L’articolo 13 della Legge 431/1998 stabilisce che qualsiasi accordo prevedente un canone di locazione superiore a quello indicato nel contratto scritto e registrato è nullo. In altre parole, se le parti (locatore e conduttore) concordano verbalmente o per iscritto un canone che risulti superiore rispetto a quello che è stato ufficialmente registrato presso l’Agenzia delle Entrate, tale pattuizione non avrà effetto giuridico. L’art. 13 della Legge 431/1998 introduce un meccanismo di tutela che garantisce la trasparenza degli accordi relativi ai contratti di locazione e impedisce pratiche di elusione fiscale o accordi verbali che superino il canone effettivamente registrato. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume il quale offre il quadro complessivo della normativa vigente in materia dei diversi tipi di locazione: Manuale delle locazioni commerciali e abitative.
Indice
1. La nullità del patto occulto
La Suprema Corte, muovendo le mosse dalla dichiarata volontà legislativa di sanzionare lo strumento negoziale funzionalmente volto ad eludere i diritti di terzi, e in particolare del Fisco, ha ripetutamente precisato che, in applicazione dell’art.13, comma 1, Legge n. 431/1998, il patto occulto di maggiorazione del canone locatizio, oggetto di un procedimento simulatorio, è nullo e non è sanato dalla registrazione tardiva. La soluzione della nullità di tale patto non può variare nel caso di adempimento tardivo dell’obbligo di registrazione: l’atto negoziale avente funzione controdichiarativa, inserito nell’ambito del procedimento simulatorio è insanabilmente affetto da nullità per contrarietà a norma imperativa. La ratio della norma, quindi, è quella di tutelare il contraente debole e contemporaneamente gli interessi fiscali e tributari sottesi all’obbligo di registrazione del contratto di locazione a fini di prevenzione del fenomeno della evasione fiscale.
Bisogna rilevare che il Legislatore sanziona esclusivamente il patto occulto di maggiorazione del canone, oggetto di un procedimento simulatorio, mentre resta valido il contratto registrato, e resta dovuto il canone apparente (Cass. civ., Sez. Un., 17/09/2015, n. 18213). La pattuizione è nulla, ai sensi dell’art. 13, comma 1, Legge n. 431/98, in quanto volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato, senza che osti all’applicazione di tale norma la circostanza che l’accordo sia successivo e non contestuale al contratto “scritto e registrato“, giacché la previsione trova applicazione sia nei casi (statisticamente prevalenti) di accordo simulatorio originario sull’entità del canone, sia nei casi di accordo modificativo successivo che non si traduca nella stipulazione di un nuovo contratto di locazione (App. Napoli 15 gennaio 2025 n. 183). Si è affermato che il patto con il quale le parti concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato è nullo, anche se la sua previsione attiene al momento genetico, e non soltanto funzionale del rapporto (Cass. civ., Sez. III, 11/05/2023, n. 12836).
Sul punto è bene precisare, poi, che, trattandosi di nullità per violazione di norma imperativa, la nullità del patto di maggiorazione del canone rispetto al canone indicato nel contratto registrato è rilevabile d’ufficio ex art. 1421 c.c. (Trib. Catanzaro 4 novembre 2022 n. 1554).
In ogni caso ai contratti di locazione conclusi anteriormente all’entrata in vigore della Legge n. 431/1998 e rinnovatisi dopo la sua entrata in vigore, ma non assoggettati al momento della stipulazione alla disciplina della Legge n. 392/1978 (legge sul c.d. equo canone), si applica l’art. 13 Legge n. 431/1998, con conseguente diritto del conduttore, a far data dalla prima rinnovazione successiva all’entrata in vigore dello ius superveniens, a ripetere il canone di locazione versato in misura superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato (Cass. civ., sez. III, 12/10/2021, n. 27806). Per approfondimenti si consiglia il seguente volume il quale offre il quadro complessivo della normativa vigente in materia dei diversi tipi di locazione: Manuale delle locazioni commerciali e abitative.
Manuale delle locazioni commerciali e abitative
Il Manuale offre un quadro complessivo in materia di locazioni abitative, affrontandone tutte le tipologie: locazioni libere, convenzionate, transitorie, locazioni di immobili acquistati per futura locazione, affitti brevi, locazioni turistiche, cohousing, rent to buy, leasing, analizzando la relativa disciplina contrattuale e tenendo conto dell’evoluzione normativa, nonché della produzione giurisprudenziale su alcuni punti nodali della legge 431 del 1998 e altro.Non mancano le indicazioni operative inerenti alla registrazione dei contratti, la tassazione, sia ordinaria che con cedolare secca.Il volume si occupa altresì delle “locazioni ad uso diverso”: la loro regolamentazione, il regime contrattuale applicabile, gli istituti della prelazione del riscatto e l’indennità di avviamento senza dimenticare le nuove tipologie locatizie come il contratto atipico di coworking o di domiciliazione.Una parte è in seguito dedicata agli aspetti processuali: procedimento di convalida, rito locatizio e compatibilità con il processo ordinario, azioni esperibili contro l’occupazione senza titolo, mediazione, negoziazione assistita e arbitrato.L’esposizione semplice e chiara rende il testo uno strumento di consultazione e approfondimento adatto sia al professionista del settore, sia al pubblico dei non addetti ai lavori.Il Manuale tratta infine anche il nuovo procedimento di convalida di sfratto, che ha visto ampliarsi l’ambito di applicazione e altre novità, tra cui quelle riguardanti l’esecutività dell’ordinanza di convalida.Questa sesta edizione tiene conto di tutti i principali provvedimenti di normativa, prassi e giurisprudenza in materia fino alle recentissime sentenza 7 maggio 2024, n. 12395 in punto di cedolare secca e circolare 10 maggio 2024, n. 10/E sulle locazioni brevi.Silvio RezzonicoÈ stato avvocato in Milano e autore di diversi libri e saggi in materia di diritto immobiliare. Ha collaborato con il Gruppo 24 Ore, con Maggioli Editore e con l’Università degli studi di Firenze. Da ultimo è stato anche docente presso l’Università degli Studi telematica E-campus.Matteo RezzonicoAvvocato cassazionista e pubblicista in Milano, è autore di numerose pubblicazioni di diritto immobiliare ed edilizio. In particolare, collabora con il Gruppo 24 Ore (Norme e Tributi, Esperto risponde e Consulente immobiliare) e con Giuffrè Editore (portale con- dominio e locazioni). Presidente della FNA Federazione Nazionale degli Amministratori Immobiliari e Vicepresidente della Confappi, Confederazione della Piccola Proprietà Immobiliare, per conto della quale riveste anche il ruolo di Presidente della sede provinciale di Milano e di componente della Commissione Legale Nazionale di FNA – Confappi.Luca RezzonicoAvvocato in Milano. Si occupa di diritto immobiliare ed è coautore di diverse pubblicazioni in materia
Silvio Rezzonico, Matteo Rezzonico, Luca Rezzonico | Maggioli Editore 2024
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2. La tutela del conduttore
Al conduttore è concessa la possibilità di ricondurre il rapporto a condizioni conformi alle modalità previste dall’art. 2, comma 1, Legge 431/1998, rivolgendosi al giudice del luogo in cui è sito l’immobile per chiedere la trasformazione della situazione di fatto derivante dal secondo contratto giuridicamente inesistente in un rapporto di locazione, con la conseguente condanna del locatore alla restituzione dei maggiori canoni versatigli in forza di tale secondo contratto. A tale proposito si può affermare che il diritto del conduttore a non erogare somme eccedenti il canone legalmente dovuto (corrispondente a quello pattuito, maggiorato degli aumenti c.d. Istat, se previsti) sorge nel momento della conclusione del contratto, persiste durante l’intero corso del rapporto e può essere fatto valere, in virtù di espressa disposizione di legge, dopo la riconsegna dell’immobile, entro il termine di decadenza di sei mesi. Il termine semestrale di decadenza, previsto dall’art. 13, comma 2, legge 9 dicembre 1998, n. 431, per l’esercizio dell’azione di ripetizione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato, fa sì che, se l’azione viene esperita oltre il detto termine, il conduttore è esposto al rischio dell’eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente è stato corrisposto fino al momento della riconsegna dell’immobile locato, il che si traduce nella inopponibilità di qualsivoglia eccezione di prescrizione (Cass. civ., sez. III, 13/04/2023 n. 9937). Il termine semestrale per l’azione di ripetizione delle somme illegalmente corrisposte (ossia la richiesta di restituzione dei canoni versati in eccesso) inizia a decorrere dal momento in cui l’immobile viene effettivamente restituito al locatore e messo nella sua concreta disponibilità, anche se tale data non coincide con quella stabilita nel contratto per il rilascio dell’immobile. In ogni caso una volta proposta, ed accolta, la domanda di restituzione delle somme corrisposte dal conduttore in eccedenza, rispetto a quelle consentite dalla legge, gli interessi sugli importi da restituire decorrono dal giorno della domanda giudiziale, se l’accipiens era in buona fede, e da quello del pagamento, se era in mala fede, con la precisazione che alla violazione della norma imperativa che stabilisce il canone per un immobile adibito ad uso di abitazione, non consegue automaticamente la mala fede del locatore; pertanto grava pur sempre sul conduttore l’onere di dimostrare di essere stato indotto alla corresponsione del canone in misura superiore a quella legale, nonostante la sua volontà contraria (Cass. civ., sez. III, 30/10/2013, n. 24498).
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3. La sospensione del pagamento del canone
Non è consentito al conduttore di sospendere il pagamento del canone allo scopo di recuperare eventuali incrementi illegittimi, anche in applicazione dell’art. 1241 c.c. La compensazione è peraltro esclusa quando si tratti di crediti e debiti discendenti dallo stesso rapporto, perché in tal caso si configura una compensazione impropria che consiste in un mero accertamento di natura contabile del saldo finale delle singole partite dare/avere effettuabile dal giudice anche d’ufficio (Cass. civ., sez. III, sent. 8 agosto 2007, n. 17390).
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