Riferimenti normativi: art. 1123 c.c.
Precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. VI, Sentenza del 05/07/2017 n. 16608
Indice:
La vicenda
Un condominio richiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di una condomina a cui veniva intimato di pagare una rilevante somma per spese condominiali, maggiorata di interessi e spese. La condomina si opponeva al decreto ingiuntivo, lamentando l’inerzia del condominio nell’esecuzione delle opere necessarie per risolvere i gravi problemi relativi allo scarico fognario. In particolare l’intimata faceva presente che, con lo scopo di insediarvi un’attività di pulitura, aveva acquistato un’unità immobiliare con due ingressi e composta da un locale a piano terra e due seminterrati dotati di servizi igienici. Dopo l’acquisto però aveva riscontrato gravi vizi all’impianto di scarico, periodicamente interessato da rigurgiti (tanto che il condominio le aveva proposto l’applicazione della valvola di non ritorno nelle linee soggette a refluo). A sostegno dell’opposizione al decreto ingiuntivo la condomina aggiungeva che i problemi allo scarico fognario non erano stati eliminati, con la conseguenza che era stata costretta a far eseguire una perizia da cui emergevano diversi fattori scatenanti e possibili soluzioni per rimediarvi. Come precisava ancora la condomina però, suo malgrado, la relazione tecnica non aveva sortito effetti (seppure inviata all’amministratore), costringendola a promuovere un accertamento tecnico preventivo il cui esito individuava come soluzione l’installazione di una piccola stazione di sollevamento da interrare nel carraio. Il condominio restava ancora inadempiente; la condomina però – sempre in sede di opposizione al decreto – metteva in rilievo che era stato raggiunto un accordo secondo cui il pagamento delle spese condominiali sarebbe stato effettuato a fronte degli interventi sopra detti necessari per far funzionare correttamente lo scarico fognario. In considerazione del fatto che tale accordo non era stato rispettato la stessa condomina chiedeva l’annullamento e/o la revoca del decreto ingiuntivo, con condanna del condominio in via riconvenzionale al risarcimento di tutti i danni per mancato incasso del canone di locazione relativo al suo immobile che per 29 anni non aveva potuto locare, proprio a causa della non risolta problematica idraulica.
Il condominio si difendeva osservando che la situazione era stata tollerata per oltre trent’anni. Inoltre notava che l’assemblea aveva trovato una soluzione ma la condomina continuava a maturare il debito per la sua quota di spese condominiali. In ogni caso riteneva infondata la domanda subordinata di risarcimento del danno basata sull’impossibilità di locare l’immobile.
La questione
Il singolo condomino che asserisce di non riuscire a locare il suo immobile per la mancata esecuzione di opere nelle parti comuni può arrivare a sospendere il pagamento delle quote condominiali?
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La soluzione
Il Tribunale ha respinto l’opposizione e confermato il decreto ingiuntivo. Secondo lo stesso giudice – contrariamente a quanto asserito dalla condomina – il pagamento delle spese non era affatto subordinato all’esecuzione di una serie di lavori sulle parti comuni, in particolare sull’impianto di scarico. A giudizio del Tribunale i verbali assembleari evidenziavano il contrario, ossia che i lavori sarebbero stati eseguiti solo dopo il saldo del dovuto. Del resto il Tribunale ha notato che non era rinvenibile alcun tipo di accordo che subordinasse il pagamento all’esecuzione alle opere per la fognatura, mentre la proprietaria aveva riconosciuto il proprio debito. In ogni caso il Tribunale non ha accolto la richiesta di risarcimento dei danni per mancata locazione della proprietà esclusiva. Ciò perchè era poco credibile che una tolleranza durata per decenni fosse sfociata nella decisione di procedere alla locazione del suo immobile proprio a seguito dell’ingiunzione.
Le riflessioni conclusive
In tema di condominio, i condotti fognari sono considerati dalla legge parti comuni dell’edificio e sono oggetto di proprietà comune fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini, con la conseguenza che, se la fognatura causa danni ad un condomino, di tali danni ne risponde il condominio.
In altre parole il condominio, in veste di custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché questi non rechino pregiudizio ad alcuno, rispondendo conseguentemente dei danni cagionati sia a terzi che agli stessi condomini. Da qui il carattere oggettivo della responsabilità per danni da cose in custodia, essendo sufficiente a qualificare la stessa, la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la res che ha determinato l’evento lesivo, e ciò indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa e senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza; tale responsabilità è esclusa soltanto nel caso in cui l’evento sia imputabile al caso fortuito, inteso come fattore esterno – eccezionale ed imprevedibile – che, interferendo nella situazione in atto, produca ex se l’evento. Fermo quanto sopra, il singolo condomino non può sottrarsi al pagamento delle spese condominiali adducendo come giustificazione l’inerzia del condominio nell’esecuzione delle opere di manutenzione delle parti comuni. L’obbligazione di corrispondere gli oneri condominiali non scaturisce da un rapporto sinallagmatico di natura contrattuale, bensì dalla partecipazione necessaria alla proprietà comune degli impianti. Di conseguenza il rimedio di cui all’art. 1460 c.c., riguardante il campo dei contratti a prestazioni corrispettive, non può ritenersi applicabile ai rapporti fra condominio e condomini (Cass. civ., Sez. Unite, 26/11/1996, n. 10492).
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