Non è punibile chi commette il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo
Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo
La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall’ altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ ha costretta a commetterlo
Indice
- La ratio fondamentale dell’ Art. 54 CP
- L’ Art. 54 CP nella Giurisprudenza di legittimità italiana
- Precedenti della Suprema Corte in tema di Art. 54 CP.
- Fame/stato d’ indigenza/furto vs. Art. 54 CP
1. La ratio fondamentale dell’ Art. 54 CP
Il lemma “ pericolo “, nel comma 1 Art. 54 CP, indica una forza naturale, animale, oppure un potenziale danno proveniente da una violenza umana. Nelle terza sopravvenienza, ovverosia quella della violenza umana, il danno va concentrato su un terzo, in tanto in quanto, se diretto verso l’ aggressore, in tal caso si configurerebbe la legittima difesa ex Art. 52 CP.
Molto importante è pure l’ attributo “ attuale “, connesso al sostantivo “ pericolo “. A tal proposito, il previgente Codice Zanardelli utilizzava l’ espressione “ pericolo imminente “. Viceversa, il Codice Rocco punta l’ accento più sulla probabilità, sulla potenzialità del nocumento, anche se, in definitiva, si tratta di scelte de jure condendo sostanzialmente equipollenti.
Sempre nel comma 1 Art. 54 CP, l’ aggettivo “ grave “ riferito al danno alla persona, necessita di una contestualizzazione, che può essere effettuata soltanto dal Magistrato del merito, attraverso una prudente valutazione della singola fattispecie concreta. Si tratta, in buona sostanza, di una fattualizzazione che, necessariamente, prescinde da parametri generali precostituiti ed onnicomprensivi. Da notare è pure che il “ danno grave alla persona “, nel comma 1 Art. 54 CP, è ope legis reputato maggiormente rilevante del danno ad animali o beni mobili o immobili. In effetti, anche sotto un profilo intuitivo, il “ danno grave alla persona “ è sempre e comunque riferito al diritto alla vita ed all’ integrità fisica. Tuttavia, Cassazione 10772/1981 afferma che i lemmi “ danno grave alla persona “ “vanno estesi, nella loro applicazione, anche ad altri diritti alla persona, come quello all’ onore o al pudore. Si pensi la caso della bagnante che, rimasta senza vestiti, ruba il vestito altrui. [ … ] In generale, il grave danno alla persona va esteso a tutti i diritti della personalità“.
Alcuni Precedenti di legittimità hanno altresì sostenuto che l’ Art. 54 CP tutela tutti i beni della persona costituzionalmente garantiti. Altre Sentenze hanno asserito che il comma 1 Art. 54 CP tutela tutti i diritti della persona o correlati alla persona, come il diritto alla proprietà privata, il diritto ad un alloggio stabile, il diritto alla privacy ed il diritto al lavoro. All’ opposto, Cassazione 2784/1981 è più restrittiva e interpreta il “ danno grave alla persona “ come collegato a beni vitali non a contenuto patrimoniale. Più moderatamente, Cassazione 7183/2008 sostiene che “sono inclusi nell’ ambito della scriminante [ ex Art. 54 CP ] [ anche ] quei diritti che, pur avendo natura patrimoniale, riguardano la sfera dei diritti fondamentali della persona, come il diritto all’ abitazione”
Il comma 1 Art. 54 CP precisa pure che il pericolo non dev’essere stato provocato dal soggetto agente. Il requisito dell’ involontarietà del pericolo, purtroppo, non è altrettanto presente nell’ Art. 52 CP in tema di legittima difesa. Ad onor del vero, la non volontarietà del pericolo è una ratio assai nebulosa, che necessita di una scrupolosa contestualizzazione giurisprudenziale. P.e., l’ automobilista che sterza e provoca l’ investimento di un passante per evitarne un altro non può invocare lo stato di necessità, ex Art. 54 CP, qualora egli guidasse a velocità troppo sostenuta. Dunque, l’ applicabilità, o meno, dell’ Art. 54 CP dipende anch’ essa dalla singola fattispecie concreta.
Più nitido è, senz’ altro, il comma 2 Art. 54 CP ( “ Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo “ ). Nella Giurisprudenza di legittimità degli Anni Duemila, il comma 2 Art. 54 CP è stato applicato non soltanto alle forze dell’ ordine, ma anche agli agenti di vigilanza privata, i quali, per via contrattuale, accettano l’ esposizione a particolari pericoli.
In ogni caso, in Giurisprudenza, l’ “ inevitabilità “ del pericolo vitale, ex comma 1 Art. 54 CP, non costituisce affatto una ratio pacifica. P.e., in Cassazione 4903/1997, si precisa che “ il soggetto si deve trovare in uno stato [ assoluto ] di costrizione cioè di impossibilità a decidere altrimenti. [ Ma ] l’ esimente in questione [ ex Art. 54 CP ] non sussiste quando l’ agente poteva darsi alla fuga, oppure quando poteva ricorrere all’ Autorità “
Il comma 1 Art. 54 CP puntualizza che il fatto dev’essere “ proporzionato “ al pericolo. Anche il comma 1 Art. 52 CP utilizza i lemmi “ sempre che la difesa sia proporzionata all’ offesa “, ma la Dottrina afferma che, nel caso dello stato di necessità, la ratio della “ reazione proporzionata “ rileva maggiormente, in tanto in quanto il danno, nell’ Art. 54 CP, ricadrà su un terzo estraneo o su un oggetto altrui. Naturalmente, come prevedibile, il requisito della “ proporzionalità “ del fatto non può essere valutato come se si trattasse di una formula matematica. Dunque, spetta al Magistrato del merito focalizzarsi sul “ grado di pericolo “ cui è esposto il soggetto agente. Anche in tal caso, pertanto, la “ proporzione “ dev’essere fattualizzata dal Giudice a seconda della valutazione dell’ intera vicenda processuale. Di nuovo, viene in parola la ratio della “contestualizzazione“, giacché, soprattutto negli Artt. 52 e 54 CP, non esistono parametri universali o onnicomprensivi. Donde, il ruolo centrale del libero e prudente apprezzamento del Magistrato. Non esistono criteri algebrici per la precettività, o meno, della circostanza scriminante ex Art. 54 CP. Di solito, in Dottrina, la “proporzionalità“ è valutata sulla base di almeno quattro parametri, ossia, l’ elemento soggettivo, le modalità di realizzazione, il grado del pericolo che minaccia il bene ed il grado di probabilità di salvarlo attraverso l’ azione necessitata. Al giudice spetta, poi, il compito, certamente non facile, di bilanciare tutte le predette variabili, a seconda del caso concreto.
La problematica del bilanciamento dei beni tutelabili ex Art. 54 CP va risolta, sempre e comunque, in sede giurisprudenziale, giacché soltanto il Magistrato, contestualizzando di volta in volta, è in grado di trovare l’ esatto equilibrio tra diritti proteggibili e diritti sacrificabili nella fattispecie dello stato di necessità. P.e., Cassazione 11863/1995, in tema di occupazione abusiva di immobili da parte di persone indigenti, ha statuito che “ in tale ipotesi, non si integrano gli estremi dell’ Art. 54 CP, in quanto questa situazione è più correttamente definibile come stato di bisogno e non << di necessità>>, [ … ] [ poiché ] esistono appositi strumenti di tutela degli indigenti per escludere l’ inevitabilità e la necessità dell’ occupazione abusiva “ Viceversa, la Giurisprudenza di merito si è sempre dimostrata maggiormente elastica rispetto a Cassazione 11863/1995 e riconosce spesso la scriminante dello stato di necessità a beneficio di soggetti in povertà alimentare costretti ad occupare abusivamente un bene immobile. Negli Anni Duemila, anche la Giurisprudenza di legittimità è mutata. P.e., Cassazione 35580/2007 ( assai simile a Cassazione 24290/2003 ) ha reputato che “ [ nel caso di occupazione abusiva di un immobile ] il concetto di danno grave alla persona [ ex comma 1 Art. 54 CP ] può essere esteso, in armonia con quanto stabilito dall’ Art. 2 Cost. [ in tema di diritti inviolabili dell’ uomo ], anche a quelle situazioni che minacciano solo indirettamente l’ incolumità fisica, riferendosi esse [ ex Art. 2 Cost. ] alla sfera primaria dei diritti [ fondamentali ] ricollegati alla personalità, come quello all’ abitazione, in quanto l’ esigenza di un alloggio rientra tra i bisogni primari di una persona, fermo restando che, dovendosi, in tal caso, comprimere i diritti di terzi estranei, va attentamente vagliata dal Giudice l’ esistenza dei parametri costitutivi dell’ esimente ( necessità ed evitabilità [ ex comma 1 Art. 54 CP ] ) “. L’ interpretazione giurisprudenziale dell’ Art. 54 CP è stata fondamentale, negli Anni Sessanta e Settanta del Novecento, in tema di torture psicofisiche ai terroristi nel nome della presunta nonché legittima “tutela della collettività nazionale “. Tuttavia, come prevedibile, la Suprema Corte non ha mai sussunto la tortura nel campo precettivo scriminante dello “ stato di necessità “. Analoga ratio vige quanto al tema delle mafie ex Art. 416 bis CP. Del pari, il furto o la rapina commessi dal tossicodipendente cronico nulla hanno a che fare con lo “ stato di necessità “, in tanto in quanto l’ eventuale crisi di astinenza costituisce un “ pericolo volontariamente causato “ alla luce del comma 1 Art. 54 CP. Interessante è pure Cassazione 1702/1990, ai sensi della quale “ chi guida senza patente per trasportare un malato grave deve dimostrare l’ assoluta impossibilità di utilizzare altri mezzi di soccorso, pubblici o privati, sì che l’ unica possibilità residua fosse quella di mettersi personalmente alla guida, pur non avendo mai conseguito la patente “ Come si può notare dai summenzionati esempi, l’ Art. 54 CP risulta estremamente e radicalmente condizionato dalle varie interpretazioni giurisprudenziali. La precettività, o meno, dell’ Art. 54 CP, in fondo, è una variabile prettamente dipendente dalla discrezionalità del Magistrato giudicante. Forse poche altre Norme come l’ Art. 54 necessitano di un costante, variabile, fluttuante apporto esegetico, da parte della Giurisprudenza. Certamente, l’ Art. 54 CP non reca mai una cogenza algebricamente nitida o automatica.
2. L’ Art. 54 CP nella Giurisprudenza di legittimità italiana
La ratio basilare dell’ Art. 54 CP è ben individuata da Cassa, sez. pen. II, 25 settembre 2014, n. 43078, ovverosia, sotto il profilo del meccanismo strutturale, “ l’ esimente di cui all’ Art. 54 CP richiede, per la sua configurabilità, che, nel momento in cui l’ agente agisca contra jus, al fine di evitare un danno grave alla persona, il pericolo sia imminente e, quindi, individuato e circoscritto nel tempo e nello spazio “ Tuttavia, sotto il profilo civilistico, lo “ stato di necessità “ non ostacola la responsabilità civile ed il risarcimento dei danni, poiché, ex Art. 2045 CC “ quando chi ha compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, e il pericolo non è stato da lui volontariamente causato, né era altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuta un’ indennità, la cui misura è rimessa all’ equo apprezzamento del giudice “. Dunque l’ Art. 54 CP reca due presupposti necessari: la situazione di pericolo e l’ azione lesiva necessitata.
Il lemma “ pericolo “, nell’ Art. 54 CP, sta ad indicare un danno non patrimoniale, bensì fondamentale e legato, ex Art. 2 Cost. , ai “ diritti inviolabili dell’ uomo “, come il diritto alla vita, all’ integrità fisica ed ala dignità morale. E’ opportuno, inoltre, precisare che, sotto il profilo eziologico, il “ pericolo “ può essere cagionato, agli effetti dell’ Art. 54 CP, da un atto umano, da un atto animale o da forze spontanee della natura. In terzo luogo, il danno derivante dallo “ stato di necessità “ dev’ essere patito da un terzo estraneo diverso dall’ aggressore e mai giuridicamente imposto o autorizzato dall’ Ordinamento giuridico. Da rimarcare è pure la “ imminenza “ e la ragionevole “ probabilità “ del pericolo. Esiste pure un sottile, perenne collegamento tra l’ Art. 54 CP e gli Artt. 45 e 46 CP, nei quali la volontà reattiva del soggetto agente è però ridotta a zero, ossia:
Art. 45 CP – Caso fortuito o forza maggiore
Non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore
Art. 46 CP – Costringimento fisico
Non è punibile che ha commesso il fatto per esservi stato da altrui costretto, mediante violenza fisica, alla quale non poteva resistere o comunque sottrarsi. In tal caso, del fatto commesso dalla persona costretta risponde l’ autore della violenza
Assai sintetica ed illuminante, con afferenza al lemma “ pericolo “, nell’ Art. 54 CP, è, specialmente, Cass., sez. pen. II, 14 aprile 2015, n. 19714, a norma della quale “ lo stato di necessità non potrà essere invocato da colui che con il proprio comportamento, cosciente e volontario, abbia determinato l’ insorgere della situazione di pericolo, essendo irrilevante la mancata previsione o la volontà del pericolo stesso. Il pericolo, dunque, non deve essere stato volontariamente causato dall’ agente. Lo stato di necessità è incompatibile con situazioni di pericolo volontariamente cagionate dallo stesso soggetto attivo e richiede l’ esistenza di una situazione di pericolo, attuale, di un danno grave alla persona non altrimenti evitabile “ Come si può notare, Cass., sez. pen. II, 14 aprile 2015, n. 19714 si fonda, in definitiva, sul principale elemento costitutivo del dolo eventuale, il quale è, fondamentalmente, caratterizzato, anche nell’ Art. 54 CP, dall’ accettazione di un rischio non legalmente lecito. Il dolo eventuale rappresenta quasi sempre il profilo volontaristico predominante nelle dinamiche di cui all’ Art. 54 CP
Il secondo lemma fondamentale, nell’ Art. 54 CP, è “ necessità “. A tal proposito, la Giurisprudenza di legittimità italiana richiede sempre una necessità estremamente condizionata, al punto che tale stato necessario non abbia altra via d’ uscita se non la lesione di un bene personale del terzo coinvolto. Siffatta “ necessità “, per l’ applicazione dell’ Art. 54 CP, non può concretizzarsi in un pericolo blando, remoto, puramente ipotetico. Lo “ stato di necessità “ non deve avere altra alternativa, nei limiti della ragionevole “ proporzionalità “ della reazione. Taluni Precedenti della Suprema Corte parlano, con afferenza all’ Art. 54 CP, di una necessità “ non semplice “, bensì tale da annichilire qualsivoglia altra soluzione al pericolo imminente. Sempre a tal proposito, Cass., sez. pen. II, 7 febbraio 2013, n. 20171 afferma che “ è necessaria la sussistenza di una proporzione tra il pericolo ed il fatto lesivo realizzato [ … ] : Questo giudizio di proporzionalità deve riguardare non solo il valore dei beni confliggenti, ma anche tutti gli elementi caratterizzanti la situazione di fatto ( grado del pericolo, elemento soggettivo [ dolo eventuale ], modalità di realizzazione e grado di probabilità di salvare il bene vitale attraverso l’ azione necessitata ) “.
Parimenti, anche Cass., sez. pen. VI, 5 luglio 2012, n. 28155 precisa che l’ imputato deve sempre dimostrare che “ il bene minacciato prevale o risulta equivalente rispetto a quello sacrificato “. In ogni caso, tutti i precedenti di legittimità sostengono che l’ azione lesiva necessitata dev’ essere motivata da un pericolo oltremodo acuto e non diversamente evitabile. Di nuovo, quindi, l’ Art. 54 CP si conferma come una norma necessariamente e quasi interamente vivificata dalla Giurisprudenza, in tanto in quanto tutto dipende dalle singole circostanze concrete della fattispecie. E’ assurdo pretendere di effettuare una lettura algebrica o predeterminata dell’ Art. 54 CP, che reca, o non reca, una precettività di carattere eminentemente giurisprudenziale. Solo il Magistrato può concretizzare ed oggettivizzare il concetto giuridico di “ stato di necessità “.
La predetta, inevitabile e fors’anche ipertrofica “ giurisprudenzializzazione “ dell’ Art. 54 CP appare, in tutta la sua inevitabile evidenza, nella tematica dell’ occupazione abusiva di beni immobili. A tal proposito, Cass., sez. pen. II, 16 aprile 2013, n. 19147 si dimostra assai attenta alla solidarietà sociale, nel senso che “ l’ illecita occupazione di un bene immobile è scriminata dallo stato di necessità conseguente al danno grave alla persona, che può ben consistere anche nella compromissione del diritto di abitazione, sempre che ricorrano, per tutto il tempo dell’ illecita occupazione, gli altri [ due ] elementi costitutivi della scriminante, quali l’ assoluta necessità della condotta e l’ inevitabilità del pericolo “. Simile, sempre negli Anni Duemila, è pure Cass., sez. pen. V, 30 aprile 2010, n. 26159, ai sensi della quale “ ai fini dell’ integrazione dell’ esimente dello stato di necessità ex Art. 54 CP, [ … ] è necessario che il pericolo di un danno grave alla persona sia attuale ed imminente, o, comunque, idoneo a far sorgere nell’ autore del fatto la ragionevole opinione di trovarsi [ bisognoso di un alloggio ], non essendo all’ uopo sufficiente un pericolo [ astrattamente ] eventuale, futuro, meramente probabile o temuto; inoltre, si deve trattare di un pericolo non altrimenti evitabile “. Sotto il riguardo del Diritto Costituzionale, ed alla luce dell’ Art. 2 Cost., Cass., sez. pen. II, 27 giugno 2007, n. 15580 precisa che “ l’ alloggio altrui è occupabile in tutte quelle situazioni che minacciano, anche indirettamente, l’ integrità fisica del soggetto, riferendosi esse alla sfera dei beni primari, collegati [ ex Art. 2 Cost. ] alla personalità, tra i quali dev’ essere ricompreso il diritto all’ abitazione, in quanto l’ esigenza di un alloggio rientra tra i fabbisogni primari della persona [ … ] fermi restando i due requisiti [ ex comma 1 Art. 54 CP ] della necessità e dell’ inevitabilità, non potendo i diritti dei terzi essere compressi non in condizioni eccezionali e chiaramente comprovate “. Cass., sez. pen. II, 27 giugno 2007, n. 35580, come si vede, connette il comma 1 Art. 54 CP alla ratio dei “ diritti inviolabili dell’ uomo “ ex Art. 2 Cost., e tale impronta democratico-sociale, a sua volta, si collega al comma 1 Art. 8 CEDU, anch’ esso tutelante il diritto fondamentale ad un libero e dignitoso domicilio. Dunque, ancora una volta, l’ Art. 54 CP è precettivo solo allorquando si evidenzi la messa in pericolo dei diritti basilari della persona umana. In effetti, qualora manchi l’ urgenza improcrastinabile del pericolo, Cass., sez. pen. II, 16 gennaio 2015, n. 9655 asserisce che “ [ in tema di illecita occupazione di un alloggio popolare ] lo stato di necessità [ ex Art. 54 CP ] può essere invocato solo per un pericolo attuale e transitorio, e non può sopperire alla necessità di trovare un alloggio al fine di risolvere, in via definitiva, la propria esigenza abitativa, tanto più perché l’ edilizia popolare è destinata a risolvere le esigenze abitative dei non abbienti, attraverso procedure pubbliche e regolamentate “. Pertanto, Cass., sez. pen. II, 16 gennaio 2015, n. 9655 ribadisce che il comma 1 Art. 54 CP può essere precettivo solo nel caso di un “ pericolo attuale di un danno grave alla persona “. Ora, non tutti i pericoli sono qualificabili come gravemente urgenti ed assolutamente inevitabili. Anche Cass., sez. pen. II, 21 dicembre 2011, n. 4292 afferma che “ l’ occupazione arbitraria di un appartamento di proprietà della PA rientra nella previsione dell’ Art. 54 CP solo se ricorra il pericolo attuale di un danno grave alla persona, non coincidendo la scriminante dello stato di necessità con l’ esigenza dell’ agente di reperire un alloggio per risolvere i propri problemi abitativi”
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3. Precedenti della Suprema Corte in tema di Art. 54 CP
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- Cassazione 28067/2015: “ l’ illecita occupazione di un immobile è scriminata dall’ Art. 54 CP solo in presenza di un pericolo imminente di danno grave alla persona, non potendosi legittimare – nelle ipotesi di difficoltà economica permanente non connotata dal predetto pericolo – una illegale soluzione delle esigenze abitative dell’ occupante e della sua famiglia“
- Cassazione 9655/2015: “ lo stato di necessità può essere invocato solo per un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di trovare un alloggio, al fine di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa, tanto più perché l’ edilizia popolare è destinata a risolvere le esigenze abitative dei non abbienti, attraverso procedure pubbliche e regolamentate “
- Cassazione 51821/2018: “ [ in materia di rifiuti ], l’ applicabilità dell’ esimente di cui all’ Art. 54 CP è esclusa nei confronti del sindaco e del gestore di rifiuti che ne consentano il deposito senza autorizzazione, considerata la possibilità, per gli stessi, di stoccarli presso siti autorizzati, ovvero, per il sindaco, di emettere e, per il gestore, di richiedere a quest’ ultimo l’ emanazione di un’ ordinanza urgente per garantire una forma temporanea di smaltimento “
4. Fame/stato d’ indigenza/furto vs. Art. 54 CP
Cass., sez. pen. IV, 22 settembre 2021, n. 36160, in tema di furto di generi alimentari, ha asserito che “ la fame non è sufficiente a scriminare la condotta di chi abbia commesso un furto invocando lo stato di necessita di cui all’ Art. 54 CP [ … ] [ poiché ] difetta l’ attualità e l’ inevitabilità del pericolo, dato che è possibile far fronte [ alla fame per povertà ] attraverso mezzi leciti e tramite l’ assistenza sociale [ ?, ndr ] “
Anche Cass., sez. pen. V, 13 luglio 2015, n. 3967 ha condannato un furto con strappo motivato dall’ impossibilità di pagare una medicina urgente in farmacia
All’ opposto, Cass., sez. pen. V, 7 gennaio 2016, n. 18248 ha mandato assolto il “ furto per fame “ di un clochard, in tanto in quanto l’ Art. 54 CP è stato reputato precettivo “ vista l’ eccezionalità della situazione, che era tale da influenzare profondamente lo stato psicologico del reo, a causa del pericolo [ fisico ] che sarebbe derivato alla sua salute qualora non si fosse alimentato in un breve lasso di tempo “
Similmente, Cass., sez. pen. IV, 16 settembre 2019, n. 2241 ha concesso la scriminante di cui all’ Art. 54 CP “ purché lo stato di necessità non si basi su un [ vago ] criterio soggettivo insufficientemente riferito al solo stato d’ animo dell’ agente [ … ] [ L’ applicazione dell’ Art. 54 CP ] dev’ essere sostenuta da specifici [ e gravi ] fatti concreti, che giustifichino il convincimento di trovarsi in une determinata situazione di pericolo putativamente scriminata “
Cass., sez. pen. IV, 22 settembre 2021, n. 36160 afferma, nel solco della ratio giurisprudenziale prevalente, che “ la sola sofferenza economica ed il solo disagio economico [ … ] non sono idonei ai fini dell’ applicazione dell’ esimente [ ex Art. 54 CP ] laddove sia possibile ovviare alla fame mediante comportamenti non criminosi.
In Dottrina, con afferenza all’ Art. 54 CP, la maggior parte degli Autori critica la mancanza di una qualificazione giurisprudenziale univoca delle espressioni “ stato di indigenza, ristrettezza economica, stato di bisogno “. Anche il lemma “ fame “ non è coerentemente inserito, da parte della Suprema Corte, nel campo precettivo dell’ Art. 54 CP
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