I “gravi illeciti professionali” – il quadro normativo
Come noto, l’articolo 80 del decreto legislativo n. 50 del 2016, sancisce i motivi di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione alle procedure di gara per l’affidamento di appalti pubblici o di concessioni, cause che operano anche nei confronti del subappaltatore che non potrà stipulare i relativi contratti e, successivamente all’aggiudicazione, nel corso dell’esecuzione del contratto; invero, l’eventuale sopravvenienza di una causa di esclusione che comporta la perdita di un requisito di ordine generale in corso di contratto potrebbe comportarne la risoluzione anticipata.
Analogamente alla disposizione contenuta nell’articolo 57 della Direttiva 26 febbraio 2014, n. 2014/24/UE, l’articolo 80, citato, stabilisce, in primo luogo, le cause obbligatorie di esclusione, in quanto la stazione appaltante al ricorrere delle fattispecie previste (condanna, in capo ai soggetti che rivestano le qualifiche indicate al comma 3 della norma in esame, per reati di associazione a delinquere, per reati di corruzione, per false comunicazioni sociali, per il delitto di ricettazione, sfruttamento del lavoro minorile e per ogni altro delitto da cui derivi, quale pena accessoria, l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione ovvero la sussistenza nei confronti dei predetti soggetti delle cause ostative previste dalle disposizioni antimafia o, ancora, nelle ipotesi in cui il concorrente abbia commesso violazioni gravi definitivamente accertate rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse o dei contributi previdenziali e/o assistenziali) deve disporre l’esclusione del soggetto concorrente senza poter o dover valutare l’incidenza delle stesse sulla sua affidabilità morale e/o professionale, apprezzamento, invece, eseguito a priori dal legislatore.
Successivamente all’elencazione dei motivi che obbligano l’amministrazione ad escludere il concorrente, la disposizione in commento, parallelamente a quanto prescritto dalla norma comunitaria di cui all’articolo 57 della Direttiva su menzionata, disciplina gli altri motivi che abilitano la stazione appaltante, dopo il vaglio del caso concreto, delle relative circostanze che lo hanno determinato e della loro incidenza sui requisiti di affidabilità, ad adottare un provvedimento di esclusione.
Tutte le suddette ipotesi sono elencate al comma 5) dell’articolo 80, citato e, in particolare, quella che viene esaminata con il presente contributo è disciplinata nella lettera c) ed è sostanzialmente identica alla prescrizione contenuta nell’articolo 57, della menzionata Direttiva, comma 4, lettera c), secondo cui “le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere, oppure gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici di escludere (nella norma interna, le stazioni appaltanti escludono) dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni (anche riferite ad un suo subappaltatore, in caso di subappalto, per la disposizione nazionale): […] c) se l’amministrazione aggiudicatrice può dimostrare (la stazione appaltante dimostri, secondo la norma interna) con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità (tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, secondo la disposizione nazionale).
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L’evoluzione della norma
Sino alle modifiche della disciplina degli appalti apportate dal decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135, la lettera c) dell’articolo 80, comma 5, contemplava, a titolo di esplicazione del significato della locuzione “gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia l’integrità o affidabilità del concorrente”, le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno determinato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero che abbiano dato luogo ad una condanna per risarcimento del danno, il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio, il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione e, infine, l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione.
Tali situazioni, in seguito all’emanazione del decreto legge n. 135, su citato, poi convertito con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, sono assurte a fattispecie autonome di esclusione, oggi contenute nelle lettere c-bis) e c-ter). Inoltre, il legislatore ha stabilito che la stazione appaltante debba motivare anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa in ordine al caso delle significative o persistenti carenze nell’esecuzione del contratto.
Al riguardo, si fa presente che in costanza della previgente formulazione omnicomprensiva della lettera c), l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha emanato, con il provvedimento 11 ottobre 2017, l’aggiornamento delle linee guida n. 6, recanti “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’articolo 80, comma 5, lettera c) del Codice.”[1]
In particolare, l’Autorità ha stabilito che “rilevano quali cause di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettera c) del codice gli illeciti professionali gravi accertati con provvedimento esecutivo, tali da rendere dubbia l’integrità del concorrente, intesa come moralità professionale, o la sua affidabilità, intesa come reale capacità tecnico professionale, nello svolgimento dell’attività oggetto di affidamento. Al ricorrere dei presupposti di cui al periodo precedente, gli illeciti professionali gravi rilevano ai fini dell’esclusione dalle gare a prescindere dalla natura civile, penale o amministrativa dell’illecito.”
Secondo l’Autorità, la stazione appaltante deve tener conto delle condanne non definitive per:
a) il reato di abusivo esercizio di una professione;
b) reati fallimentari (bancarotta semplice e bancarotta fraudolenta, omessa dichiarazione di beni da comprendere nell’inventario fallimentare, ricorso abusivo al credito);
c) reati tributari ex decreto legislativo n. 74/2000, i reati societari, i delitti contro l’industria e il commercio;
d) reati urbanistici di cui all’art. 44, comma 1 lettere b) e c) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, con riferimento agli affidamenti aventi ad oggetto lavori o servizi di architettura e ingegneria;
e) reati previsti dal decreto legislativo n. 231/2001;
f) reati di cui agli articoli 353, 353-bis, 354, 355 e 356 c.p. (turbata libertà degli incanti, turbata libertà di scelta del contraente, ecc.).
Inoltre, integrerebbero l’ipotesi delle significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto:
– la risoluzione anticipata non contestata in giudizio, ovvero confermata con provvedimento esecutivo all’esito di un giudizio;
– la condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni quali l’applicazione di penali o l’escussione delle garanzie ai sensi degli articoli 103 e 104 del Codice o della previgente disciplina;
– l’inadempimento di una o più obbligazioni contrattualmente assunte;
– le carenze del prodotto o servizio fornito che lo rendono inutilizzabile per lo scopo previsto;
– l’adozione di comportamenti scorretti;
– il ritardo nell’adempimento e altre ipotesi indicate nella citata Deliberazione dell’Autorità;
– l’errore professionale nell’esecuzione della prestazione, ecc.
Per quanto concerne il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante, rilevano, secondo l’Anac, gli atti, posti in essere dal concorrente, idonei in modo non equivoco ad influenzare la decisione dell’amministrazione aggiudicatrice circa la valutazione del possesso dei requisiti di partecipazione, l’adozione di provvedimenti di esclusione e/o l’attribuzione dei punteggi, mentre con riferimento al tentativo di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio, i comportamenti diretti ad ottenere notizie circa il nominativo degli altri concorrenti ovvero al contenuto delle offerte.
Nel Provvedimento in esame, l’Autorità indica ulteriori elementi di valutazione al fine di verificare se gli operatori siano incorsi nelle altre ipotesi previste dalla disposizione in commento e conclude nel senso che l’esclusione dalla gara per le predette fattispecie debba essere disposta all’esito di un procedimento di contraddittorio avviato con il concorrente interessato.
L’omesso pagamento delle retribuzioni e il grave illecito professionale
Come è stato osservato in precedenza, i suggerimenti dell’Autorità circa le ipotesi che possano integrare le fattispecie di “grave illecito professionale” hanno carattere esemplificativo e non esaustivo.
In una controversia portata prima al TAR e poi al Consiglio di Stato, un operatore economico ha impugnato il provvedimento di esclusione da una procedura di gara per mancato adempimento degli obblighi relativi ai rapporti di lavoro nell’esecuzione del precedente rapporto contrattuale intercorso con la stessa stazione appaltante a causa dell’omessa corresponsione delle retribuzioni ai dipendenti impiegati nell’appalto medesimo.
L’operatore, in particolare, ha contestato la scorretta applicazione dell’articolo 80, comma 5, lett. c) in quanto il mancato adempimento delle retribuzioni sarebbe sanzionato dall’articolo 30, comma 3 del Codice, il quale contiene una clausola tuzioristica dei diritti minimi dei lavoratori che opererebbe esclusivamente nella fase genetica ed esecutiva del contratto e non in fase di gara; pertanto, il verificarsi di tale situazione non comporterebbe l’esclusione dalla gara.
Al riguardo, il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza n. 586 del 24 gennaio 2019[2], facendo proprie le tesi del TAR che già si era pronunciato sulla vicenda, ha rigettato le doglianze del concorrente concludendo che “per comune e consolidato intendimento, l’elencazione dei gravi illeciti professionali contenuta nell’articolo 80, comma 5, lett. C) del Codice dei contratti ai fini dell’esclusione dalle gare d’appalto non è tassativa, ma esemplificativa, nel senso che la stazione appaltante può ben desumere da altre circostanze, purchè puntualmente identificate, il compimento di gravi illeciti professionali”.
Nel caso specifico, “anche le accertate omissioni retributive costituiscono ragione sufficiente ai fini dell’apprezzamento di inaffidabilità della concorrente.”
Da quanto sopra esposto, si deve concludere nel senso che la mancata corresponsione delle retribuzioni ai lavorati dipendenti da parte del concorrente deve essere oggetto di apposita valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante, che sia a conoscenza di tale situazione, attraverso l’avvio di un procedimento di contraddittorio volto a verificare se il concorrente predetto sia incorso nella causa di esclusione prevista dall’articolo 80, comma 5, lettera c).
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Note
[1] Il Provvedimento è consultabile alla pagina https://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/
AttiDellAutorita/_Atto?id=058dc1d90a7780421b7911abaada9af6 .
[2] Si veda il testo integrale della sentenza alla pagina https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/provvedimenti-cds.
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