In tema di locazione, poiché l’obbligo del conduttore di riconsegnare l’immobile nello stato in cui si trovava quando l’aveva ricevuto – a norma del contratto e dell’art. 1590 c.c. – va contemperato con il dovere del creditore di non aggravare con il fatto proprio il pregiudizio subito, facendo uso dell’ordinaria diligenza, senza peraltro essere tenuto all’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa, il locatore non può rifiutare la riconsegna dell’immobile, ma può soltanto pretendere il risarcimento del danno cagionato all’immobile stesso nel caso che sia stato deteriorato per l’inadempimento da parte del conduttore di provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione, ai sensi dell’art. 1576 c.c. Il locatore può, al contrario, rifiutare la riconsegna qualora il conduttore non abbia adempiuto l’obbligo contrattuale di eseguire opere eccedenti l’ordinaria manutenzione o per avere il medesimo di propria iniziativa apportato trasformazioni o innovazioni all’immobile. In tal caso, infatti, la rimessione in pristino richiederebbe l’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa, alla quale il locatore non è tenuto, secondo l’id quod plerumque accidit (cfr. Cass. n. 16685/02; Cass. n. 6856/98).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI MARSALA
SEZIONE DISTACCATA DI MAZARA DEL VALLO
in persona del dott. ***********, in funzione di giudice monocratico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al numero 152 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2002, discussa e decisa all’udienza del 7.2.2006 e vertente
TRA
**********, ***********, *********, **********, ********************, quest’ultima in proprio e n.q. di procuratrice speciale di A. ***************, **************, con domicilio eletto in Mazara del Vallo, p.zza ******** 3, presso lo studio dell’Avv. **********, rappresentante e difensore per procura a margine del ricorso
PARTI RICORRENTI
E
********** 9 T., con sede in T., via Mazzini n. 1, in persona del legale rappresentante p.t., con domicilio eletto in Mazara del Vallo, via M. del P. n. 101, presso lo studio dell’Avv. ************, rappresentata e difesa dall’Avv. *****************, giusta procura in calce al ricorso notificato
PARTE RESISTENTE
OGGETTO :risarcimento danni locazione
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 447 bis c.p.c. **********, ***********, *********, **********, ***************, quest’ultima in proprio e n.q. di procuratrice speciale di ***********, **************, premesso di essere comproprietari di un immobile sito in Mazara del Vallo, via A. L. n. 12; che tale immobile era stato concesso in locazione alla USL n. 4 di M. d. V, (oggi Ausl n. 9 di T.) con contratto del 15.3.1990, consegnandolo alla conduttrice in buono stato di conservazione e manutenzione; che la conduttrice comunicava di recedere dal contratto, ai sensi dell’art. 27 l. 392/78 a far data dall’1.3.1995, interrompendo il pagamento dei canoni pattuiti; che la riconsegna veniva legittimamente rifiutata dai locatori perché l’immobile presentava diversi danni, eccedenti il degrado dovuto al normale uso, modifiche ed innovazioni, e richiedeva onerose opere di straordinaria amministrazione per il ripristino delle originali condizioni; che tali interventi non erano stati eseguiti a tempo debito dalla resistente, pur essendo stati rilevati i predetti danni da un proprio tecnico e pur essendo possibile il relativo impegno di spesa; che a seguito della consegna per offerta formale del bene da parte della Ausl i ricorrenti facevano constatare i danni attraverso un giudizio di accertamento tecnico preventivo, la cui relazione di stima veniva accettata dalla resistente il 25.1.2000, provvedendo ad eseguire le opere di riassetto e a restituire il bene in data 27.3.2000; che, in conclusione, dall’1.3.1995 al 27.3.2000 la resistente non aveva corrisposto ai ricorrenti i canoni pattuiti e non aveva provveduto a risarcire agli stessi i danni a questi ultimi commisurati. Tanto premesso, chiedeva che fosse accertata, alla data del recesso della conduttrice, l’esistenza dei danni, delle modifiche e delle innovazioni descritti dal CTU in sede di a.t.p. e che gli stessi eccedevano il degrado dovuto al normale uso del bene locato; che venisse dichiarato l’inadempimento della resistente all’obbligo di restituire il bene nelle medesime condizioni in cui l’aveva ricevuto e la legittimità del rifiuto opposto dai locatori fino al momento del ripristino del predetto stato originario; che la stessa fosse condannata, per l’effetto, al pagamento dei canoni locativi maturati nel periodo indicato e, comunque, al risarcimento dei danni ragguagliati al canone di locazione pattuito, per un importo complessivo di euro 54.227,95, oltre interessi dalle singole scadenze al soddisfo, o per quello diverso che risultava dovuto; in subordine, che fosse accertata la responsabilità della Ausl ai sensi dell’art. 2043 c.c., con conseguente condanna della stessa al risarcimento dei danni cagionati, per lo stesso importo indicato; con vittoria delle spese di lite.
Si costituiva la Ausl n. 9 di T., la quale rilevava che l’offerta formale del 4.3.1999 era stata fatta a seguito dell’indisponibilità dei ricorrenti di ricevere le chiavi dell’immobile in tre occasioni precedenti; che a seguito dell’a.t.p. la resistente si era resa immediatamente disponibile alla riconsegna dell’immobile, incontrando però ulteriori ostacoli che avevano reso necessaria l’intimazione formale ai sensi dell’art. 1217 c.c., fino all’accesso del 25.1.00 e alla realizzazione delle opere di ripristino conclusesi il 27.3.00; che la mancata restituzione dell’immobile era quindi conseguenza del protratto rifiuto illegittimo opposto dai ricorrenti, che avevano aggravato con il fatto proprio il pregiudizio subito, il quale era stato in parte risarcito in forma specifica con la rimessione in pristino effettuata dalla conduttrice; che quest’ultima si era sempre dichiarata disponibile ai lavori di ripristino, pur non essendovi tenuta in quanto i danni erano esclusivamente conseguenza del normale uso cui l’immobile era destinato, come si ricavava anche dalla relazione del CTU; che il danno dalla stessa risarcibile era solo quello corrispondente al tempo occorso per il ripristino, pari ad un dodicesimo del canone annuo. Concludeva, quindi, per il rigetto della domanda dei ricorrenti essendo il danno subito imputabile a fatto e colpa esclusivi degli stessi; in subordine per il riconoscimento del pregiudizio per l’importo inferiore sopra indicato; con vittoria delle spese di lite.
La causa, dopo il deposito di memoria integrativa da parte dei ricorrenti e l’istruzione con la produzione di documenti e con l’assunzione delle prove testimoniali, veniva discussa dal solo difensore di parte resistente e decisa all’udienza del 7.2.2006.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda svolta dai ricorrenti è solo in parte fondata e merita accoglimento nei limiti che saranno di seguito espressi.
L’obbligazione della conduttrice di effettuare le opere di ripristino o di corrispondere le somme occorrenti per ristabilire le condizioni dell’immobile, quali erano al momento della stipula del contratto di locazione, trova giustificazione alla luce del tenore dell’art. 6 del contratto, a norma del quale la conduttrice ha assunto l’obbligo di riconsegnare l’immobile nello stesso stato in cui lo aveva ricevuto, ed alla stregua del principio sancito dall’art. 1590 c.c., che fa salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto.
Tale principio va coordinato tuttavia, in adesione ad un affermato indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimità, con quello desumibile dall’art. 1227 comma secondo c.c., secondo il quale: “in base alle regole dell’ordinaria diligenza, il creditore ha il dovere di non aggravare con il fatto proprio il pregiudizio subito, pur senza essere tenuto all’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa e, cioè, ad un facere non corrispondente all’ id quod plerumque accidit. Ne deriva che il locatore non può rifiutare la riconsegna ma può soltanto pretendere il risarcimento del danno cagionato all’immobile, costituito dalle spese necessarie per la rimessione in pristino e dalla mancata percezione del reddito nel periodo di tempo occorrente, nel caso in cui il deterioramento dipenda da inadempimento dell’obbligo di provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione, ex art. 1576 c.c.. Il locatore può invece rifiutare la riconsegna dell’immobile locato nel caso in cui il conduttore non abbia adempiuto all’obbligo, impostogli dal contratto, di provvedere alle riparazioni eccedenti l’ordinaria manutenzione, o per avere egli di propria iniziativa apportato trasformazioni o innovazioni, poichè in tale caso la rimessione in pristino richiederebbe l’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa e, cioè, un facere al quale il locatore non è tenuto secondo l’id quod plerumque accidit” (cfr. Cass. n.16685/02; Cass. n. 6856/98).
Nel caso di specie, dalla CTU espletata sulla base dello stato dell’immobile riscontrato dal geom. A. in sede di accertamento tecnico preventivo – promosso dai ricorrenti con ricorso del 26.3.1999, a seguito dell’asserita inerzia della resistente nella esecuzione delle opere di restauro – è emerso che: “trattandosi di lavori riguardanti le finiture dell’immobile soggette ad usura per il normale uso dello stesso e, in particolare di manomissioni operate dal conduttore, come nel caso degli impianti elettrico, telefonico e citofonico, o di danni operati sempre dal conduttore, si ritiene, senza ombra di dubbio, di poter classificare i lavori necessari per la rimessa in pristino stato, come lavori di ordinaria manutenzione”. Il consulente ha poi rilevato che non era stata apportata alcuna modifica o innovazione all’immobile, ad eccezione del varco dell’androne di ingresso che comunicava con l’edificio adiacente, il quale era stato già chiuso dalla resistente al momento del sopralluogo. Ha poi stimato l’importo complessivo dei lavori necessari in euro 8.670,55.
Da tali dati si evince come gli interventi di ripristino, in considerazione della loro natura non strutturale (opere di tinteggiatura, pulitura, otturazione di buchi, dismissioni di canalette per cavi elettrici, citofonici e telefonici), delle dimensioni dell’immobile (composto da 21 vani: cfr. relazione geom. A., per un’ampiezza complessiva di 118 mq al piano terra e 135 mq al primo piano: cfr. “parere di congruità canone locativo” redatto dall’Ufficio Tecnico Erariale del Comune: doc. 4 fasc. ricorrenti) del canone di locazione pattuito (£ 21.000.000, annui nel 1990, data di stipula del contratto, aumentati poi con gli adeguamenti Istat a partire dal secondo anno), dell’uso dello stesso ad ufficio pubblico e del numero dei comproprietari-locatori, non possono reputarsi eccedenti l’ordinaria manutenzione, rientrando pertanto in quel facere cui il locatore è tenuto secondo l’id quod plerumque accidit ed in ossequio al principio della buona fede contrattuale, che impone allo stesso, in questi casi, di non rifiutare la riconsegna dell’immobile e di eseguire direttamente i lavori di piccola manutenzione, pretendendo quindi il rimborso delle spese necessarie per il ripristino ed evitando in tal modo di aggravare l’entità del danno.
Quanto al profilo legato al ripristino della pavimentazione a seguito delle scalfitture e delle striature riscontrate dal CTU e non eliminate dalla conduttrice, si osserva che i ricorrenti non hanno contestato l’incompletezza degli interventi di manutenzione posti in essere dalla conduttrice, tant’è che la domanda dagli stessi formulata ha ad oggetto soltanto il rimborso dell’indennità di occupazione asseritamente dovuta dalla resistente nelle more dell’esecuzione delle opere e non il risarcimento in forma specifica (o per equivalente) dei danni subiti dall’immobile, nella specie attraverso la sostituzione della pavimentazione, la quale è stata presa in considerazione dai locatori solo al fine di valutarne l’incidenza sulla natura straordinaria o meno dei lavori.
Appare appropriato, pertanto, così come ha fatto il CTU nella propria relazione, fare riferimento all’importo determinato forfetariamente quale compenso per l’usura dei pavimenti non sottoposti ad integrale ripristino (ma solo ad eliminazione delle macchie presenti: cfr. dichiarazioni teste C.) da parte della conduttrice, individuato dal CTU nella somma di euro 600,00, che, per la sua esiguità, contribuisce a confermare la natura di ordinaria manutenzione degli interventi de quibus.
D’altra parte, nello stesso computo metrico redatto dal CT di parte arch. C., la stima effettuata per l’integrale sostituzione della pavimentazione, per un importo pari, complessivamente, a circa £ 2.000.000, non differisce di molto da quella del consulente d’ufficio, a dimostrazione del fatto che tale opera, anche qualora fosse stata realizzata dagli stessi locatori all’atto della riconsegna del bene, non avrebbe sostanzialmente inciso sulla natura non straordinaria e gravosa delle opere in esame.
Tanto premesso, non può essere addebitato alla resistente il pregiudizio derivante dall’inerzia nella riconsegna dell’immobile a partire dal recesso dell’1.3.1995 sino all’effettiva esecuzione delle opere di ripristino, con l’esclusione del tempo occorso per tali lavori (25.1.2000-23.3.2000), alla cui esecuzione era comunque obbligata la conduttrice e di quello trascorso in pendenza del giudizio di accertamento tecnico preventivo (15.3.1999-28.7.1999), al quale i locatori hanno fatto ricorso – anche nell’ottica di non aggravare il danno – al fine di fotografare lo stato dei luoghi in vista della successiva proposizione del presente giudizio.
Né si può affermare che il ritardo nella riconsegna sia imputabile alla manifestazione da parte della Ausl della volontà di non effettuare i lavori in oggetto, o all’inerzia della stessa nell’eseguirli, in maniera tale da giustificare il rifiuto dei locatori di ricevere il bene sino all’accesso sui luoghi del 25.1.2000.
Dalle risultanze istruttorie è emersa infatti la disponibilità dell’Ausl ad eseguire l’intervento riparatorio, sia pure in via subordinata alla riconsegna dell’immobile. Ciò si ricava in primis dal sopralluogo all’interno dell’immobile del 24.7.1995, operato da un proprio tecnico di fiducia, a seguito del quale riscontrava i danni riportati nella relazione, con allegato computo metrico, a firma dello stesso e dalla pubblicazione sulla GURS 25/96 del DP 7.5.1996 con cui veniva disposta la variazione in aumento e l’aggiornamento del computo metrico (testi S. e C.; cfr. anche computo metrico S. all. fasc. ricorrenti). Quindi, dalle raccomandate del 22.5.1995 e del 6.4.1998, con cui la resistente invitava i ricorrenti a mettersi in contatto con i competenti uffici per la riconsegna delle chiavi, precisando in maniera specifica che “l’effettuazione di eventuali lavori per il ripristino dei locali nello stato di conservazione rilevato ad inizio locazione è indipendente dall’avvenuta riconsegna delle chiavi”(cfr. all. 4 e 5 fasc. resist.). Ancora, dall’offerta formale di restituzione dell’8.2.1999, in cui veniva sollecitata in maniera significativa la condotta attiva o positiva del creditore, al fine di limitare le conseguenze dannose del debitore ed in cui non era stata esclusa del tutto la responsabilità dell’ente, ma solo nelle ipotesi di perimento o deterioramento dovuti a vetustà (doc. 6 del predetto fascicolo). Infine, dal sopralluogo del 25.1.2000, con accettazione da parte dei tecnici dell’Ausl dei lavori di cui alla perizia A..
Si osserva, poi, sempre in merito all’applicazione dei canoni di buona fede che devono improntare la condotta del locatore al momento dell’accettazione della restituzione dell’immobile, che l’importo complessivo del computo metrico redatto dal CTU, è inferiore a quello stimato dal CT di parte (pari a £ 21.395.503) e non si discosta molto da quello proveniente dall’Ausl, come aggiornato al rialzo nel ’96 (pari a £ 10.851.396), tenuto conto del tempo trascorso tra quest’ultimo ed il primo (8 anni) e dell’introduzione dell’euro.
Alla luce delle superiori considerazioni, deve essere pertanto accertata in primo luogo la natura di ordinaria manutenzione delle riparazioni che si sono rese necessarie per il ripristino dello stato originario dell’immobile a seguito della cessazione del rapporto locatizio, così come individuate nella relazione del geom. AN..
Per l’effetto, deve essere dichiarata l’illegittimità del rifiuto opposto dai ricorrenti alla riconsegna del locale da parte della conduttrice e quest’ultima va condannata soltanto al risarcimento in favore dei primi del danno in re ipsa corrispondente alla mancata percezione di reddito per l’equivalente di 6,5 mensilità di canone (2 mensilità nel periodo 25.1.200-23.3.2000 e 4,5 mensilità nel periodo 15.3.1999-28.7.1999) per un importo complessivo di euro 5.874,70, oltre interessi dalle singole scadenze al soddisfo.
La complessità delle questioni giuridiche affrontate ed il margine di opinabilità che ricorre nell’interpretazione delle stesse giustifica la compensazione totale delle spese di lite fra le parti.
Per le stesse ragioni le spese della CTU, comprese quelle sostenute in sede di accertamento tecnico preventivo, sono poste definitivamente a carico solidale delle parti e al 50 % ciascuna nei rapporti interni.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, ogni altra contraria istanza disattesa :
1) dichiara che le riparazioni che si sono rese necessarie a seguito della cessazione del rapporto locatizio e della restituzione ai ricorrenti dell’immobile sito in Mazara del Vallo via A. L. n. 12, come individuate nella relazione del geom. ********* del 30.6.1999, sono di ordinaria manutenzione;
2) per l’effetto, a parziale rigetto della domanda di parte ricorrente, dichiara illegittimo il rifiuto dei ricorrenti di ricevere la restituzione dell’immobile in oggetto da parte della resistente;
3) dichiara parte resistente tenuta a risarcire ai ricorrenti il danno corrispondente alla mancata percezione di reddito, per l’equivalente di 6,5 mensilità di canone, nel periodo di tempo occorrente per le opere di riparazione (25.1.2000-23.3.2000) e durante la pendenza del giudizio di accertamento tecnico preventivo (15.3.1999 – 28.7.1999);
4) per l’effetto, condanna parte resistente al pagamento in favore dei ricorrenti della somma di euro 5.874,70, oltre interessi dalle singole scadenze al soddisfo;
5) dispone la compensazione integrale tra le parti delle spese di lite; pone le spese della CTU definitivamente a carico solidale delle parti e al 50% ciascuna nei rapporti interni.
Mazara del Vallo 7.2.2006
Il Giudice
***** ***********
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI MARSALA
SEZIONE DISTACCATA DI MAZARA DEL VALLO
in persona del dott. ***********, in funzione di giudice monocratico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al numero 152 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2002, discussa e decisa all’udienza del 7.2.2006 e vertente
TRA
**********, ***********, *********, **********, ********************, quest’ultima in proprio e n.q. di procuratrice speciale di A. ***************, **************, con domicilio eletto in Mazara del Vallo, p.zza ******** 3, presso lo studio dell’Avv. **********, rappresentante e difensore per procura a margine del ricorso
PARTI RICORRENTI
E
********** 9 T., con sede in T., via Mazzini n. 1, in persona del legale rappresentante p.t., con domicilio eletto in Mazara del Vallo, via M. del ******** n. 101, presso lo studio dell’Avv. ************., rappresentata e difesa dall’Avv. *****************, giusta procura in calce al ricorso notificato
PARTE RESISTENTE
OGGETTO :risarcimento danni locazione
dando lettura del seguente
DISPOSITIVO
definitivamente pronunciando, ogni altra contraria istanza disattesa :
1) dichiara che le riparazioni che si sono rese necessarie a seguito della cessazione del rapporto locatizio e della restituzione ai ricorrenti dell’immobile sito in Mazara del Vallo via A. L. n. 12, come individuate nella relazione del geom. *********. del 30.6.1999, sono di ordinaria manutenzione;
2) per l’effetto, a parziale rigetto della domanda di parte ricorrente, dichiara illegittimo il rifiuto dei ricorrenti di ricevere la restituzione dell’immobile in oggetto da parte della resistente;
3) dichiara parte resistente tenuta a risarcire ai ricorrenti il danno corrispondente alla mancata percezione di reddito, per l’equivalente di 6,5 mensilità di canone, nel periodo di tempo occorrente per le opere di riparazione (25.1.2000-23.3.2000) e durante la pendenza del giudizio di accertamento tecnico preventivo (15.3.1999 – 28.7.1999);
4) per l’effetto, condanna parte resistente al pagamento in favore dei ricorrenti della somma di euro 5.874,70, oltre interessi dalle singole scadenze al soddisfo;
5) dispone la compensazione integrale tra le parti delle spese di lite; pone le spese della CTU definitivamente a carico solidale delle parti e al 50% ciascuna nei rapporti interni.
Mazara del Vallo 7.2.2006
Il Giudice
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