La Corte di Cassazione, con sentenza n. 30316 del 23 luglio 2024, ha chiarito che, in tema di maltrattamenti in famiglia, è ammessa la “quasi flagranza” in presenza di segni evidenti sulla persona offesa e nei luoghi delle presunte violenze.
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Indice
1. I fatti
Il Gip del Tribunale di Larino non ha convalidato, per assenza del presupposto della “quasi flagranza“, l’arresto dell’indagato eseguito dai Carabinieri in relazione al reato di maltrattamenti in famiglia aggravato dalla “violenza assistita” del figlio (disponendo comunque l’applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, corredato dall’utilizzo del braccialetto elettronico).
Avverso la mancata convalida ricorre il Procuratore della Repubblica deducendo che nel caso di specie esisteva la “quasi flagranza” poiché la persona offesa presentava, come riconosciuto dal Gip, “vistosi segni di rossore sul collo” dai quali, però, erroneamente è stato ritenuto possibile “inferire al più la consumazione del reato di lesioni personali non aggravate (per il quale non è consentito l’arresto in flagranza) ma non certo il delitto di cui all’art. 572 cod. pen.“.
Il Procuratore, a sostegno della sua tesi, ha addotto nel ricorso che i segni presenti sulla persona offesa rappresentano, unitamente alle dichiarazioni rese nell’immediatezza dalla donna, elementi a sostegno dell’abitualità del delitto di maltrattamenti in famiglia.
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Formulario Annotato del Processo Penale
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2. Maltrattamenti in famiglia e “quasi flagranza”: l’analisi della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, nel dichiarare fondato il ricorso, osserva che nel verbale di arresto viene dato atto della situazione di “calma apparente nonostante il disordine generale presente“, situazione che veniva immediatamente spiegata dalla donna che dichiarava agli agenti di essere da anni minacciata e percossa dal compagno anche alla presenza dei figli minori e, dunque, sporgeva querela.
Inoltre, dal suddetto verbale si ricava anche la presenza delle tracce della violenza subita immediatamente prima.
Ad avviso della Corte di Cassazione, in tale contesto trova applicazione il principio di diritto secondo il quale “è configurabile lo stato di flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia allorché il singolo episodio lesivo non risulti isolato, ma si ponga inequivocabilmente in una situazione di continuità rispetto a comportamenti di reiterata sopraffazione direttamente percepiti dagli operanti“.
Per completezza, si riporta anche l’art. 382 cod. proc. pen. a norma del quale “è in stato di flagranza chi viene colto nell’atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima“.
3. La decisione della Cassazione
Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione accoglie la tesi del Procuratore della Repubblica.
Il principio di diritto che, ad avviso della Suprema Corte, trova applicazione nel caso di specie era stato precedentemente applicato a un caso analogo per il quale era stata correttamente desunta la flagranza del reato sulla base della constatazione da parte delle forze dell’ordine delle condizioni dell’abitazione e delle modalità con le quali era stato richiesto l’intervento d’urgenza, delle condizioni soggettive della persona offesa, costretta a rifugiarsi presso una vicina per sottrarsi all’aggressione del figlio il quale, anche alla presenza degli agenti, non aveva esitato ad inveire contro la madre ingiuriandola con epiteti vari.
Ebbene, per questi motivi la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata senza rinvio, risultando l’arresto compiuto dalla Polizia giudiziaria legittimo.
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