La fattispecie dello stalking è stata introdotta solamente con il “Decreto Sicurezza”, convertito con la legge del 24 aprile 2009 n. 28, il quale ha avuto l’importante compito di disciplinare l’art. 612 c.p. (vale a dire gli atti persecutori).
Nella realtà condominiale lo stalking può essere definito come la condotta delittuosa posta in essere mediante comportamenti molesti e persecutori avverso i vicini di casa, tali da far insorgere dei gravi e durevoli stati d’ansia, frustrazione e paura. Tali sentimenti provocano quale immediata conseguenza la modifica delle proprie abitudini.
Gli elementi caratterizzanti questa fattispecie sono:
- reiterazione della condotta (non è sufficiente un solo episodio) e
- conseguenze negative nella vita delle vittime.
Nella realtà condominiale, questo reato può essere posto in essere mediante diversi comportamenti, quali, a titolo esemplificativo, il lavaggio ripetuto del pianerottolo nonostante la vicina si fosse lamentata della sua allergia al detersivo utilizzato, l’abbandono la spazzatura negli spazi comuni, l’avvelenamento degli animali domestici ecc.
Il delitto in esame può realizzarsi anche con i rumori molesti, vale a dire la confusione e il fragore posto in essere al solo scopo di arrecare un pregiudizio ai vicini (è necessario che sussista l’elemento soggettivo, cioè la volontà di porre in essere una condotta lesiva).
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Lo stalking condominiale viene menzionato la prima volta dalla Corte di Cassazione con la sentenza della n.20895 del 25.05.2011, in cui era stato ricondotto a questa fattispecie (e non al delitto di minaccia o di violenza) il comportamento di un uomo (affetto da una grave sindrome maniacale) che aveva ripetutamente aggredito fisicamente e minacciato di morte alcune donne del palazzo.
La Suprema Corte ha precisato che il crimine si può perpetrare nei confronti di più individui.
Nel caso di specie, erano state riconosciute come vittime anche alcune donne che, nonostante non fossero il bersaglio diretto del persecutore, avevano comunque subito conseguenze negative, vivendo in uno stato d’ansia e trovandosi costrette a modificare le proprie abitudini. Per questo motivo, l’imputato è stato condannato per stalking ai danni di tutte le donne abitanti all’interno del palazzo.
Allo stesso modo, la Corte di Cassazione, con la sentenza n.39933 del 26.09.2013, ha ravvisato la fattispecie di stalking condominiale nella condotta del vicino che gettava quotidianamente rifiuti di ogni genere nel giardino della vittima la quale, a causa di questo comportamento, soffriva di gravi e perduranti stati di ansia e sensazioni di pericolo per la propria incolumità.
Qualora si fosse vittime di stalking condominiale, bisognerà innanzi tutto rivolgersi all’amministratore, il quale ha il compito di mediare tra le Parti tentando la via conciliativa che dovrebbe portare a dirimere la questione.
Tuttavia, nel caso in cui una tale soluzione non fosse sufficiente, la vittima può presentare una richiesta di ammonimento al Questore, per il tramite dell’autorità di pubblica sicurezza, ai sensi dell’art. 8 D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modifiche in legge 23.04.2009 n. 38.
Qualora anche questo strumento non fosse sufficiente per far interrompere la condotta delittuosa, si rende necessario presentare una denuncia (entro sei mesi dalla realizzazione dei fatti).
Il giudice, dopo aver verificato la sussistenza del fatto (che possono essere dimostrati con la sola dichiarazione della vittima, dopo che si è verificata la sua credibilità ed attendibilità), potrà emettere un’ordinanza restrittiva, con cui impone allo stalker di lasciare la propria abitazione e di non avvicinarsi a più di 500 mt..
Nel caso di una sentenza di condanna nei confronti di uno dei condomini, l’amministratore è tenuto a informare ufficialmente tutti gli altri.
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