di Giorgio Pallavicini
Capitolo 2
2.5 L’utilizzo del decreto-legge in materia tributaria
Come illustrato nei paragrafi precedenti, una caratteristica della produzione normativa fiscale è rappresentata dal fatto che il legislatore ricorre con frequenza all’utilizzo di decreti-legge e decreti legislativi.
Mentre i decreti legislativi sono emanati dal Governo su delega discrezionale del Parlamento, in quanto la Costituzione non stabilisce i casi in cui questa delega può avvenire, ma solo il contenuto che deve avere, il decreto-legge è un atto autonomo del Governo che subisce un controllo dal Parlamento soltanto dopo la sua entrata in vigore e per il quale la legge prevede limiti ben precisi.
L’articolo 77 della Costituzione prevede, infatti, che “il Governo non può, senza delega delle Camere emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità ed urgenza il Governo adotta sotto la sua responsabilità provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere (…)”.
Da questa disposizione si evince che il Governo non può esercitare questo potere in modo assolutamente libero dovendo rispettare i due limiti della necessità e dell’urgenza dell’intervento. Quindi il decreto-legge può essere utilizzato soltanto in situazioni particolari nelle quali non si può attendere il tempo necessario per la conclusione dell’iter legislativo ordinario.
In materia tributaria si parla tradizionalmente di decreti catenaccio per sottolineare l’esigenza di intervenire in modo rapido e senza preavviso in settori economici particolari in cui potrebbero verificarsi comportamenti distorsivi o fenomeni di accaparramento.
L’utilizzo del decreto-legge ha conosciuto, però, e non solo in materia tributaria, una espansione del tutto patologica, giustificata probabilmente dalla difficoltà di trovare maggioranze stabili in Parlamento. Sul punto sono intervenuti sia la Corte costituzionale, richiamando il Governo al rispetto dei presupposti previsti dalla Costituzione, sia il legislatore che con l’articolo 15 della legge 400 del 1988 ha dettato alcuni fondamentali principi circa l’utilizzo del decreto-legge in parte già ricavabili dall’articolo 77 della Costituzione.
In questo senso è intervenuto anche lo Statuto del contribuente[1] che, nell’articolo 4, prevede che non si possano disporre con decreto-legge nuovi tributi.
In tal modo si provvede ad integrare la disposizione dell’articolo 77 della Costituzione prevedendo, limitatamente alla materia fiscale, ulteriori limiti circa l’utilizzo di questo atto normativo con forza di legge.
L’introduzione dell’articolo 4 appare quindi di grande utilità istituzionale anche perché riconoscendo al solo Parlamento la possibilità di introdurre nuovi tributi implicitamente afferma il principio già conosciuto in altri ordinamenti del “no taxation without rapresentation”.
[1] Statuto del contribuente.
Articolo 4
1. Non si può disporre con decreto-legge l’istituzione di nuovi tributi né prevedere l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento