La Corte Costituzionale con la sentenza n.76/2017, dispone l’illegittimità dell’automatismo di cui all’articolo 47 quinquies comma 1 bis della legge sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà ( legge 354/1975). La disposizione de qua amplia il beneficio dei domiciliari alle madri detenute, aventi prole minore di anni dieci, con condanna superiore ad anni quattro. La parte della norma a destare dubbi circa la legittimità costituzionale è quella che preclude tale beneficio alle madri condannate, per uno dei delitti di cui all’articolo 4 bis della legge 354/1975, il cui elenco di reati, per la Corte Costituzionale, risulta essere gravemente diseguale oltre che stratificato, eterogeneo e complesso.
Nel caso in specie, il Tribunale di Sorveglianza di Bari, inerentemente al caso in cui una detenuta, alla quale erano stati concessi i domiciliari, condannata per traffico di droga alla pena di anni sette, chiede la proroga del beneficio in ragione del compleanno del figlio di tre anni di età.
Per il Tribunale di Sorveglianza vi è contrasto tra la preclusione dei modi agevolati di scontare la pena con gli articoli 3, 29, 30 e 31 Costituzione, poiché la ratio della norma si ravvisa nell’intenzione di far prevalere la pretesa punitiva dello Stato a scapito delle esigenze di tutela della madre e del minore vanificando, peraltro, il fine della detenzione domiciliare speciale volta al ripristino della convivenza della madre e dei figli.
Orbene, la Corte Costituzionale conferma che non può negarsi automaticamente il beneficio dei domiciliari alla madre detenuta, ritenendo, quindi, incostituzionale l’espressa esclusione.
Sottolinea, inoltre, che ripetutamente la Corte ha dato risalto alla rilevanza dell’interesse del figlio minore che, secondo la Convenzione di New York del 1989 e la Carta dei diritti fondamentali di Strasburgo del 2007, deve essere preminente e presa in considerazione nelle decisioni adottate dalle autorità pubbliche. Infatti, il figlio minore deve vedere tutelato l’interesse a mantenere un rapporto continuativo con ambedue le figure genitoriali che a loro volta devono poter provvedere alla sua educazione, istruzione e cura.
Concludendo, spetta al legislatore, attraverso i limiti in astratto posti dalle norme, il bilanciamento delle esigenze di difesa sociale, inerenti all’esecuzione della pena che il genitore deve scontare. Quindi, la preclusione del beneficio in termini assoluti lede l’interesse del minore e di conseguenza la Carta Costituzionale. Al legislatore viene precluso di negare aprioristicamente l’accesso al beneficio alla madre basandosi su indici presuntivi, non consentendo al giudice una valutazione delle esigenze di difesa sociale caso per caso e, quindi, comportando un sacrificio dell’interesse del minore.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento