Locazioni commerciali: contenimento della spesa pubblica e recesso dal contratto

Allegati

L’esigenza del contenimento della spesa pubblica legittima l’ente pubblico a recedere anticipatamente dal contratto?

Per approfondimenti si consiglia il seguente volume il quale offre il quadro complessivo della normativa vigente in materia dei diversi tipi di locazione: Manuale delle locazioni commerciali e abitative

Corte di Cassazione – Sez. III Civ. – Sent. n. 8254 del 27/03/2024

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Indice

1. La vicenda

Una regione stipulava con una società, proprietaria di un palazzo, due distinti contratti di locazione: il primo, avente ad oggetto alcuni piani dell’immobile; il secondo, avente ad oggetto il piano terra e il sotto-strada, così venendo a detenere tutto l’edificio.
Durante la locazione effettuava, con il consenso della locatrice, lavori per la migliore fruizione dell’immobile, obbligandosi alla restituzione in pristino alla scadenza del rapporto. Successivamente con raccomandata comunicava il proprio recesso per “gravi motivi”, ai sensi dell’art.27 della legge n. 392 del 1978, adducendo come ragioni: la riduzione dei consiglieri regionali e la gravosità dell’esecuzione del contratto per esigenze di contenimento della spesa. La società locatrice si rivolgeva al Tribunale, chiedendo la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della regione, nonché il risarcimento del danno, sul triplice presupposto dell’illegittimo recesso, in assenza dei “gravi motivi” di cui all’art. 27 della legge n. 392 del 1978, della mancata esecuzione dei lavori di restituzione in pristino del palazzo e dell’inesatto adempimento in ordine all’obbligazione di pagamento dei canoni di locazione, avendo l’ente proceduto unilateralmente alla riduzione degli stessi nella misura del 15%, in relazione al periodo luglio 2014-giugno 2015. Il Tribunale riteneva inefficace il recesso, sul rilievo che le esigenze di riduzione e di contenimento della spesa, introdotte con la normativa sulla spending review, non integrano circostanze sopravvenute alla stipulazione di entrambi i contratti, di cui dunque dichiarava la risoluzione per inadempimento della regione, condannando quest’ultima al pagamento dei canoni non versati dal momento dell’illegittimo recesso e rilevando altresì l’inosservanza dell’obbligo di rimessione in pristino; per altro verso, accertò il diritto della regione di fruire della riduzione dei canoni.
Al contrario la Corte di Appello rilevava, tra l’altro, che il recesso del regione era legittimo (e dunque efficace), in quanto la facoltà di recedere anticipatamente prevista dalla normativa speciale sul contenimento della spesa della finanza pubblica, da esercitarsi entro un preciso periodo temporale, non incideva sulla perdurante sussistenza del diritto di recesso per “gravi motivi” di cui alla regola generale dell’art. 27 della legge n. 392 del 1978, che, nella fattispecie, era stato legittimamente esercitato, adducendo come ragioni proprio le esigenze di riduzione degli spazi e dei risparmi di spesa connesse con le minori disponibilità finanziarie degli enti regionali; secondo i giudici di secondo grado, la circostanza che tali esigenze non fossero sopravvenute ad entrambi i contratti di locazione, non escludeva l’operatività della richiamata disposizione generale, in quanto il grave motivo di recesso andava individuato nel “protrarsi” della situazione di spesa eccessiva e nella valutazione della sua incidenza, effettuata dall’amministrazione regionale necessariamente dopo l’entrata in vigore delle normativa sulla spesa pubblica. La società locatrice ricorreva in cassazione.

2. Contenimento della spesa pubblica e recesso dal contratto di locazione commerciale: la soluzione

La Cassazione ha rilevato che il recesso esercitato dalla regione con raccomandata del 29 dicembre 2014, dopo la scadenza dei limiti temporali stabiliti sia dall’art. 3, comma 3, del decreto-legge n.95 del 2012 (31 dicembre 2013), sia dall’art. 2-bis del decreto-legge n. 120 del 2013 (31 luglio 2014) era illegittimo. Secondo i giudici supremi il contratto di locazione immobiliare concluso “iure privatorum” dalla pubblica amministrazione quale conduttore non si sottrae alla disciplina contemplata dall’art. 27, ottavo comma, della legge n. 392 del 1978. In quest’ottica, ad avviso della Cassazione, le ragioni di contenimento della spesa pubblica non integrano i “gravi motivi” che consentono, ove ricorrenti, il recesso anticipato del conduttore dal contratto di locazione ad uso diverso.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume il quale offre il quadro complessivo della normativa vigente in materia dei diversi tipi di locazione:

3. Riflessioni conclusive

La giurisprudenza ha chiarito che il contratto di locazione immobiliare concluso iure privatorum dalla pubblica amministrazione quale conduttore non si sottrae alla disciplina contemplata dall’art.27, ottavo comma, della legge n. 392 del 1978 (Cass. civ., sez. III, 13/04/2021, n. 9704; Cass. civ., sez. III, 19/12/2014, n. 26892).
Di conseguenza le ragioni che consentono al conduttore – ente pubblico il recesso anticipato devono essere determinate da avvenimenti estranei alla sua volontà, imprevedibili, sopravvenuti alla costituzione del rapporto e tali da renderne oltremodo gravosa la prosecuzione (Cass. civ., sez. III, 24/09/2019, n. 23639). Tali ragioni non possono, pertanto, identificarsi con la necessità di perseguire obiettivi di contenimento della spesa pubblica e di razionalizzazione degli spazi ex art. 3 del d.l. n. 95 del 2012, di per sé non indicativi di una sopravvenuta insostenibilità del pagamento del canone (Cass. civ., sez. III, 06/11/2023, n. 30862: nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la legittimità del recesso dell’INAIL, comunicato in base a tali obiettivi, senza alcun riferimento all’impossibilità di continuare a corrispondere il canone locativo).

Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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