L’avvalimento è l’istituto che consente agli operatori economici privi di taluni requisiti previsti dal bando di gara di essere ammessi alla gara avvalendosi dei requisiti di altro soggetto.
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Indice
1. L’istituto dell’avvalimento
Tale istituto, di derivazione europea, consente di soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e organizzativo. La disciplina nazionale è contenuta nell’articolo 89 del Codice appalti. Si tratta di un contratto con cui l’impresa ausiliaria si obbliga verso l’ausiliata a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto. Generalmente il contratto di avvalimento è singolo. Talvolta, l’avvalimento può essere plurimo, laddove l’impresa ausiliata si avvale di più imprese ausiliarie; o frazionato, qualora l’impresa ausiliata, per soddisfare i requisiti previsti dal bando, ricorre a più imprese ausiliarie, le quali non possiedono i requisiti singolarmente ma soltanto nel loro insieme. Non è invece ammesso l’avvalimento c.d. a cascata. Pertanto, l’impresa ausiliaria non può avvalersi a sua volta di altra impresa ausiliaria. Nella pronuncia in esame il Consiglio di Stato, sentenza n. 2526 del 25 marzo 2021, affronta la problematica dell’avvalimento c.d. premiale.
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2. I fatti ad oggetto del giudizio
La stazione appaltante ha indetto una procedura aperta per l’affidamento, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dell’appalto misto delle forniture e dei lavori per la realizzazione di un progetto. Il disciplinare di gara indicava i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale che i concorrenti avrebbero dovuto possedere per essere ammessi alla gara e ne autorizzava l’avvalimento. Il medesimo disciplinare elencava i criteri di valutazione dell’offerta tecnica ai quali la Commissione giudicatrice avrebbe dovuto attenersi nell’attribuzione dei relativi punteggi, valorizzando le caratteristiche delle forniture proposte dai concorrenti, la qualità dei servizi aggiuntivi offerti dal concorrente, l’organizzazione, la qualifica e l’esperienza dei tecnici impiegati, la durata dei servizi successivi alla vendita e alla assistenza tecnica. Alla gara partecipava, tra gli altri, un operatore economico in forma di raggruppamento temporaneo di imprese ed allegando il mancato possesso di alcuni dei requisiti prescritti dalla lex specialis, dichiarava di volersi avvalere, quale imprese ausiliarie:
- di un soggetto A) per coprire la carenza dei due requisiti di capacità tecnico-professionale richiesti dal bando;
- di un soggetto B) per coprire la carenza del requisito di capacità economico-finanziaria incentrato sul fatturato medio dell’ultimo triennio e dei requisiti di capacità tecnico-professionale richiesti in relazione ad ulteriore voce;
- di un soggetto C) per coprire la carenza dei requisiti di capacità tecnico-professionale richiesti dal bando in relazione ad ulteriore voce.
Con i contratti di avvalimento, ciascuna delle imprese ausiliarie si impegnava a mettere a disposizione dell’ausiliata, per tutta la durata dell’appalto, i requisiti di cui quest’ultima era carente e le connesse risorse (mezzi, attrezzature, personale).
3. La sentenza affronta l’istituto dell’avvalimento c.d. premiale
Con il primo motivo di gravame, l’appellante lamenta un indebito ed abusivo utilizzo dell’istituto dell’avvalimento, al quale la controinteressata aggiudicataria avrebbe fatto ricorso non solo ai fini del soddisfacimento dei requisiti partecipativi di cui non era concretamente in possesso, ma anche allo scopo, travalicando la funzione tipica dell’istituto, di conseguire una migliore valutazione della propria offerta tecnica. Il Consiglio di Stato, sentenza n. 2526 del 25 marzo 2021 affronta la problematica dell’avvalimento c.d. premiale, ovvero la possibilità dell’utilizzo dell’istituto dell’avvalimento ai fini del riconoscimento di un punteggio maggiore nella valutazione dell’offerta tecnica. La sentenza premette che la problematica dell’avvalimento c.d. premiale ha diviso la giurisprudenza del giudice amministrativo. Ad avviso della Sezione, però, si tratta di un contrasto apparente e ne spiega le ragioni. Ciò che vieta la Giurisprudenza è l’avvalimento meramente premiale, il cui scopo sia, cioè, esclusivamente quello di conseguire, non sussistendo alcuna concreta necessità dell’incremento delle risorse, una migliore valutazione dell’offerta. Pertanto, quello che risulta risolutivo, per poter ammettersi l’avvalimento ai fini del riconoscimento di un punteggio maggiore nella valutazione dell’offerta tecnica, è la circostanza che il ricorso all’istituto operi a favore di un operatore che, senza ricorrere a tale istituto, sarebbe effettivamente privo dei requisiti di partecipazione ovvero di chi, potendo ugualmente concorrere, miri esclusivamente al miglioramento della proposta negoziale. Per quanto attiene alla ratio dell’istituto dell’avvalimento, si tratta dell’ampliamento della platea dei potenziali concorrenti alle procedure evidenziali, nella prospettiva del favor partecipationis, attraverso l’abilitazione all’accesso di operatori economici che, nonostante non siano in possesso dei requisiti stabiliti dagli atti di gara per l’ammissione dell’operatore economico, siano in grado di acquisirli grazie all’apporto di soggetti terzi, che ne garantiscano la messa a disposizione per la durata del contratto. Appare del tutto fisiologica l’eventualità che l’operatore economico concorrente ricorra all’avvalimento al fine di conseguire requisiti di cui è carente e, nello strutturare e formulare la propria offerta tecnica, contempli nell’ambito della stessa anche beni prodotti o forniti dall’impresa ausiliaria ovvero mezzi, attrezzature, risorse e personale messi a disposizione da quest’ultima: nel qual caso è evidente che i termini dell’offerta negoziale devono poter essere valutati ed apprezzati in quanto tali, con l’attribuzione dei relativi punteggi, nella prospettiva di una effettiva messa a disposizione della stazione appaltante all’esito dell’aggiudicazione e dell’affidamento del contratto. Se si sostenesse il contrario, si finirebbe per contraddire il canone di par condicio dei competitori, risulterebbe frustrata la stessa finalità pro-concorrenziale e la garanzia di una più ampia partecipazione di concorrenti.
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