L’ex coniuge non può più pretendere la componente assistenziale dell’assegno, ma ha diritto alla liquidazione della componente compensativa, che verrà calcolata tenendo conto di diversi fattori.
La questione era stata rimessa alle Sezioni Unite con l’ordinanza n. 28995/2020 con la quale la Prima Sezione della Corte di Cassazione aveva richiesto un intervento ai sensi dell’art. 374, secondo comma c.p.c. ponendo il seguente quesito di diritto: “se, instaurata la convivenza di fatto, definita all’esito di un accertamento pieno su stabilità e durata della nuova formazione sociale, il diritto dell’ex coniuge, sperequato nella posizione economica, all’assegno divorzile si estingua comunque per un meccanismo ispirato ad automatismo, nella parte in cui prescinde di vagliare le finalità proprie dell’assegno, o se siano invece praticabili altre scelte interpretative che, guidate dalla obiettiva valorizzazione del contributo dato all’avente diritto al patrimonio della famiglia e dell’altro coniuge, sostengano dell’assegno divorzile, negli effetti compensativi suoi propri, la perdurante affermazione, anche, se del caso, per una modulazione da individuarsi nel contesto sociale di riferimento.”
Nel dettaglio, la Sezione rimettente dissente dall’orientamento secondo il quale la convivenza more uxorio sia idonea, laddove abbia i caratteri della stabilità e della continuità, a far cessare automaticamente il diritto all’assegno divorzile. Tale consolidata giurisprudenza muove dall’assunto secondo il quale, in virtù del già citato principio di auto-responsabilità, l’ex-coniuge che decide coscientemente di intraprendere una nuova convivenza accetta, come conseguenza, quella di un detrimento della precedente posizione di vantaggio. Sicché in questo caso, al pari delle nuove nozze, non sarebbe necessaria alcuna valutazione da parte del giudice una volta accertata la costituzione della nuova famiglia.
Il motivo del dissenso è da rinvenire nella riconosciuta funzione retributivo-compensativa dell’assegno divorzile da parte delle Sezioni Unite nella sentenza n. 18287/2018.
Invero, posto che la ratio dell’assegno è quella di ristorare l’ex coniuge per quanto fatto e sacrificato nell’interesse della famiglia e dell’altro coniuge, non può escludersi per intero il diritto allo stesso qualora il beneficiario economicamente più debole instauri una stabile convivenza.
Ne consegue che, secondo la Sezione rimettente, tramite una lettura evolutiva che si emancipi dall’ottica meramente assistenziale dell’assegno divorzile, il diritto all’assegno possa permanere anche in caso di nuova convivenza, ferma restando la possibilità per il giudice di una modulazione dello stesso.
La decisione delle Sezioni Unite
La Corte chiarisce che: “come modalità più idonee di liquidazione dell’assegno limitato alla componente compensativa l’erogazione di esso per un periodo circoscritto di tempo, o la sua capitalizzazione, allo stato attuale possibili soltanto previo accordo delle parti, e valorizza l’importanza dell’attività propositiva e collaborativa del giudice, degli avvocati e dei mediatori familiari per raggiungere la soluzione più rispondente agli interessi delle persone”.
“In un settore della società di così veloce evoluzione e di così profonda incidenza sui diritti e sulla vita delle persone sarebbe stato auspicabile, ed è stato più volte invocato in dottrina, un intervento del legislatore per attualizzare e rendere maggiormente satisfattiva degli interessi coinvolti la disciplina normativa relativa alle ricadute patrimoniali della crisi coniugale. In questa situazione, scrivono i giudici, si è lasciato alla giurisprudenza il difficile compito della interpretazione della normativa esistente”.
Il principio di diritto
Le Sezioni Unite, pronunciando su questione di massima di particolare importanza, hanno affermato i seguenti principi di diritto:
– L’instaurazione da parte dell’ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno.
– Qualora sia giudizialmente accertata l’instaurazione di una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche all’attualità di mezzi adeguati o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, mantiene il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell’ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa.
– A tal fine il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare; della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio; dell’apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge. Tale assegno, anche temporaneo su accordo delle parti, non è ancorato al tenore di vita endomatrimoniale né alla nuova condizione di vita dell’ex coniuge, ma deve essere quantificato alla luce dei principi suesposti, tenuto conto altresì della durata del matrimonio.
Sul punto:”Coppie di fatto: la registrazione all’anagrafe e i contratti di convivenza”
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