L’amministratore, ai sensi degli artt. 1130 e 1131 Cc, è legittimato alla riscossione delle quote condominiali necessarie per le spese di manutenzione delle parti comuni dell’edificio, e per l’erogazione del servizi comuni, senza necessità di autorizzazione assembleare.
L’obbligo del condomino di versare i contributi relativi alle parti comuni dell’edificio, infatti, deriva dalla gestione stessa dell’immobile e, quindi, è precedente all’approvazione da parte dell’assemblea del piano di riparto, che non costituisce affatto la fonte dell’obbligazione pecuniaria, limitandosi a dichiarare il relativo credito del condominio.
Ciò posto, il verbale di assemblea condominiale con il quale si indicano le spese occorrenti per la conservazione o il godimento delle parti comuni, al pari della delibera di approvazione del preventivo di spese straordinarie, costituiscono prova scritta idonea a fondare l’ingiunzione di pagamento, anche in assenza dello stato di ripartizione approvato dall’assemblea.
Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione, II sezione civile, nella sentenza n. 10621, pubblicata in data 28 aprile 2017.
Una condomina proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dall’amministratore del condominio per il pagamento dei contributi dovuti per alcuni lavori condominiali di ordinaria e straordinaria manutenzione.
L’opposizione veniva rigettata in primo grado e, a seguito di appello proposto dalla medesima condomina, la Corte d’Appello di Firenze confermava la sentenza impugnata sulla scorta del fatto che i lavori erano stati regolarmente ultimati e collaudati, e che l’assemblea condominiale aveva approvato il preventivo di spesa, risultando ininfluente l’omessa approvazione del prospetto di riparto, da ritenersi implicita con l’avvenuto pagamento da parte di tutti gli altri condòmini.
Propone ricorso per cassazione la condomina la quale denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1123 , 1130, 1135 Cc, 63 disp. att. Cc e 633 Cpc.
La Corte di Cassazione evidenzia che <<per il disposto degli artt. 1130 e 1131 cod. civ., l’amministratore del condominio ha la legittimazione ad agire in giudizio nei confronti del condomino moroso per la riscossione dei contributi, senza necessità di autorizzazione da parte dell’assemblea, mentre l’esistenza o meno di uno stato di ripartizione delle spese approvato dall’assemblea rileva soltanto in ordine alla fondatezza della domanda, con riferimento all’onere probatorio a suo carico (Cass. 2452/1994; 14665/1999)>>.
Fatta questa doverosa premessa, statuisce come <<l’obbligo del condomino di pagare al condominio, per la sua quota, le spese per la manutenzione e l’esercizio dei servizi comuni dell’edificio deriva dalla gestione stessa e quindi preesiste all’approvazione da parte dell’assemblea dello stato di ripartizione, che non ha valore costitutivo, ma solo dichiarativo del relativo credito del condominio>>.
Logica conseguenza di ciò è quella per cui <<il verbale di assemblea condominiale, contenente l’indicazione delle spese occorrenti per la conservazione o l’uso delle parti comuni, ovvero, come nel caso di specie, la delibera di approvazione del “preventivo” di spese straordinarie, costituisce dunque prova scritta idonea per ottenere decreto ingiuntivo pur in mancanza dello stato di ripartizione delle medesime>>.
Ed invero, il piano di riparto risulta necessario esclusivamente ai fini dell’ottenimento della clausola di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, ex art. 63 disp. att. Cc, dovendosi escludere, viceversa, <<che la delibera di approvazione assembleare del piano di ripartizione costituisca un presupposto processuale o una condizione dell’azione, posto che la legittimazione ad agire dell’amministratore per il pagamento della quota condominiale trova fondamento direttamente nelle disposizioni di cui agli artt. 1130 e 1131 c.c.>>.
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