1. PREMESSA
In occasione della preparazione della giornata di studio per la polizia municipale “L’Ufficio infortunistica ed il rilievo del sinistro stradale”,dello scorso 6 maggio, tenutasi a Rapallo, ho sentito la necessità di approfondire un argomento assai delicato che potrà interessare in modo particolare, l’operato della polizia municipale, in quanto organo di polizia stradale. Mi riferisco con ciò, al reato previsto e punito dall’art. 189, commi 1, 6 e 7 del nuovo codice della strada, approvato con d. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 ([2]).
Di ciò, sento la necessità di ringraziare l’Avv. De Cantis che, come sempre, non ha mancata di offrire la Sua indiscussa ed indiscutibile disponibilità ad illuminare il cammino di questo Suo “allievo” e fedele lettore di quella ormai storica Rivista della Polizia Municipale, che è Crocevia.
2. COMPORTAMENTO IN CASO DI INCIDENTE
Buona parte delle norme di comportamento previste dal codice stradale del ’92, hanno subito nel tempo, modificazioni, anche rilevanti, eccezion fatta l’art. 189. Tale articolo e, più in particolare la prescrizione contenuta nel suo primo comma, impone all’utente della strada, che in certo qual modo abbia causato il sinistro stradale, di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona: questo, nel pieno rispetto di quel principio personalista contenuto nell’art. 2 della Costituzione e che impone ad ogni cittadino l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà economica e sociale, finalizzato alla trasformazione dell’individuo in membro effettivo e responsabile della comunità.
Tale valore è talmente alto, che il legislatore, nell’attuare questo principio costituzionale e nel trasfonderlo nel codice stradale, ha previsto che la mera omissione di assistenza sia punibile con una pena criminale (comma 6), aggravata questa dal fatto, che tale omissione sia in concreto riconducibile alla mancata assistenza alla persona ferita (comma 7). E ciò è tanto più vero, in ragione del fatto che il successivo comma 8 dell’articolo citato, prevede una sorta di norma (per così dire) premiale che esclude la possibilità di procedere all’arresto ([3]) del conducente che, sebbene indagato per omicidio colposo (art. 589 c.p.) o lesioni colpose (art. 590 c.p.), si sia fermato e, in caso di necessità, abbia prestato l’assistenza necessaria alle persone ferite. Vero è che nell’un caso (commi 6 e 7) il soggetto attivo è da ritenere, genericamente, ogni utente stradale (quindi, non necessariamente, il conducente di un veicolo ma chi faccia uso in concreto della strada) che abbia partecipato all’evento sinistro; mentre, nell’altro, il solo conducente (comma 8).
Ma ciò che adesso ci interessa, è il solo fatto che nella ipotesi prevista dal comma 6 del più volte citato art. 189 cod. str., il secondo periodo prevede, la passibilità dell’arresto di chi, non solo non si è fermato al fine di appurare l’esistenza di un eventuale danno alla persona, ma, che poi, si sia dato alla fuga.
2.1 L’omissione di assistenza e la fuga
Una prima considerazione è da fare ora in ragione della struttura data all’articolo in commento e, più in particolare ai richiamati commi 6 e 7. Infatti, l’ipotesi dell’arresto è da prevedere nella sola ipotesi di fuga nella omissione di assistenza che, su piano della pena — ma, in concreto — è meno grave della omissione di soccorso ([4]): non solo, nel caso della fuga è altresì prevista la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente. La lettura del comma sette del medesimo articolo, ci porterebbe invece ad escludere a priori tale misura di limitazione della libertà personale.
Ma al fine di meglio configurare le fattispecie di cui si discute, è il caso di sottolineare che nella ipotesi di cui all’art. 189, comma 6, cod. str. l’indagine non deve essere rivolta tanto alle conseguenze lesive (che, peraltro, in ragione di quanto si legge nel primo comma dell’art. cit., sono da ritenere semplicemente “eventuali” quindi, prevedibili e rapportabili all’evento, con l’obbligo per l’agente, di accertarne l’esistenza), ma al comportamento adottato in concreto dall’utente che, in quanto causante o concausante il sinistro, non si dà preoccupazione alcuna in ordine al fatto che le altre parti coinvolte possano avere subito danno alla persona; anzi, questi aggrava con la fuga quel comportamento già di per sé lesivo dell’oggetto tutelato dalla norma (il valore sociale della solidarietà umana), meritevole quindi di pena criminale.
Nel caso previsto dall’art. 189, comma 7, cod. str., invece, l’indagine è precipuamente rivolta alla circostanza che l’agente ha in concreto accertato l’esistenza delle lesioni sulle altre parti coinvolte e con ciò, ha omesso di prestare la necessaria assistenza ([5]).
Ed è anche il caso di ricordare, che la stessa Corte Costituzionale è stata chiamata a valutare la conformità della norma contenuta nel comma 6, dell’art. 189 del codice stradale alla Carta, scaturendone con ciò, la piena legittimità della norma (C. Cost. 24 luglio 1996, n. 305).
Tutto ciò premesso, si potrebbe quindi concludere, che all’accertamento del reato previsto dal comma 1 dell’art. 189 cod. str., ma sanzionato dal comma 7 st. art., non potrebbe anche conseguire l’accertamento della fuga (nel senso precedentemente detto) e, ciò che più conta, il disvalore sociale che giustificherebbe la misura dell’arresto. Infatti, in tal caso, con l’accertamento del reato, verrebbe altresì dimostrata la buona disponibilità dell’agente che abbia causato o concausato il sinistro; questi, infatti, si sarebbe quanto meno preoccupato di verificare i danni “eventualmente” subiti dalla persona, in conseguenza del sinistro.
Quindi:
– nel caso della omissione di assistenza di cui all’art. 189, comma 6, il comportamento illecito palesa un evidente disvalore sociale, riconducibile a chi non si preoccupa minimamente delle conseguenze derivanti dal proprio comportamento;
– nel caso della omissione di soccorso di cui all’art. 189, comma 7, si dimostra comunque — proprio sulla base dell’accertamento della fattispecie giuridica prevista — il comportamento conforme al dovere sociale di assistenza ancorché, successivamente al comportamento conforme, ne consegua altro, che minaccia il bene giuridico della salute pubblica.
3. LA COMPETENZA DEL GIUDICE DI PACE E LA DOVEROSITÀ DELL’ARRESTO IN TEMA DI OMISSIONE DI ASSISTENZA
Oggi, la competenza per materia in ordine al reato punito dal comma sesto dell’art. 189 cod. str., è passata da quella del tribunale a quella del giudice di pace (art. 4, comma 2, lett. q), d. Lgs. 274/2000), con l’evidenza del fatto che a questo giudice non si applicando le norme del cod. proc. pen. inerenti l’arresto ed il decreto penale di condanna (art. 2, comma 1, lett. b) ed l), d. Lgs. 274/2000) e quindi, laddove anche la p.g. proceda all’arresto di chi è colto nella flagranza del reato di cui si discute ed il P.M. convalidi l’arresto medesimo, tale misura dovrà essere necessariamente revocata, stante la mancanza del g.i.p. per la successiva convalida: in poche parole, l’arresto, sebbene previsto, non può avere luogo.
Non da meno, in ragione della conversione della pena prevista dal cod. str. a quella comminabile, in concreto, dal giudice di pace (art. 52, comma 2, lett. c) d. Lgs. 274/2000) ([6]) e trattandosi quindi di reato che prevede la pena pecuniaria alternativa alla pena detentiva ([7]), potrà essere autorizzato dal giudice l’istituto dell’oblazione (art. 162-bis c.p.), con la conseguenza di vedere estinto il reato e, quindi, venire meno anche le conseguenze derivanti dall’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie (sospensione della patente).
In definitiva, rappresentata la competenza del giudice di pace anche a giudicare in ordine al reato di lesioni, resterebbe l’unica ipotesi di arresto riconducibile al comportamento sopra prospettato, laddove dal sinistro derivi la morte. Infatti, in tal caso (omicidio colposo), la competenza per connessione potrebbe di nuovo passare da quella del giudice di pace a quella del tribunale.
4. CONCLUSIONI
Possiamo concludere, richiamando l’attuale grave allarme sociale, che deriva dal sempre più alto numero di sinistri stradali e, soprattutto, da quel comportamento (prima ancora che antigiuridico) immorale di chi si dà alla fuga, lasciando alle conseguenze — anche nefaste — del sinistro, chi abbia subito danno alla persona. Non so se a ciò vale l’asprezza della legge, se non la civica educazione — e con essa la civiltà giuridica del popolo — che purtroppo sempre più manca in questo Paese.
Certamente, il legislatore non può rimanere silente e già nel disegno di legge n. 2026 (approvato alla Camera dei deputati in data 19 marzo 2002) risultano gravemente inasprite le pene previste sia dall’art. 593 c.p. e dai commi 6 e 7 dell’art. 189 cod. str. In tal senso, è riconfermata l’ipotesi dell’arresto (facoltativo) nei termini sopra detti, con la opportuna specificazione che ciò si attua anche al di fuori dei limiti previsti dai commi 1 e 2 c.p. dell’art. 381 c.p.p. ovvero, soltanto quando la misura è giustificata dalla gravità del fatto, ovvero, in ragione della pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto. Ma è altresì evidente, che in ragione della nuova pena prevista (…fino a quattro anni di reclusione…), anche nella ipotesi di cui al comma 7, dell’art. 189 cit., si possa procedere all’arresto, proprio ai sensi dell’art. 181, comma 1, c.p.p.
E certamente, noi polizia municipale, dobbiamo avere tutta la forza e tutto il coraggio per diffondere una cultura giuridica, che avvicini il cittadino alle istituzioni e faccia sentire le istituzioni vicine ai bisogni dei cittadini. La nostra uniforme, non dovrebbe essere un indumento che ci separa dagli altri ma, facendoci distinguere, per il nostro impegno civile, ci riveste di quell’autorevolezza che è cosa ben diversa dall’autoritarismo della pena fine a se stessa.
E’ ben probabile, purtroppo, che questa nostra società stia perdendo il senso della liceità, che non la conoscenza della misura delle pene e che ragioni in termini di mera convenienza all’agire, piuttosto che di rispetto della persona umana.
Allora, se questo nostro studio ci può far riflettere su di un interessante fatto giuridico, forse sarebbe ancora più interessante capire ciò che si va a punire e perché questo accade.
Note:
[1] Ufficiale della Polizia Municipale del Comune di Forte dei Marmi, responsabile dell’U.O. Vigilanza di Quartiere “Vittoria Apuana” e docente, presso la Scuola per le Autonomie Civita di Torre del Lago (LU) — http://www.civita.net, in materia di infortunistica stradale.
[2] Nel proseguo, indicato più semplicemente con la sigla cod. str.
[3] L’arresto è comunque in facoltà della p.g. procedente nella sola ipotesi dell’omicidio colposo e non anche delle lesioni colpose, tanto da far ricondurre tale “premio”, in questa ipotesi, proprio alla ipotesi prevista dal richiamato comma sesto dell’art. 189 st. cod..
[4] Parlando di omissione di soccorso, non ci si vuole certo riferire al delitto di cui all’art. 593, commi secondo e terzo c.p., riconducibile, semmai, al comportamento posto in essere da tutti gli altri utenti della strada.
[5] Cfr. Cass. Pen, Sez. IV, 31/10/1997, n. 327
[6] Nuova tipologia sanzionatoria, che abbraccia una serie di ipotesi criminose che, nel loro complesso, esprimono una conflittualità «minore» di carattere per lo più privato, il cui rito ha la caratteristica di essere orientato non alla repressione del conflitto evidenziato dal reato, ma alla sua composizione, mediante vari strumenti (cfr. T. PADOVANI, Diritto Penale, VI Ed., GIUFFRE’ EDITORE MILANO, pagg. 296 ss.).
[7] Permanenza domiciliare o lavoro di pubblica utilità.
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