Le procedure esecutive per locazione e rent to buy

Le procedure esecutive nel contratto di locazione e di rent to buy a cavallo tra diritto civile e commerciale e diritto processuale civile e tributario.

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Indice

1. Il caso


Al fine di meglio analizzare l’ordinanza della Terza Sezione della Corte di cassazione n. 6892 del 2024 in commento, appare opportuno ricostruire per punti il caso concreto, focalizzando fin da ora l’attenzione sui motivi di ricorso che saranno illustrati nei prossimi paragrafi e saranno oggetto di più puntuale dibattito e di collegamento con altre significative pronunce. 
Ebbene, possiamo provare ad individuare otto punti focali, così riassumibili:
1. La società Y faceva presente che la società X aveva notificato alla odierna ricorrente a mezzo “pec”, opposizione al precetto che le intimava il rilascio di un immobile sito in Roma, in ragione dell’intervenuta risoluzione per inadempimento del contratto corrente “inter partes”, oltre al pagamento della somma di Euro X, per canoni “rent to buy”.
2. L’una parte eccepiva il difetto di titolo esecutivo, l’altra, per contro, l’inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione.
3. A seguito di secondo accesso dell’ufficiale giudiziario sull’immobile da rilasciare, veniva proposta una ulteriore opposizione, così creando un ulteriore giudizio “inserito nel medesimo fascicolo” già esistente presso il primo giudice dell’esecuzione adito.
4. Nel merito, l’esito del giudizio consisteva nell’accoglimento parziale della prima opposizione, basata su titolo stragiudiziale costituito dal contratto di locazione traslativa cosiddetto “rent to buy” ed  intrapresa per il mancato pagamento dei canoni e non per lo spirare dei termini del negozio.
5. Ne conseguiva l’inidoneità del titolo a “fondare l’esecuzione per consegna o rilascio” dell’immobile e con essa la ritenuta inefficacia del precetto nella (limitata, visto il parziale accoglimento) parte relativa all’intimazione di consegna.
6. La seconda opposizione veniva ritenuta inammissibile per due ragioni:
a.- per non essere stata dimostrata l’esistenza di un processo esecutivo pendente;
b.- per la necessità di proporre tale opposizione “a differenza dell’opposizione a precetto”, sempre “dinanzi al giudice dell’esecuzione”.
7. Avverso la su indicata pronuncia veniva proposto ricorso per Cassazione basato su tre motivi e, soprattutto, sul presupposto della errata qualificazione della domanda come opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.
8. Giova ricordare, in ultima analisi e prima di scendere nei dettagli teorici e tecnici, i tre motivi di ricorso in Cassazione, poc’anzi citati:
1.-  Il primo motivo denunciava “violazione e falsa applicazione di norme di diritto”, con riguardo agli artt. 112, 615 e 617 c.p.c. nonché “omessa violazione [recte: valutazione] di una circostanza determinante”. Dunque, la censura consiste nella errata qualificazione della domanda come opposizione agli atti esecutivi;
2.- Il secondo motivo denunciava “violazione e falsa applicazione di norme di diritto”, con riguardo agli artt. 608, 615, 616, 618 e 618-bis c.p.c. In questo caso viene censurata la decisione del giudicante di ritenersi competente in relazione all’opposizione del Luglio 2021 (a scapito del giudice dell’esecuzione). Più precisamente, l’illegittimità di tale decisione veniva argomentata dalla ricorrente, ai fini della individuazione del giudice competente a decidere sull’opposizione ex art. 615 c.p.c.;
3.- Il terzo motivo denunciava “violazione e falsa applicazione di norme di diritto”, con riguardo agli artt. 474 c.p.c. e 1456 c.c. Veniva quindi censurata la decisione del Tribunale a mezzo della quale era stata circoscritta l’ammissibilità dell’esecuzione che risultava intrapresa sulla base di un titolo stragiudiziale notarile, alla sola pretesa relativa al pagamento dei canoni, e non pure al rilascio del bene. Giova ancora precisare, in relazione a questo particolare punto, che il rogito notarile recava una clausola risolutiva espressa per l’ipotesi di mancato pagamento, anche non consecutivo, di otto/8 canoni di locazione e che tale dato era stato espressamente richiamato nell’atto di precetto. Le indicazioni poc’anzi fornite devono essere fissate nella memoria per meglio comprendere l’enorme portata del paragrafo conclusivo di questo scritto. Per approfondire il tema delle esecuzioni, consigliamo il volume Manuale pratico dell’esecuzione mobiliare e immobiliare – Aggiornato al decreto PNRR-bis

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2. Motivazioni e basilari principi di diritto sulle procedure esecutive


Indicati i principali punti in fatto, si può proseguire nell’esame dei punti in diritto. Prima di tutto,  appare necessario soffermare l’attenzione sui profili processual-civilistici. Successivamente si avrà modo di esaminare i motivi di ricorso poc’anzi esposti, i quali si intrecciano non solo con il processuale civile, bensì anche con il diritto sostanziale, dal momento che, toccando il tema del titolo stragiudiziale e, dunque, del contratto di “rent to buy” si giunge, giocoforza, a toccare i settori del diritto tributario, diritto commerciale, diritto civile e diritto processuale tributario. Ebbene, giova precisare come uno dei principali errori commessi dal giudicante di cui si è cassata la pronuncia sia stato quello di accentrare nelle proprie mani un potere che non rispecchia il sistema bifasico delle procedure esecutive.
Specificando meglio l’inciso, la Corte di cassazione ha avuto modo di soffermare l’attenzione sulla fase esecutiva, chiarendo preliminarmente che “[…] è [consentito] l’eventuale esercizio dei […] poteri officiosi di verifica e controllo della regolarità di svolgimento dell’azione esecutiva, nonché dei suoi poteri di direzione del procedimento, che potrebbero determinare l’emissione (anche di ufficio) di provvedimenti tali da rendere superfluo lo svolgimento del merito dell’opposizione(così, in motivazione, Cass. Sez. III, Sent. 11 ottobre 2018, n. 25170, Rv. 651161-01).
Naturale conseguenza di questa affermazione è il secondo principio elaborato dalla Cassazione,  secondo il quale l’opposizione debba svolgersi necessariamente in due fasi:
1.- L’una, sommaria, dinanzi al giudice dell’esecuzione;
2.- L’altra, a cognizione piena, dinanzi al giudice del merito (“[…] Potrebbe mancare la seconda, se nessuna delle parti decidesse di introdurla; non potrebbe invece mancare la prima, propedeutica e inderogabile anche per l’ipotesi in cui l’opponente non intenda domandare l’adozione di provvedimenti urgenti […]”).
Affrontata la questione della struttura bifasica, la Corte di cassazione passa al livello successivo e  tocca il tema della nullità degli atti e, più precisamente, la nullità dell’atto di introduttivo dell’opposizione. Tale sanzione viene irrogata qualora tale atto non rispetti determinate regole formali, ovvero qualora l’opposizione non segua il “modello legale” che impone di rivolgersi direttamente al giudice dell’esecuzione, e non genericamente all’ufficio giudiziario, o addirittura espressamente al giudice competente a decidere la fase di merito della opposizione stessa” (così, nuovamente, Cass. Sez. III, sent. n. 25170 del 2018, cit.). Qualora l’atto non sia sanato, si applica il regime della improponibilità della domanda di merito delle opposizioni esecutive” (cfr., ancora una volta, Cass. Sez. 3, sent. n. 25170 del 2018, cit.).
Più precisamente, il caso concreto riguardava una prima opposizione introdotta con atto di citazione notificato  due giorni dopo la notifica del preavviso di rilascio.
Al riguardo il giudicante aveva seguito (applicando erroneamente i principi di diritto poc’anzi affermati) il seguente ragionamento, schematizzabile per punti:
1.- In primo luogo, dopo la notifica del preavviso di rilascio, l’organo giudicante constatava che “non risulta[va] essere seguita la formazione di un fascicolo dell’esecuzione”;
2.- Ancora, la società “X” non avrebbe potuto introdurre l’opposizione nelle forme del ricorso al giudice dell’esecuzione, perché “non risultava esistente un fascicolo dell’esecuzione”;
3.- Dunque, correttamente l’opponente aveva introdotto l’opposizione con atto di citazione, ed infondatamente la società “Y” avrebbe eccepito l’“incompetenza funzionale” del giudice adito.
Ebbene, tralasciando l’inconferente (ai fini della presente indagine) questione della competenza    funzionale, giova porre l’accento sulle questioni processuali. La Corte di cassazione si è soffermata sulla questione inerente alla formazione di un fascicolo dell’esecuzione a seguito del preavviso di rilascio dell’ufficiale giudiziario.
Dunque, i Supremi Giudici hanno rilevato che, contrariamente alle motivazioni poc’anzi elencate, nell’esecuzione per rilascio di cui agli artt. 605  c.p.c. e ss. non è prevista la formazione del fascicolo d’ufficio.
Soltanto dopo che le operazioni siano state ultimate l’ufficiale giudiziario deposita nella cancelleria il titolo esecutivo, il precetto, il preavviso di rilascio ed il verbale degli atti compiuti. In questo tipo di esecuzione il giudice dell’esecuzione interviene solo in due casi: necessariamente, dopo il deposito in cancelleria dei suddetti atti; ed eventualmente, prima di tale momento, se sorge la necessità di superare eventuali difficoltà (art. 610 c.p.c.).
Il secondo errore, conseguenza del primo, è consistito nel ritenere che, non essendovi un fascicolo dell’esecuzione, l’opponente avesse legittimamente introdotto l’opposizione con atto di citazione, invece, che con ricorso.
Anche tale affermazione è stata ritenuta errata perché anche se il fascicolo viene formato dopo il compimento delle operazioni, la procedura esecutiva risulta comunque atto pendente. Pertanto, l’opposizione in questi casi va pur sempre proposta con ricorso, non essendo la stessa in fase di “instaurazione”, coerentemente con il disposto dell’art. 615 c.p.c.
Chiariti tutti gli aspetti sin qui evidenziati, la Suprema Corte ha rinvenuto un terzo (fatale) errore nel provvedimento del giudicante. Esso consiste nel ritenere di poter cumulare in sé tanto il potere di adottare i provvedimenti cautelari d’urgenza, quanto di decidere l’opposizione di merito.
Tale cumulo non solo viola il principio di necessaria bifasicità ma finirebbe, ove realmente attuato, con l’attribuire al giudice un potere che non gli spetta affatto, in quanto contrario alla legge.
Evidenziati i tre motivi di ricorso, squisitamente processualistici, appare cristallino il P.Q.M. della ordinanza in commento, che qui per comodità si riporta.
P.Q.M. – La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo e dichiara assorbito il terzo e, per l’effetto, cassa in relazione la sentenza impugnata. Decidendo nel merito, dichiara improponibile l’opposizione del 28 luglio 2021 proposta dalla società Sole Trade S.r.l., condannandola a rifondere alla società Due S.r.l. le spese di lite”.

3. I rapporti con l’ordinanza della Corte di cassazione n. 31276 del 2023 in materia di “locazione comune”.


Evidenziati i passaggi più squisitamente processuali si vuole fare un passo indietro al fine di rapportare l’insufficienza del titolo stragiudiziale del contratto di “rent to buy” o “locazione traslativa” ai fini della consegna dell’immobile intimata nel precetto di cui è stata opposizione alla recente giurisprudenza in materia di locazioni nel diritto sostanziale.
Più precisamente, si vuole soffermare l’attenzione su una recente ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 31276 del 2023, a mezzo della quale si è affrontato incidentalmente anche il tema del procedimento di intimazione di sfratto.
La Suprema Corte, con estrema chiarezza (più rara, in queste tematiche civilistiche pure e processual-civilistiche che vengono trattate con maggiore velocità) ha esposto che:
1. “Convivono nella giurisprudenza di questa Corte, e segnatamente di questa sezione, due orientamenti:
a.- Secondo un primo orientamento, più risalente e tendenzialmente prevalente, il locatore, che abbia chiesto ed ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ha diritto anche al risarcimento del danno per la anticipata cessazione del rapporto, da individuare nella mancata percezione dei canoni concordati fino al reperimento di un nuovo conduttore, ed il cui ammontare è riservato alla valutazione del giudice di merito sulla base di tutte le circostanze del caso concreto;
b.- Secondo altro orientamento […] in ipotesi di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, intervenuto il rilascio del bene locato, la mancata percezione da parte del locatore dei canoni che sarebbero stati esigibili fino alla scadenza convenzionale o legale del rapporto, ovvero fino al momento in cui il locatore stesso conceda ad altri il godimento del bene con una nuova locazione, non configura di per sé un danno da “perdita subita”, né un danno da “mancato guadagno” […] (Cass. n. 1426 del 2017; n. 27614 del 2013).
[…] Il punto di divergenza fra i due orientamenti [risiederebbe] nelle conseguenze che vengono ricollegate alla valutazione in termini di godimento indiretto della locazione […].
Per l’indirizzo recepito dalla Corte territoriale non sussisterebbe alcun pregiudizio meritevole di ristoro se riferito ai canoni che, dopo il rilascio, sarebbero stati esigibili fino alla scadenza del contratto.
Secondo un diverso indirizzo, invece, il rilascio dell’immobile non neutralizzerebbe il danno del mancato conseguimento del canone fino alla scadenza del rapporto contrattuale.
È evidente l’intreccio con l’ordinanza n. 6892 del 2024, dal momento che il contratto di “rent to buy” ha una struttura bifasica che, secondo l’orientamento più seguito, crea un collegamento negoziale tra un contratto di locazione ed un contratto preliminare unilaterale di compravendita.

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4. Il diritto tributario ed il diritto processuale tributario nel “rent to buy” o “contratto di locazione traslativa”


La scelta di soffermarsi sulla più recente giurisprudenza in materia di locazione non è casuale ma, come si è avuto modo di indicare verso la fine del precedente paragrafo, nasce, per l’appunto, dalla struttura che la dottrina e la giurisprudenza hanno inteso attribuire al contratto di rent to buy il quale, qualunque sia la tesi ricostruttiva scelta, include pur sempre lo schema della locazione tipica, di stampo codicistico, spesso collegandosi tecnicamente con contratti di opzione o, come precedentemente indicato, contratti preliminari unilaterali. La tematica, tuttavia, si presta ad acquisire ulteriore peso a cavallo tra il diritto tributario ed il diritto processuale tributario. Più precisamente, da un lato appare opportuna la sede per ricordare che è stata recentemente sancita l’inopponibilità del contratto di rent to buy alle procedure esecutive a mezzo della risposta ad interpello n. 250 del 2023 di Agenzia delle Entrate, alla quale si rinvia per l’approfondimento della questione. Dall’altro, giova prendere atto del fatto che, con il medesimo scritto dell’Agenzia, si è colta l’occasione per fornire motivato parere in ordine alla corretta interpretazione da fornire all’art. 21, comma 1, d.p.r. n. 633 del 1972. La disposizione recita che:
“Per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio emette fattura, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili o, ferma restando la sua responsabilità, assicura che la stessa sia emessa, per suo conto, dal cessionario o dal committente ovvero da un terzo”.
Tale norma va letta in combinato disposto con l’art. 17 del primo comma del medesimo decreto, il quale chiarisce che “l’imposta è dovuta dai soggetti che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili, i quali devono versare all’erario, cumulativamente per tutte le operazioni effettuate e al netto della detrazione prevista nell’art. 19, nei modi e nei termini stabiliti nel titolo secondo”.
Al fine di applicare tali assunti alle questioni civilistiche e tributaristiche che possono insorgere in ordine al contratto di rent to buy, può essere utile riportare i seguenti passaggi del parere reso da Agenzia delle Entrate: “Risulta che – fermo restando la piena validità ai fini civilistici e ad ogni altro effetto del contratto di rent to buy – il Giudice dell’Esecuzione ne abbia “rideterminato” il “canone di godimento” equiparandolo a quello di locazione corrisposto alla società X dai terzi conduttori, con l’ulteriore previsione che detto canone sia direttamente incassato – a garanzia del creditore procedente – direttamente dal custode giudiziale, piuttosto che “transitare” nelle mani della società Y. Per l’effetto, con riferimento agli adempimenti tributari inerenti la fatturazione dei predetti frutti civili ed il versamento della relativa IVA si ritiene che:
a.) la società X:
– continuerà a fatturare i canoni di locazione nei confronti dei terzi conduttori dando però evidenza, nella parte descrittiva del documento contabile, che il pagamento viene eseguito nelle mani del custode giudiziale;
– farà concorrere l’IVA a debito nelle proprie liquidazioni periodiche;
b.) la società Y in liquidazione [ovvero, nell’ipotesi di sua “inerzia”, il custode giudiziale, come ribadito dalla circolazione 17 giugno 2019, n. 14/E (che a tal proposito richiama le precedenti risoluzioni n. 62/E del 16 maggio 2006 e n. 158/E dell’11 novembre 2005)]:
– dovrà fatturare, a titolo di “canoni di godimento del contratto di rent to buy, nei confronti della società X, l’importo rideterminato a seguito di provvedimento del giudice e, dunque, pari ai predetti canoni di locazione, dando a sua volta evidenza, nella parte descrittiva del documento contabile, che il pagamento viene eseguito direttamente dai “terzi conduttori”;
– verserà conseguentemente la relativa imposta in favore dell’erario (applicando, ovviamente, il regime IVA previsto in ragione della categoria di immobili di riferimento).
Resto, infine, immodificato il trattamento della componente “acconto prezzo” rispetto alla quale il giudice nulla ha disposto”.

5. Conclusioni


A conclusione di questo excursus, appare opportuno riportare due passaggi fondamentali delle due ordinanze sin qui esaminate al fine di “collegarli tra loro” per inquadrare il contratto di locazione (segmento indispensabile anche nell’ottica della locazione traslativa o di rent to buy) sia sotto il profilo processuale sia sotto il profilo sostanziale.
Riepilogando nuovamente alcuni punti focali al fine di rendere questo paragrafo completamente autonomo e facilmente intellegibile, si è avuto modo di vedere che, a mezzo dell’Ordinanza n. 31276 del 2023, la Corte di cassazione ha voluto chiarire che:
Secondo un primo orientamento, “[…] il locatore, che abbia chiesto ed ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ha diritto anche al risarcimento del danno per la anticipata cessazione del rapporto, da individuare nella mancata percezione dei canoni concordati fino al reperimento di un nuovo conduttore […]”.
Secondo altro orientamento, “[…] in ipotesi di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, intervenuto il rilascio del bene locato, la mancata percezione da parte del locatore dei canoni che sarebbero stati esigibili fino alla scadenza convenzionale o legale del rapporto, ovvero fino al momento in cui il locatore stesso conceda ad altri il godimento del bene con una nuova locazione, non configura di per sé un danno da “perdita subita”, né un danno da “mancato guadagno”, non ravvisandosi in tale mancata percezione una diminuzione del patrimonio del creditore-locatore rispetto alla situazione nella quale egli si sarebbe trovato se non si fosse verificato l’inadempimento del conduttore […]”.
Tali assunti si incastrano con la dimensione processuale dettata dall’Ordinanza, Sez. III, n. 6892 del 2024.
In questa sede, come si è avuto modo di vedere, si è precisato che la società X aveva notificato alla odierna ricorrente a mezzo “pec”, opposizione all’efficacia del precetto che le intimava il rilascio di un immobile sito in Roma, in ragione dell’intervenuta risoluzione per inadempimento del contratto corrente “inter partes”, oltre al pagamento della somma di € X per canoni “rent to buy”, da settembre 2017 a dicembre 2018.
Ebbene, questo primo passaggio è fondamentale al fine di valutare l’impatto che avranno le Sezioni Unite in tema di locazione anche sulle procedure esecutive ordinarie e di derivazione fiscale.
Più precisamente, l’ordinanza sulle locazioni incide nel momento in cui nella diversa ordinanza n. 6892 si deduce il difetto del titolo esecutivo ed, unitamente ad esso, l’assenza dei requisiti di certezza e liquidità delle somme ingiunte, anche al fine dell’ottenimento di una sospensione della procedura esecutiva di sfratto.
Infatti, benché il rent to buy sia considerato dalla dottrina e dalla giurisprudenza maggioritaria uno schema “collegato”, lo stesso risente pienamente della disciplina tipica della locazione e, conseguentemente, degli incisi giurisprudenziali che attorno ad essa ruotano, ivi inclusi quelli qui posti all’attenzione della comunità scientifica.
Prova ne è il seguente passaggio motivazionale dell’ordinanza n. 6892 del 2024, il quale, per quanto  è calzante ai fini dell’indagine che si sta svolgendo, non richiede nessun commento ulteriore:    
“Nel merito, l’esito del giudizio consisteva nell’accoglimento parziale della prima opposizione, quella del 28 luglio 2021, motivato sul rilievo che l’esecuzione per rilascio, basata su titolo stragiudiziale costituito da atto ricevuto da notaio (nella specie, contratto di locazione traslativa cosiddetto “rent to buy”), era stata intrapresa “per il mancato pagamento dei canoni e non per lo spirare del termine finale del negozio”, donde l’inidoneità del titolo “a fondare l’esecuzione per consegna o rilascio”, e con essa la ritenuta inefficacia del precetto “nella parte relativa all’intimazione di consegna”.
L’idoneità/efficacia del titolo esecutivo stragiudiziale dipenderà, dunque, anche dalla giurisprudenza che si è scelto di esaminare.
Dobbiamo, quindi, attendere che la dottrina e la giurisprudenza inizino a pronunciarsi sul tema, anche abbracciando gli schemi negoziali come il rent to buy, i quali risentono fortemente di queste evoluzioni, capaci di incidere, oltre che nelle cause prettamente civilistiche di primo e secondo grado, anche a monte sulle procedure esecutive immobiliari e sulla invocabilità degli artt. 615 e 617 c.p.c.

Nb. Il contributo non impegna l’amministrazione di attuale appartenenza dell’Autore

Riferimenti bibliografici essenziali

  • Risposta ad interpello Agenzia delle Entrate n. 250 del 2023 (liberamente visibile in rete);
  • Corte di cassazione, Ordinanza, Sez. III, n. 6892 del 14.03.2024 – Rel. Giaime, in Riv. ILCASO.it, www.ilcaso.it;
  • Corte di cassazione, Sez. III, Civile, n. 31276 del 2023, Rel. Scoditti Enrico, in www.cortedicassazione.it (Sentenze Web – Corte di cassazione);
  • C. M. Bianca, Il contratto, II Ed, Giuffré Editore, Milano, 2000;

Micaela Lopinto

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