Malpractice medica e danno da perdita parentale

L’ordinanza 27142/2024 della Cassazione interviene sul tema della malpractice medica, riconoscendo la presunzione del danno parentale e approfondendo il criterio del “più probabile che non” nell’accertamento del nesso causale.

Chiara Schena 20/11/24
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L’ordinanza 27142/2024 della Cassazione interviene sul tema della malpractice medica, riconoscendo la presunzione del danno parentale e approfondendo il criterio del “più probabile che non” nell’accertamento del nesso causale.

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Corte di Cassazione -sez. III civ.- ordinanza n. 27142 del 21-10-2024

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Indice

1. I fatti di causa


Un paziente affetto da una grave patologia era stato sottoposto a quattro interventi chirurgici presso una struttura sanitaria. Secondo i familiari, i trattamenti medici erano stati compromessi da errori diagnostici. Nonostante le cure ricevute, le condizioni del paziente erano peggiorate fino al decesso, avvenuto dieci mesi dopo l’ultima operazione, a causa di un infarto al miocardio.
La moglie e i due figli dell’uomo avevano deciso di agire contro la struttura sanitaria, chiedendo il risarcimento del danno da perdita parentale. Il Tribunale aveva inizialmente rigettato la domanda, ritenendo non dimostrato il nesso causale tra la condotta dei medici e il decesso. In secondo grado, la Corte d’Appello aveva invece riconosciuto la responsabilità della struttura sanitaria, condannandola al risarcimento, ma limitandolo alla moglie convivente.

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2. I motivi del ricorso


I figli del defunto, esclusi dal risarcimento dalla Corte d’Appello, hanno deciso di impugnare la sentenza, lamentando che il giudice di merito avesse trascurato alcuni elementi fondamentali come la convivenza con il genitore, la loro età relativamente giovane e il legame affettivo che li univa al padre. A loro avviso, la decisione violava l’art. 2059 c.c., in quanto il danno parentale, anche se non patrimoniale, può essere riconosciuto attraverso presunzioni semplici, come previsto dagli artt. 2727 e 2729 c.c.. Tali presunzioni consentono infatti di desumere il danno sulla base di circostanze evidenti e prevedibili, come il criterio del “id quod plerumque accidit“.

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3. Il ragionamento giuridico della Cassazione sulla malpractice medica


La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso principale dei figli, ribadendo che in materia di danno parentale è applicabile una presunzione iuris tantum. Questo principio, già sancito dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite (cfr. corte cass. sent. n. 26972/2008), si fonda sull’idea che la perdita di un rapporto parentale, specie con un genitore convivente, comporti di norma un pregiudizio relazionale e affettivo, che non necessita di una prova analitica salvo contestazione concreta del danneggiante.
Richiamando il criterio del “id quod plerumque accidit”, i giudici hanno sottolineato che la sofferenza e il mutamento delle condizioni di vita derivanti dalla perdita di un familiare stretto sono eventi prevedibili e presunti. Nel caso in esame, la convivenza dei figli con il genitore defunto, la loro giovane età e l’esistenza di un legame affettivo intenso erano elementi sufficienti per ritenere dimostrato il diritto risarcitorio.
Sul tema del nesso causale, la Cassazione ha confermato che, in ambito medico, deve applicarsi il principio del “più probabile che non”, principio già consolidato in giurisprudenza. Questo criterio non richiede una certezza assoluta, ma impone al giudice di valutare, sulla base della preponderanza dell’evidenza, se la condotta medica negligente abbia contribuito in misura determinante al danno.
Nel caso concreto, gli errori medici accertati, tra cui la mancata applicazione dello stent intestinale, avevano significativamente ridotto le possibilità di sopravvivenza del paziente, configurando una perdita di chance. La struttura sanitaria non era riuscita a dimostrare che la morte fosse dovuta esclusivamente a fattori indipendenti, non riconducibili alla condotta negligente.

4. Conclusioni


La Corte di Cassazione ha chiarito che il danno da perdita di un genitore convivente può essere accertato anche attraverso presunzioni semplici, salvo prova contraria.
Sul piano del nesso di causalità, la pronuncia ribadisce che, in ambito sanitario, il criterio del “più probabile che non” consente di riconoscere il collegamento tra condotta negligente ed evento dannoso senza richiedere una certezza assoluta, valorizzando anche la perdita di chance.

Chiara Schena

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