Il danno morale conseguente all’evento di malpractice medica è risarcibile solo se allegato. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica
Indice
1. I fatti: il danno morale da malpractice medica
Una paziente di un ospedale lucano conveniva in giudizio la struttura sanitaria, chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito di un intervento di artroprotesi al ginocchio sinistro effettuato a causa di una gonartrosi.
La paziente affermava di essere stata ricoverata presso la predetta struttura sanitaria per l’esecuzione dell’intervento e di essere stata successivamente dimessa con prescrizione di farmaci e fisioterapia. Tuttavia, dopo diversi mesi dall’operazione e anche dopo lo svolgimento della fisioterapia, la paziente lamentava dolori localizzati alla protesi e gravi limitazioni funzionali dell’arto interessato dall’intervento. Conseguentemente effettuava un esame radiografico, da cui emergeva la presenza di un errore nel posizionamento della protesi da parte dei medici che avevano eseguito l’intervento.
La paziente introduceva quindi un ATP ex art. 696 bis c.p.c. nel quale veniva accertato l’errato posizionamento della protesi e la sussistenza di un danno biologico correlato a detto errore medico.
Conseguentemente, la paziente introduceva il giudizio di merito nei confronti della struttura sanitaria chiedendo il relativo risarcimento del danno.
L’ospedale si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea, ritenendola infondata, ed il giudice, senza svolgere istruttoria, accoglieva la domanda della paziente. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica
Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
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2. Le valutazioni del Tribunale
Preliminarmente, il Tribunale ha ricordato che la responsabilità della struttura sanitaria ha natura contrattuale e si fonda sul contratto di spedalità. Detta responsabilità può conseguire all’inadempimento delle obbligazioni poste a carico della struttura sanitaria direttamente oppure all’inadempimento delle prestazioni medico-professionali che sono svolte dai sanitari di cui la struttura si avvale (anche se tra detti soggetti non vi è un rapporto di lavoro subordinato).
In ragione della natura contrattuale della responsabilità, il creditore che agisce per il risarcimento del danno ha l’onere di provare la fonte (legale o negoziale) del proprio diritto e può limitarsi ad allegare la circostanza dell’inadempimento del debitore (cioè della struttura sanitaria). Tuttavia, detta allegazione non può essere limitata ad un qualsiasi inadempimento, ma deve riguardare un inadempimento qualificato, cioè un inadempimento che costituisca causa astrattamente efficiente per produrre il danno subito dal creditore. Il paziente deve quindi allegare un inadempimento specifico della struttura sanitaria che costituisca causa efficiente del danno che egli lamenta: detto danno deve essere correlato al comportamento omesso o non diligente posto in essere dalla struttura sanitaria o da un suo ausiliario.
Per quanto concerne, poi, i danni che sono liquidabili a fronte di un evento di malpractice medica, il tribunale ricorda che, oltre al danno biologico, è possibile riconoscere al paziente la personalizzazione del danno e il danno morale.
Per quanto concerne la personalizzazione del danno, il giudice ha ritenuto che la stessa non può essere un automatismo e deve invece essere giustificata tramite l’accertamento che sussistono specifiche condizioni eccezionali ulteriori rispetto a quelle ordinariamente conseguenti alla menomazione. Si deve trattare cioè di circostanze eccezionali, specifiche e diverse da quelle che invece ordinariamente sono conseguenti alla menomazione. In altri termini, un pregiudizio che riguarda un’attività della vita che non è praticata dalla persona standard, ma che assuma connotati specifici, eccezionali, peculiari.
Per quanto concerne il danno morale, il giudice ha ricordato come lo stesso gode di una sua autonomia rispetto al danno biologico e che si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d’animo di sofferenza interiore, che prescinde del tutto dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato.
Secondo il giudice, infatti, la sofferenza che deriva ad un soggetto a seguito della lesione del bene salute, può essere di due tipi: da un lato, la sofferenza fisica e della vita di relazione; dall’altro lato, la sofferenza interiore, cioè il dolore, la vergogna, la paura, la disistima, la disperazione (cioè un disagio psicologico che non si traduce nella riduzione delle attività quotidiane e degli aspetti dinamico-relazionali, ma comporta delle intense reazioni emotive e comportamentali del soggetto).
Tuttavia, per poter ottenere il risarcimento del danno morale, è necessario che l’attore alleghi le conseguenze pregiudizievoli che ha subito. Infatti, se è vero che in base ad un criterio logico-presuntivo si può far corrispondere la sussistenza di una sofferenza interiore proporzionata alla gravità della lesione, tuttavia detta presunzione può essere applicata soltanto per supplire a una carenza probatoria della sofferenza interiore, ma non per supplire alla carenza di allegazione della sussistenza di detta sofferenza.
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3. La decisione del Tribunale
Nel caso di specie, il tribunale ha ritenuto che dagli esami radiografici eseguiti dalla paziente dopo l’intervento, emerga un errato posizionamento della componente tibiale della protesi e che i postumi sofferti dalla stessa (consistenti nella limitazione dell’uso dell’arto interessato) sono causalmente connessi all’errato intervento chirurgico posto in essere dai sanitari dell’ospedale.
Conseguentemente, il giudice ha ritenuto che la mancata guarigione della paziente o comunque il peggioramento della funzionalità dell’arto e il continuo dolore avvertito sono riconducibili alla condotta errata dei sanitari.
Per quanto concerne la quantificazione del danno biologico, come sopra accertato, il giudice ha ritenuto di applicare le tabelle elaborate dal tribunale di Milano, in quanto ritenute un valore equo in grado di garantire la parità di trattamento in tutti i casi simili.
Per quanto concerne la personalizzazione del danno, invece, il tribunale ha ritenuto non sussistenti i presupposti poc’anzi esaminati, in quanto ha ritenuto che la paziente avesse subito soltanto conseguenze che qualunque vittima di lesioni analoghe subirebbe.
Per quanto concerne, invece, il danno morale, il giudice ha ritenuto che l’attrice non ha assolto agli oneri di allegazione che gravavano sulla medesima in merito alla descrizione delle condizioni soggettive che la stessa aveva avuto a causa dell’errato intervento sanitario. Pertanto, non ha potuto riconoscere una voce di danno morale a favore della attrice.
Conseguentemente, il giudice ha liquidato il danno subito dalla paziente nel solo importo corrispondente alla lesione del danno biologico, secondo quanto risultante dall’applicazione delle note tabelle milanesi, mentre non ha riconosciuto alla stessa alcun importo a titolo di personalizzazione del danno o a titolo di danno morale.
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