Locazione: contratti scritti a pena di nullità

Redazione 15/05/19
Il nuovo orientamento dalla Cassazione stabilisce che mentre tempo addietro erano ammessi contratti di locazione  stipulati anche in forma verbale, se la loro durata non superava i nove anni, ad oggi è necessaria la forma scritta per tutti i contratti di locazione immobiliare,fatta eccezione per pochissimi ipotesi tra cui la locazione a uso turistico.

L’ipotesi di nullità

La Corte di Cassazione ha così precisato che in caso di contratto non scritto ricorre l’ipotesi di nullità. La nullità potrà essere presentata dalla parte o d’ufficio dal giudice.

Alla nullità consegue che il locatore può chiedere l’immediata riconsegna dei locali e il conduttore può chiedere la restituzione di quanto devoluto in eccesso rispetto all’ammontare del canone individuato per immobili paragonabili dalle associazioni di categoria.

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L’arricchimento ingiusto

Qualora sia versato un importo superiore, il locatore avrebbe conseguito un arricchimento ingiusto. Un’unica ipotesi è che il proprietario è che sia stato il conduttore a richiedere un contratto in forma verbale, approfittando dello stato di necessità del conduttore, in quest’ultimo caso è solo il conduttore a poter proporre domanda di nullità del contratto.

Il vero problema della stipulazione di questi contratti è l’ipotesi di un canone superiore a quello concordato per iscritto. La circostanza è dunque volta a eludere il fisco. Nel caso di specie, sostiene la Corte, il contratto risulta valido, ma verrà dichiarata una nullità parziale nella parte di maggiorazione del canone, con conseguente restituzione all’inquilino dell’indebito.

 

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