. pen. VI, 14 novembre 2014, n. 47907 reputa che “i criteri [ponderali] indicati nelle Sezioni Unite Biondi rimangono applicabili anche a seguito delle novellazioni [del TU 309/90] poiché la L. 79/2014 ha reintrodotto la nozione di quantità massima detenibile, alla luce del comma 2 Art. 80 TU 309/90 [in tema di ingente quantità]”. Si consideri pure, come rimarcato da Cass., sez. pen. VI, 15 ottobre 2014, n. 46301, che, ex Art. 2 L. 79/2014, “è previsto che riprenda, dopo Consulta n. 32/2014, a produrre effetti il DM 11 aprile 2006, quindi l’indicazione dei limiti quantitativi massimi delle sostanze stupefacenti riferibili all’uso esclusivamente personale“. Similmente, Cass., sez. pen. VI, 4 febbraio 2015, n. 6331 precisa che “non si è verificato alcun mutamento di rilievo tale da giustificare, alla luce della novella normativa, un ripensamento dei criteri orientativi elaborati dalle Sezioni Unite Biondi nella vigenza della precedente disciplina sanzionatoria“. Analogo parere conservatore, rispetto al criterio ponderale, è stato espresso pure da Cass., sez. pen. VI, 6 maggio 2015, n. 20140, Cass., sez. pen. VI, 11 dicembre 2015, n. 49143, Cass., sez. pen. VI, 17 ottobre 2014, n. 43463, nonché da Cass., sez. pen. IV, 20 giugno 2014, n. 32126. Del resto, come sottolineato da Cass., sez. pen. VI, 15 ottobre 2014, n. 46301, “la Sentenza di Consulta n. 32/2014 non ha causato, in fondo, una radicale rivisitazione della disciplina penale degli stupefacenti, […] e ciò in quanto la declaratoria di incostituzionalità era fondata esclusivamente su ragioni procedurali. A ciò si agiunga che la rimodulazione delle tabelle attuata dalla recente novella non ha modificato i parametri qualitativi e quantitativi a cui hanno fatto riferimento le Sezioni Unite Biondi nel 2012“.

Interessante è pure Cass., sez. pen. IV, 23 novembre 2016, n. 49619, la quale difende Sezioni Unite Biondi, in tanto in quanto Consulta n. 32/2014 “non ha fatto venir meno la validità di un criterio, come quelo elaborato dalla Sentenza Biondi, che, pur introducendo un parametro matematico, esclude qualsiasi automatismo applicativo, disancorato dalla rigorosa verifica delle circostanze del caso concreto, facendo comunque salva la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando sia superato il parametro quantitativo per la detrminazione della quantità ingente di sostanza stupefacente [ex comma 2 Art. 80 TU 309/90]“. Probabilmente, Cass., sez. pen. IV, 23 novembre 2016, n. 49619 intende rimarcare con vigore che il criterio quantitativo non è assolutizzato, nel metodo Biondi, grazie alla contestuale ed altrettanto importante rilevanza del grado di purezza dello stupefacente detenuto non per uso personale. Infatti, nelle Sezioni Unite Biondi, quantità e qualità della sostanza vanno esaminate entrambe con la medesima diligenza valutativa. Non si tratta di un coefficiente algebrico ipostatizzato e, quindi, sganciato dalla concreta fattispecie processuale giudicanda. In effetti, nelle Motivazioni, Cass., sez. pen. IV, 23 novembre 2016, n. 49619 precisa che i criteri numerici di cui al DM 11 aprile 2006 “sono meri criteri orientativi […] flessibili [perché] la valutazione circa la configurabilità dell’ingente quantità [ex comma 2 Art. 80 TU 309/90], nel caso concreto, non è automatica, ma è rimessa al giudice di merito“. Dunque, in Cass., sez. pen. IV, 23 novembre 2016, n. 49619, il criterio ponderale è mitigato dalla contestualizzazione nel caso concreto. P.e., si ponga mente ad altri criteri-satellite come il tenore drogante dello stupefacente o la sua pericolosità in fatto di potenziali overdoses di massa. Anche in Dottrina, molti Autori hanno negato che le Sezioni Unite Biondi siano riconducibili ad un c.d. “automatismo aritmetico“ svincolato dalla concreta fattispecie esaminata. Tale è pure il recente parere di Cass., sez. pen. III, 14 novembre 2016, n. 47978, poiché “l’intervento del Legislatore, nel 2014, re-introducendo il concetto di quantitativo massimo detenibile e rivitalizzando il DM 11 aprile 2006, ha definitivamente rafforzato la validità dell’ opzione ermeneutica della Sentenza Biondi, fondata proprio sulla valutazione del concetto ponderale [comunque mai assolutizzato, ndr]“. Tuttavia, costituirebbe un grave errore non coniugare il dato quantitativo con quello qualitativo. L’ essenziale, nelle Sezioni Unite Biondi, non è la quantità lorda, bensì la quantità rapportata al principio attivo contenuto effettivamente nella sostanza sequestrata. Sezioni Unite Biondi non riduce affatto il Magistrato del merito ad una sorta di doganiere munito della sola bilancia. Inoltre, ogni infrazione penale al TU 309/90 va sempre poi circostanziata adeguatamente e dettagliatamente.

Giova pure ricordare che Sezioni Unite Biondi ha patito una difficile applicazione pratica in tema di haschisch e marjuana. Ovverosia, come precisato dall’Ufficio del Massimario, Relazione n. 06/2013, “ bisogna prendere in considerazione, come quantitativo massimo [per l’haschisch e la marjuana ] di principio attivo detenibile quello di mg. 1.000, anziché quello di 500 mg., poiché il DM 4 agosto 2006 aveva aumentato da 500 mg. a 1.000 mg. il quantitativo massimo detenibile, ma tale DM è poi stato annullato dal Tar del Lazio, Sezione III, Sentenza del 21 marzo 2007, n. 2487. Da ciò consegue [ … ] che, per rispettare le proporzioni e rendere omogeneo il principio affermato da Sezioni Unite Biondi alle conseguenze dell’annullamento del citato DM 1 agosto 2006, il quantitativo minimo di principio attivo di sostanza stupefacente di tipo haschisch o marjuana, al di sotto del quale è ravvisabile la circostanza aggravante [dell’ingente quantità] ex comma 2 Art. 80 TU 309/90, deve essere necessariamente pari al doppio di quello da essa erroneamente indicato e, dunque, a 4.000 e non a 2.000 volte il quantitativo di principio attivo [di haschisch o di marjuana] che può essere detenuto in un giorno, corrispondente a 2 Kg. di principio attivo, che, del resto, corrisponde a quanto ipotizzato immaginando un quantitativo lordo di sostanza [haschisch o marjuana] pura al 5 %“. Come si può notare, Ufficio del Massimario, Relazione n. 06/2013 ha precisato che la distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere, ossia haschisch e marjuana, crea molti disagi esegetici, in tanto in quanto la “lieve entità“ ex comma 5 Art. 73 TU 309/90, ostacola l’ applicazione del comma 2 Art. 80 TU 309/90, allorquando sono lievi “ la modalità o le circostanze dell’ azione, ovvero [ esiste lieve entità ] per la qualità e la quantità delle sostanze“. Si può agevolmente dedurre che le Sezioni Unite Biondi vanno adattate alla fattispecie della “lieve entità“ relativa all’ haschisch ed alla marjuana. Anche Cass., sez. pen. III, 14 novembre 2016, n. 47978, con afferenza alla cannabis, parla della sussistenza “di diverse caratteristiche per ciascuna sostanza […] [Vi sono] […] differenti peculiarità per ciascuna sostanza“. Tuttavia, a parere di chi commenta, rimane fermo, sotto il profilo tossicologico, che haschisch e marjuana non sono sostanze “leggere“, specialmente dopo molti mesi di uncinamento. Chi scrive critica negativamente i miti abolizionisti costruiti attorno ai cannabinoderivati, la cui dannosità psico-fisica non è affatto da sottovalutarsi

Volume consigliato:

La disciplina dei reati in materia di stupefacenti

Forte della consolidata esperienza degli Autori, l’opera si pone quale strumento utile al Professionista per affrontare la trattazione dei reati in materia di stupefacenti, nell’ambito dell’aula giudiziaria.Aggiornato alla recente giurisprudenza, il volume costituisce una vera e propria guida, privilegiando l’analisi degli aspetti operativi e processuali e fornendo una rassegna giurisprudenziale al termine di ogni singolo capitolo.L’opera si completa di un dettagliato indice analitico che permette un’agevole consultazione, realizzando il diretto richiamo a tutte le singole questioni trattate.Il volume include una rassegna giurisprudenziale al termine di ciascun capitolo.Santi BolognaMagistrato ordinario con funzioni di giudice distrettuale per le indagini preliminari presso il Tribunale di Caltanissetta, già Giudice del dibattimento presso la Prima sezione penale del Tribunale di Caltanissetta. Docente, ad incarico, nella materia del Diritto penale presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali costituita dall’Università degli studi di Enna Kore, negli anni accademici 2017-2021. Ha curato la redazione dei Capp. I, III, V.Alessandro BoscoMagistrato ordinario in tirocinio presso il Tribunale di Roma, già abilitato all’esercizio della professione forense. Dottore di ricerca in Diritto pubblico presso l’Università degli studi di Roma «Tor Vergata», Cultore della materia presso l’Università LUISS «Guido Carli» di Roma e l’Università degli studi di Roma «Tor Vergata». Ha curato la redazione dei Capp. XI, XII, XIII.Alfredo SpitaleriMagistrato dal 2017, è Giudice del Tribunale di Siracusa dove ha svolto fino al 2020 le funzioni di Giudice del dibattimento penale. Si è occupato di numerosi e rilevanti procedimenti in materia di Criminalità organizzata, stupefacenti e reati contro la persona. Attualmente svolge le funzioni di Giudice civile presso lo stesso Tribunale. Ha curato la redazione dei Capp. II, IV, VI, VII, VIII, IX, X.

Santi Bologna, Alessandro Bosco, Alfredo Spitaleri | 2021 Maggioli Editore

42.00 €  33.60 €

 


Bibliografia:

  • Castronuovo, Clausole generali e Diritto Penale, in Diritto Penale Contemporaneo, 14 novembre2012
  • De Lillo, Spaccio e detenzione personale nella nuova disciplina in materia di stupefacenti, in Trattato di Diritto Penale. Riforme 2008-2015, a cura di  Cadoppi & Canestrari &Manna &
  • Papa, UTET, Torino, 2015
  • De Vero, Corso di Diritto Penale, Vol. I, II Edizione, Giappichelli, Torino, 2012
  • Engisch, Introduzione al pensiero giuridico, trad. it., Giuffrè, Milano, 1970 (edizione fuori corso)
  • Fiandanca & Musco, Diritto Penale, parte generale, VI ed., Zanichelli, Roma, 2009
  • Manes, Principi costituzionali in materia penale, Diritto Penale sostanziale, Giurisprudenza sistematica aggiornata al settembre 2013, www.cortecostituzionale.it
    Mantovani, Diritto Penale, parte generale, IX Ed., Cedam, Padova, 2015
  • Marinucci & Dolcini, Manuale di Diritto Penale, ed. aggiornata da Dolcini & Gatta, Giuffrè,Milano, 2015
    Veluzzi, Le clausole generali. Semantica e politica del Diritto, Giuffrè, Milano, 2010
  • Viganò & Della Bella, Convertito il dl. 146/2013 sull’ emergenza carceri: il nodo dell’ Art. 73 comma 5 TU Stup., in Diritto Penale Contemporaneo, 24 febbraio 2014

 

Dott. Andrea Baiguera Altieri

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento