Un ragazzo diversamente abile – (“ già riconosciuto dall’ingresso nella scuola primaria il minore risultava essere certificato come portatore di handicap psico – fisico, con diagnosi clinica della USL di Frosinone UTR Alatri; che lo stato di disabilità sarebbe stato confermato nei successivi anni scolastici e corredato dalle relative diagnosi dai piani educativi personalizzati (PEP) ”) – si relaziona,durante un consiglio di classe, in maniera aggressiva utilizzando un linguaggio poco consono e rispettoso nei confronti dell’insegnante d’inglese. Questa, risentita ed offesa, propone al Dirigente scolastico di adottare dei provvedimenti nei confronti dell’alunno. Memore della direttiva emanata dal Procuratore della Repubblica del Tribunale di Frosinone, tesa a fronteggiare comportamenti violenti nell’ambito scolastico, il Responsabile inoltra una relazione sull’accaduto alla Magistratura. La stessa, preso atto, interviene disponendo l’allontanamento del minore dall’Istituto e ,contemporaneamente, il Direttore Scolastico fornisce il nulla osta al trasferimento dell’alunno presso altro Istituto. Proprio sulla tempestività del rilascio del nulla osta s’incentra il ricorso al TAR promosso dai genitori. Il TAR del Lazio respinge il ricorso, sentenza 244/2012, motivando che il rilascio del nulla osta – a prescindere da chi lo richiede o in questo caso dovuto – , è previsto dall’”art. 4 del R.D. n° 653 del 1925 (che) espressamente dispone: …l’alunno che intende trasferirsi ad altro istituto durante l’anno scolastico deve farne domanda (…) al Preside del nuovo istituto, unendo alla domanda stessa la pagella scolastica col nulla osta da cui risulti che la sua posizione è regolare nei rapporti della disciplina e dell’obbligo delle tasse, e una dichiarazione del preside dell’istituto di provenienza relativa alla parte di programma già svolta”. Pertanto il Dirigente Scolastico, attenendosi al provvedimento di allontanamento disposto dalla Procura e fornendo l’attestato di regolarità scolastica, ha assolto al suo dovere al fine di consentire il prosieguo degli studi presso altra scuola e non attuato un’azione discriminatoria.
Come realmente si sono svolti i fatti rimane un’incognita, ma si sa che l’increscioso evento è stato unico nel genere. Da estranea ai fatti ritengo un po’ eccessivo arrivare ad alzare tanto polverone, ben consapevole che atti di bullismo o mancanza di rispetto verso le Istituzioni vanno redarguiti. Ma perché tra questo alunno e la sua insegnante d’inglese c’era tanto astio da degenerare a tal punto?
Non è un evento sporadico che definisce il bullismo. Per “BULLISMO” o mobbing adolescenziale s’intende una serie di atti violenti nell’ambito scolastico e/o sociale nel lasso temporale che va dai 10 ai 18 (pre-adolescenza e adolescenza). Gli eventi riportati dalla cronaca sono numerosi, fenomeni dove i ragazzi violenti che colti in flagranza di reato trovano risposta da parte delle autorità competenti che, tempestivamente, prendono posizione contro i malfattori; ma, analogamente si registrano tantissime situazioni di bullismo (mobbing scolastico) dove la vittima di violenza e la sua famiglia non denunciano. Ultimamente sono “fioccate” diverse sentenze di bullismo ( mobbing in età evolutiva ), al fine di sensibilizzare e riconoscere giuridicamente la violenza tra ragazzi in determinati contesti e tecniche messe in atto. La denuncia è il primo atto per arrivare ad un riconoscimento di questo tipo. Fronteggiare il fenomeno bullismo palesato in ambienti scolastici, così anche in altri contesti, previene danni lesivi sia dal punto di vista fisico che psicologico alle vittime innocenti di quello che è diventata una piaga sociale! Il silenzio cela un gran numero di vittime e l’abbinamento “scuole e violenza” è un binomio diseducativo a cui si associa il termine “paura” sono termini che non devono andare affiancati: inevitabile, per le vittime e non solo, sarebbe aggiungere a questo terribile binomio la parola “paura” ! Derisioni, umiliazioni, lesioni, minacce, rabbia, notti insonni… è un prezzo troppo alto da pagare per dei ragazzi o ragazze!
Il presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori e consulente della Commissione parlamentare per l’Infanzia, Dottor Antonio Marziale, ha ritenuto paradossale “che per esigere il rispetto dovuto dai minori si debba pronunciare addirittura la magistratura e se ciò avviene vuol dire che c’e’ gente che dovrebbe cambiar mestiere, piuttosto che insegnare…… La parola è l’unica strategia pedagogica per far riflettere un soggetto in età evolutiva che sbaglia sull’errore commesso e non esistono alternative. Certi metodi non sono degni di un Paese compiutamente civile”.
A maggior ragione come in questo caso.
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