In particolare la normativa di riferimento per il diritto di riscatto del conduttore è costituita dall’articolo 39 della legge n. 392 del 1978 secondo cui qualora il proprietario non provveda alla comunicazione al conduttore nel caso in cui intenda trasferire a titolo oneroso l’immobile locato o il corrispettivo indicato sia superiore a quello risultante dall’atto di trasferimento a titolo oneroso dell’immobile, l’avente diritto alla prelazione può, entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare l’immobile dall’acquirente e da ogni altro successivo avente causa.
I presupposti per l’esercizio del diritto di riscatto
Secondo l’art. 39 l. 392/78 il diritto di riscatto spetta, in primo luogo, qualora il proprietario/locatore dell’immobile non provveda alla notifica della denuntiatio al conduttore e venda l’immobile locato direttamente a terzi. Inoltre spetta qualora il corrispettivo indicato al conduttore nella denuntiatio sia superiore a quello risultante dall’atto di trasferimento a titolo oneroso dell’immobile stipulato con il terzo acquirente. L’elencazione delle ipotesi nelle quali è dato il riscatto ha carattere esemplificativo e non tassativo.
Di conseguenza il diritto di riscatto è attribuito al conduttore, non solo nello specifico caso in cui il prezzo indicato nella proposta sia stato numericamente maggiore, ma anche quando, a parità di importo, le modalità di pagamento siano più vantaggiose nel contratto con il terzo rispetto alla proposta. Allo stesso modo il conduttore ha diritto di esercitare il riscatto non solo nei casi in cui il locatore che ha alienato a terzi l’immobile abbia omesso di comunicargli tempestivamente il suo proposito di alienare, ma anche quando nella comunicazione sia stato omesso o erroneamente indicato il prezzo e le condizioni che, anche indirettamente, influiscono sui termini e le modalità del suo pagamento, come nel caso in cui la stipulazione dell’atto di vendita con il terzo sia stata effettuata in data successiva e diversa da quella indicata nella denuntiatio, comportando uno spostamento della data di pagamento del prezzo rispetto a quella che il conduttore avrebbe dovuto osservare in base alla denuntiatio stessa.
Riscatto e silenzio del locatore
Il conduttore d’immobile urbano a uso non abitativo, il quale, dopo la lesione del suo diritto di prelazione, per effetto di vendita del bene da parte del locatore senza la preventiva comunicazione dell’intento di alienare, non eserciti la facoltà di riscatto, nel termine prescritto, può reclamare il risarcimento del danno, derivante dal mancato acquisto, non a titolo di responsabilità contrattuale, stante la carenza di nesso causale fra quell’inadempimento del locatore e detto mancato acquisto, ma a titolo di responsabilità aquiliana del locatore medesimo o anche del terzo acquirente, ove vi sia stata una loro condotta rivolta a indurlo nel convincimento dell’insussistenza del trasferimento (e quindi a distoglierlo dall’onere di consultare i registri immobiliari per aver notizia del trasferimento stesso). È bene precisare però che il conduttore può domandare sia al venditore che al compratore il risarcimento del danno patito, a titolo di responsabilità extracontrattuale, per effetto della decadenza, ma a condizione che ne dimostri la rispettiva malafede, consistita nell’intento di tenerlo all’oscuro dell’avvenuto trasferimento.
Ciò in quanto, altrimenti, la possibilità del riscatto concessa al conduttore non consente, in mancanza della dimostrazione di un intento fraudolento diretto a impedirne l’esercizio, di riconoscere un nesso di causalità tra l’inadempimento dell’obbligo di denuntiatio ed il pregiudizio dell’interesse del conduttore all’acquisto dell’immobile. Come è stato recentemente sottolineato dalla Cassazione il silenzio o in genere la mancata cooperazione ai fini del successivo esercizio del diritto di riscatto non possano, di regola, considerarsi fonte di alcun obbligo risarcitorio nei confronti del conduttore il cui (eventuale) interesse all’acquisto, con diritto di prelazione, dell’immobile locato rimanga inattuato. Secondo i giudici supremi, quindi, per il configurarsi della malafede (e quindi del risarcimento), occorre un comportamento diverso e più articolato rispetto al semplice silenzio; un contegno cioè che magari ricomprenda il silenzio o l’inerzia del locatore, ma che tuttavia sia anche in grado di attribuire ad essi, in ragione di altre circostanze, artificiosamente create, un significato diverso e univoco da quello meramente neutro che di per sé quelli hanno: un significato in grado di infondere oggettivamente e univocamente nel conduttore il convincimento che quella vendita non sia stata operata e comunque a indurlo a non attivarsi per effettuare le opportune visure (Cass. civ., sez. III, 29/03/2022, n. 10136).
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