Lo spoils system in Italia: caratteristiche e limiti

Lo spoils system è istituto fulcro tra le relazioni che intervengono tra politica ed amministrazione. Il termine è mutuato dai sistemi di common law.

Lo spoils system è istituto fulcro tra le relazioni che intervengono tra politica ed amministrazione. Il termine, mutuato dai sistemi di common law e precipuamente dal sistema americano, caratterizza una parte dell’apparato amministrativo, quello dirigenziale, come di stretta estrazione fiduciaria, legando la “vita “delle figure apicali dell’amministrazione all’avvicendamento dei diversi esecutivi.

Indice

1. Il concetto di spoils system


Con il termine spoils system, “sistema delle spoglie o del bottino”, si intende il meccanismo di sostituzione automatica o semi-automatica degli organi dirigenziali di vertice dell’amministrazione in occasione del subentro di un nuovo esecutivo, in modo da consentire al legislatore di mantenere il legame fiduciario con coloro che sono chiamati a dare attuazione alle scelte compiute dagli organi politici.1[1]
L’espressione spoils system risale a un discorso del senatore statunitense W.L. Marcy, fidato sostenitore del presidente Andrew Jackson, durante il quale pronunciò la frase “to the victors belong the spoils” (le spoglie appartengono ai vincitori), da intendersi nel senso che il vincitore delle elezioni sostituiva, in toto, le strutture amministrative con i propri fedelissimi.[2]
Oltre alla facoltà concessa alla politica di nominare un alto numero di funzionari apicali nei posti chiave dell’apparto burocratico, un altro carattere centrale dello spoils system è rappresentato dagli incarichi dirigenziali che hanno la stessa durata dell’organo politico che li ha nominati.
Nella pratica, il meccanismo dunque, rivela un’intensa relazione tra potere politico e dirigenza amministrativa. Grazie allo spoils system l’esecutivo in carica ha facoltà di affidare la guida della macchina amministrativa a dirigenti “di fiducia” in grado di sostenerlo nel raggiungimento degli obiettivi prefissati nel proprio programma politico/elettorale.
In un sistema così strutturato, entrambe le parti, quella politica e quella burocrata, hanno profili di convenienza: La politica riesce ad assicurarsi un controllo sull’attività amministrativa, mentre la parte amministrativa riesce a garantirsi nomine ed incarichi, talvolta fino alla fine della propria carriera.
Non mancano, però, profili di difficoltà.
Lo spoils system è stato contrapposto al merit system. In base al quale la titolarità degli uffici pubblici viene assegnata a seguito di una valutazione oggettiva della capacità di svolgere le relative funzioni, senza tenere conto dell’affiliazione politica dei candidati agli uffici.
 Se è vero quanto su affermato, è pur vero che vi è, nell’alveo di un sistema a bottino, una funzionale perdita di autonomia e prestigio da parte della dirigenza, con conseguenziale riduzione in termini di performance da parte della politica che ne riceve meno.
Elementi di criticità dunque sono stati, espressamente nel sistema italiano, rilevati da più parti dando vita ad un importante dibattito giurisprudenziale.
Sono state sollevate più volte questioni di costituzionalità sulle modalità applicative della spoils system, che hanno generato, nel tempo, un flusso di riforme, come di seguito si andrà ad analizzare.
In primis si è sottolineata, in una lettura costituzionale della materia, la necessità di una neutralità ed indipendenza della PA, che non in poche occasioni ha ribadito e rivendicato la propria autonomia.
Non di meno si è ribadita la necessità di considerare la Pa come al servizio della Nazione, di interessi generali e diffusi, e non esclusivamente della Politica.
Non da ultimo, non può essere tralasciato il principio della continuità amministrativa che tende a superare un precariato della parte burocratica dello stato: inevitabilmente, con un avvicendamento politico della dirigenza, tale principio appare con profili più sfocati ed instabili.
Pertanto la materia dei rapporti tra dirigenza e politica può essere, a tutt’oggi, considerata ancora una materia in fieri e magmatica, ben lontana da avere carattere di definitività.

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2. Il Sistema Italiano e La Prima Repubblica


Durante la prima Repubblica, forte è stata l’ingerenza della politica nell’assetto amministrativo. L’avvento di partiti con grande consenso elettorale ha comportato un rapporto diretto di dipendenza tra gli incarichi dirigenziali e la volontà politica.
Fino alla prima metà degli anni 90’ e fino all’avvento di “mani Pulite”, la politica è intervenuta sostanzialmente nell’amministrazione, facendo delle nomine dirigenziali una questione prettamente “fiduciaria”.
Con questo sistema l’amministrazione abdicava parte del suo potere e della sua autonomia in favore della politica, ricevendo in cambio sicurezza sulla propria carriera, posizione e inamovibilità, talvolta sino alla cessazione per limiti di età.
Se da una parte avveniva ciò, dall’altra parte in Italia la dirigenza era fortemente differenziata, difatti una parte della dirigenza inserita nei Ministeri godeva di una sostanziale inamovibilità dell’incarico, mentre la restante parte svolgeva un incarico basato proprio dalla precarietà e, per di più, la politica aveva il potere di sollevare tali incarichi senza una mera motivazione[3].
Questo sistema di nomine ha portato, con il passare del tempo, il sospetto di una classe dirigente permeata di clientelismo e poco incline all’efficienza, al rendimento e alla performance.
Sulla spinta anche dell’opinione pubblica, sempre più stanca di un settore pubblico inefficiente e politicizzato, si è reso necessario regolamentare e riformare il sistema delle nomine dirigenziali nel pubblico impiego.

3. Gli Anni 90 e Le Leggi Bassanini


Il punto di partenza di qualsiasi riflessione che riguardi il sistema delle spoglie non può che essere il principio di separazione tra politica e amministrazione, valore cardine dell’intera disciplina della dirigenza pubblica, in ragione del suo peculiare ruolo di congiunzione tra gli organi politici e quelli amministrativi.
Tale principio è stato introdotto nell’ordinamento nazionale dall’art. 51 della legge n. 142/1990, con riferimento alle autonomie locali, per poi essere esteso alle amministrazioni dello Stato dal d.lgs. n. 29/1993. Esso deve essere inteso nel senso che al ministro spetta solo il potere di indirizzo e controllo dell’attività amministrativa mentre alla dirigenza spetta l’attività di gestione amministrativa, con tutto quanto ne segue in termini di responsabilità[4]
 
Al fine di regolamentare una materia delicata e spinosa, furono introdotte le Leggi Bassanini (Legge 15 marzo 1997, n. 59, legge 15 maggio 1997 n. 127 (c.d. Bassanini-bis) e legge 16 giugno 1998, n. 191 (c.d. Bassanini-ter).
Tale assetto normativo aveva la finalità di regolamentare il cd. Spoils system, stabilendo i confini entro i quali tale sistema può muoversi, limitando il potere di ingerenza della politica sull’amministrazione e regolando, di conseguenza, i rapporti tra due dei poteri dello stato.
 Le leggi Bassanini rappresentarono una vera e propria riorganizzazione della PA. Da un lato, esse miravano a semplificare le procedure, a ridurre gli adempimenti burocratici, a sostituire l’autocertificazione ai certificati, a razionalizzare l’organizzazione complessiva del governo e del sistema amministrativo rifocalizzandolo intorno alle missioni fondamentali del sistema pubblico, ad applicare il principio di sussidiarietà come principio di razionalizzazione della distribuzione dei compiti tra le diverse articolazioni del sistema. Dall’altro le riforme miravano a ridefinire la cultura, le finalità e il modo di operare delle amministrazioni, dando la priorità alla qualità dei servizi e delle prestazioni e alla soddisfazione dei cittadini-utenti, anche mediante l’introduzione di tecniche di programmazione strategica, di misurazione e valutazione dei risultati, di valutazione della produttività e delle performance delle amministrazioni. È evidente che questo processo di riforma, inedito in Italia per complessità e dimensioni, non poteva non incidere anche sulla cultura, sulla disciplina, sulla organizzazione della dirigenza.[5]
Il punto di arrivo è dunque una dirigenza selezionata in base alle competenze, e poi premiata o punita, promossa o rimossa sulla base dei risultati, individuando indicatori di produttività o di performance il più possibile oggettivi, e organizzando meccanismi, procedure e organi di valutazione il più possibile indipendenti e affidabili.
Le riforme degli anni Novanta hanno cercato di affrontare il problema, ma non lo hanno del tutto risolto, residuando profili di criticità che hanno richiesto, come si vedrà, interventi successivi.
Non hanno sostanzialmente riformato le carriere speciali, prefettizia, diplomatica e militare, ancora rette dal regime della precarietà negli incarichi (e da una persistente influenza di tradizionali modelli gerarchici e gerontocratici). Per il resto della dirigenza (dello Stato e degli enti locali) hanno bensì introdotto regole nuove ispirate ai principi della distinzione dei ruoli tra politica e amministrazione, della autonomia e responsabilità dei dirigenti sul piano dei risultati, della temporaneità degli incarichi, della contrattualizzazione della dirigenza, della valutazione delle performance.
Un primo ed evidente limite delle Leggi Bassanini riguardava le cd. dirigenze delle amministrazioni ‘régaliennes’. Vi fu, su questo punto, una resistenza insormontabile. Giocò a questo proposito il fatto che prefetti e ambasciatori sono bensì dirigenti di importanti amministrazioni ma anche rappresentanti del Governo con responsabilità e compiti assai contigui a quelli della politica.[6]

4. Gli Anni 2000. Il Testo Unico del Pubblico Impiego e la L. 145/2002


Nella codificazione delle norme sul pubblico impiego, grande importanza hanno rivestito le novità in materia di Dirigenza. L’articolo 19 del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165, stabilisce che nelle nomine della dirigenza, la politica debba tenere conto della natura e delle caratteristiche dei programmi da realizzare, della rotazione del personale, delle attitudini e della capacità professionale del dirigente. L’incarico, inoltre, deve definire il trattamento economico, l’oggetto, gli obiettivi da raggiungere e la durata. In aggiunta, si supera la stabilità del rapporto di lavoro di lunga durata e si afferma la temporaneità degli incarichi dirigenziali, mentre gli incarichi dirigenziali di vertice rimangono legati alla durata in carica del Governo.[7]
Si arriva poi alla Legge Frattini, L. 145/2001 “Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l’interazione tra pubblico e privato”.
Con tale intervento normativoil controllo della politica sulla dirigenza si tramuta in un controllo teso a verificare la professionalità, la responsabilità ed il raggiungimento degli obiettivi.
Le novità introdotte dalla Legge Frattini possono così essere sintetizzate:
1)  La valutazione del dirigente basata sulle attitudini e capacità professionali e non sul principio di rotazione del personale;
2) durata massima degli incarichi di vertice e di livello generale, 5 anni per tutti gli altri incarichi e comunque per una durata non superiore alla legislatura, mentre non è indicata una durata minima;
3) i Dirigenti Generali decadono entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge stessa, mentre i dirigenti di vertici decano entro 90 giorni dall’entrata in vigore sono soggetti a nuova attribuzione (o implicitamente riconfermati).
Pertanto con l’introduzione della Legge del 2002, lo spoils system riceve nuovo rafforzamento: introduceva una prima ipotesi di spoils system, definito “a regime”, riguardante gli incarichi c.d. apicali di cui al comma 3 dell’art. 19 cit., che cessavano automaticamente decorsi novanta giorni dal voto di fiducia ottenuto dal Governo subentrante.
La seconda ipotesi di spoils system, c.d. una tantum, prevedeva la cessazione degli incarichi dirigenziali, di livello generale e di quelli di direttore generale di enti pubblici vigilati dallo Stato, al sessantesimo giorno dall’entrata in vigore della legge. Per gli incarichi dirigenziali di livello non generale, invece, si poteva procedere all’attribuzione di un nuovo incarico entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, decorsi inutilmente i quali si intende confermato l’incarico precedente.
Di guisa, considerata la precarietà della politica attuale, rispetto alla fissità della politica della Prima Repubblica con sistemi partitici maggiormente maggioritari, ne deriva una instabilità anche della classe dirigente italiana. Si instaura dunque, con tale intervento normativo, un principio dell’alternanza dirigenziale e amministrativo.
Soprattutto l’introduzione dello spoils system una tantum è stato valutato come pericoloso da molti, perché passibile di replicazione da parte di altri governi.

5. Le Pronunce della Corte Costituzionale in materia di Spoils system


Data l’opacità del meccanismo, la Corte Costituzionale si è pronunciata in più occasioni sulla legittimità dello spoils system.
In particolare, nella sentenza 233/2006, la Consulta ha confermato la validità dello spoils system, sostenendo come la necessità del buon andamento della pubblica amministrazione sia prioritario rispetto al principio di imparzialità – il quale in teoria osterebbe alla nomina di vertici amministrativi “parziali” verso l’esecutivo. La Corte ha però aggiunto come tale sistema non possa infrangere lo spazio riservato all’indipendenza della pubblica amministrazione (generalmente, quello legato all’attività della stessa), limitando quindi lo spoils system solo alle posizioni apicali ed escludendo la media dirigenza ed i vertici delle società pubbliche.
Tuttavia, il Giudice Costituzionale ha anche statuito che il sistema non può concretizzarsi in una precarietà inaccettabile della dirigenza. Pertanto, con la sentenza 103/2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 7, della L. 145/2002, nella parte in cui prevede che gli incarichi dirigenziali interni cessino automaticamente al di fuori delle ipotesi di una accertata responsabilità dirigenziale in presenza di determinati presupposti ed all’esito di un procedimento di garanzia puntualmente disciplinata.
 La Corte ritiene invalidi alcuni punti dettati dalla Legge Frattini come, in particolare, l’interruzione automatica “una tantum” del rapporto di lavoro prima della sua scadenza naturale, che viola i principi di continuità e di buon andamento dell’azione amministrativa, rischiando di provocare una disfunzione dell’apparato amministrativo.
Inoltre, altro punto focale riguarda la contrattualizzazione della dirigenza che non autorizza la pubblica amministrazione, o meglio la politica, a recedere liberamente dal rapporto di lavoro.
Difatti, anche laddove sia prevista una contrattualizzazione per i dirigenti di vertice, questa comporta una flessibilizzazione patrimoniale, ma non certo un recesso unilaterale, perché anche qui si andrebbe a violare il principio della continuità dell’azione amministrativa, dato che il dirigente non verrebbe messo in condizione di svolgere il proprio lavoro per un tempo sufficiente, coincidente con la scadenza naturale del contratto. Infine, la revoca delle funzioni legittimamente conferite ai dirigenti può essere conseguenza solamente di un’accertata responsabilità dirigenziale fatta valere in un procedimento dove sia assicurato il diritto alla difesa del dirigente a cui si contesta la responsabilità, motivando il recesso solo con particolari condizioni, come l’inadeguatezza del dirigente stesso. [8]
Il principio appena enunciato è stato ribadito anche nella sentenza 161/2008, con la quale la Corte ha riaffermato che il meccanismo di spoils system automatico non superi il vaglio di legittimità degli artt. 97 e 98 della Costituzione e leda il principio di buona amministrazione sotto il profilo della continuità dell’azione amministrativa: la cessazione automatica di un incarico può comportare la disfunzione dell’apparato amministrativo.
Da ultimo, con la sentenza 23/2019, la Consulta ha invece dichiarato la legittimità costituzionale dello spoil system previsto per i segretari comunali. Giustificandola in ragione della particolare disciplina che regolamenta tale figura e delle molteplici e variegate funzioni alla stessa attribuite. Che rendono la previsione di tale meccanismo un “un non irragionevole punto di equilibrio tra le ragioni dell’autonomia degli enti locali, da una parte, e le esigenze di un controllo indipendente sulla loro attività, dall’altro”.[9] 

6. La Riforma Brunetta


La riforma Brunetta ha affrontato solo marginalmente la materia dello spoils system, attraverso la previsione, nell’ambito della dirigenza pubblica, di tre misure:
 1) rafforzando la disciplina delle ipotesi di incompatibilità per tutelare maggiormente l’autonomia della dirigenza dall’autorità politica e dai sindacati;
2) riducendo le percentuali di incarichi esterni, per il conferimento dei quali l’autorità politica dispone di maggiore discrezionalità;
3) consentendo il mancato rinnovo solo in caso di valutazione negativa del dirigente e prevedendo che il Comitato dei garanti verifichi l’effettivo utilizzo dei sistemi di valutazione ai fini del conferimento e della mancata conferma degli incarichi.[10]

7. Conclusioni


Quella dello spoils system, nonostante il travaglio normativo e giurisprudenziale rimane ad oggi una materia fluida, ma con pilastri sanciti dalla Corte Costituzionale.
Si può dunque affermare che l’universo di applicazione dello spoils system è di natura residuale, potendosi applicare esclusivamente ed in toto alle figure dirigenziali apicali. (Sebbene, però, la riforma Brunetta non abbia in maniera tassativa indicato quali, tra i dirigenti, possano rientrare in tale gruppo.)
Vi è da evidenziare, in ogni caso, come per tale materia vi sia stato un dispiego di forze e investimenti da parte della politica molto importante: basti pensare ai numerosi interventi normativi nell’arco di poco più di un decennio.
Ciò è sintomatico del fatto che il principio di separazione tra i poteri dello stato non soddisfa del tutto la parte esecutiva, che necessita in ogni caso di un rapporto più stringente con l’apparato amministrativo, al fine della realizzazione dei propri obiettivi.
Il che fa propendere per la possibilità, in futuro, di nuovi interventi normativi.

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Note


[1] F. Caringella, (2022). Manuale ragionato di diritto amministrativo, Dike, Roma, pag. 649 e ss.
[2] M. Clarich (2022). Manuale di diritto amministrativo. il Mulino, Bologna, pag. 402 e ss.., tramite iusinitinere.it
[3] Bassanini F., Potere politico e dirigenze amministrative, elearning.unitelma.it, 2007.
[4] Organizzazione amministrativa e garanzie dell’imparzialità. Funzioni amministrative e funzionari alla luce del principio di distinzione tra politica e amministrazione. Diritto pubblico, vol.15, fasc.1, pagg. 57-100. – tramite iusinitinere.it
[5] F. BASSANINI – POTERE POLITICO E DIRIGENZE AMMINISTRATIVE – pag. 9
[6] F. BASSANINI – POTERE POLITICO E DIRIGENZE AMMINISTRATIVE pag. 16- tratto da Astrid rassegna on line
[7] Pinto F., Bassanini, Brunetta e i gattopardi nella difficile riforma della pubblica amministrazione, www.astrid-online.it, 2010- tramite Diritto.it
[8]  Tirelli S., Recesso per responsabilità dirigenziale, poteri datoriali privati della pubblica Amministrazione ed effettività della tutela del dirigente, www.diritto.it, 2011.
[9] Iusinitinere.it- Spoils system: il parere del Consiglio di Stato n. 1979/2022 – Di Catello D’Auria 2022.
[10] www.ildirittoamministrativo.it L’evoluzione dello spoils system dalla privatizzazione del pubblico impiego alla riforma Brunetta passando per la giurisprudenza costituzionale. GIUSEPPE VISCONTE

Rossella Apolito

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