Mancate comunicazioni alla cassa forense di previdenza e assistenza e illecito disciplinare (Cass. civ. 18730/2013)

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Massima

Rappresenta un illecito disciplinare la condotta dell’avvocato che omette di inviare alla cassa forense di appartenenza le comunicazioni relative all’ammontare dei redditi professionali ai fini IRPEF e del volume d’affari ai fini IVA.

Ciò anche nel caso in cui l’avvocato non sia iscritto alla Cassa e nemmeno abbia l’obbligo di domandare l’iscrizione e quindi di versare il relativo contributo, in quanto il sistema normativo riferisce il dovere di comunicazione del reddito e del volume d’affari indistintamente a tutti gli avvocati.

 

1. Premessa

Nella decisione in commento del  6 agosto 2013 n. 18730 i giudici della Corte di Cassazione hanno precisato che, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 17 della legge n. 576/1990, costituisce un illecito disciplinare la condotta del professionista (1) che sia iscritto all’albo e che ometta l’invio alla cassa di appartenenza di previdenza e assistenza, delle comunicazioni relative all’ammontare dei redditi professionali (2).

Tale condotta, precisano i giudici, costituisce un illecito disciplinare anche nella ipotesi in cui il professionista non sia iscritto alla cassa forense e non abbia l’obbligo di domandare l’iscrizione (3) e di versare i contributi relativi.

Ciò in quanto il sistema normativo riferisce il dovere della comunicazione del reddito e del volume d’affari indistintamente a tutti gli avvocati.

Vi è differenza solo per quanto concerne i praticanti avvocati per cui l’obbligo è espressamente previsto solamente se siano iscritti anche alla cassa forense di appartenenza.

 

1.1. La fattispecie

Un libero professionista proponeva opposizione avverso la cartella esattoriale con cui era stato intimato il pagamento dei contributi previdenziali dovuti alla cassa forense.

In primo grado il Tribunale accoglieva l’opposizione annullando la cartella.

Impugnava la Cassa forense per dedurre che erroneamente era stato applicato il termine di prescrizione quinquennale anziché quello decennale e che il libero professionista aveva presentato istanza di condono anche per l’anno per cui erano stati annullati i contributi (anno 1987), senza apporre clausole di riserva, precludendosi in tal modo la possibilità di esperire un’azione di accertamento negativo del debito.

In sede di appello la Corte accoglieva il gravame rigettando, integralmente, l’opposizione, osservando che “ai sensi dell’art. 19, in relazione agli artt. 17 e 23 della legge n. 576/80, occorreva distinguere tra dichiarazione omessa e dichiarazione non veritiera; che nel primo caso (dichiarazione omessa o non inviata) non è ravvisabile un dies a quo del termine, mentre nel secondo caso (dichiarazione resa ed inviata, ma non conforme al vero) la prescrizione prende a decorrere dal momento della trasmissione della dichiarazione alla Cassa previdenziale; che la legge n. 335/95 non aveva innovato quanto alle regole sulla decorrenza della prescrizione e, pertanto, l’art. 19 della legge n. 576/80 continuava a trovare applicazione; che nel caso di specie, quanto all’anno 1987, non vi era prova dell’invio, da parte dell’avv. (…) alla Cassa, della dichiarazione (cd. mod. 5, contenente l’indicazione del volume di affari) e dunque non poteva ritenersi maturata la prescrizione”.

Il professionista proponeva ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.

Con il primo motivo del ricorso principale il professionista denunciava error in procedendo per omessa integrazione del contraddittorio in appello con l’Esattoria Comunale, parte del giudizio di primo grado, in violazione dell’art. 331 cod. proc. civ., come sancito dall’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999.

Con il secondo motivo eccepiva la nullità della cartella esattoriale per omessa previa notifica dell’ordinanza ingiunzione prevista per le sanzioni amministrative dalla legge n. 689/81 art. 35, comma 7.

Con il terzo motivo denunciava falsa applicazione delle norme sulla prescrizione del credito contributivo.

Con il quarto motivo prospettava l’incostituzionalità dell’art. 19 comma 2 della legge n. 576/80 per contrasto con l’art. 24 Cost. (4).

Con il quinto motivo censurava la sentenza per motivazione insufficiente circa “un punto decisivo della controversia cioè se nel caso di specie deve ritenersi valida l’applicazione dell’art. 19, secondo comma, legge n. 576 del 1980 laddove la Cassa chiede il pagamento dei contributi, sanzioni ed interessi per ipotetica omessa dichiarazione Mod./5 avvenuta oltre il decennio dalla richiesta”.

 

2.  Conclusioni

I giudici della Corte hanno precisato, ricordando precedenti sul tema (5) che è inammissibile l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 19 legge n. 576 del 1980, priva del relativo quesito di diritto.

In tema di ricorso per cassazione, la prospettazione di una questione di costituzionalità, essendo funzionale alla cassazione della sentenza impugnata e postulando la prospettazione di un motivo che giustificherebbe tale effetto una volta accolta la questione medesima, suppone necessariamente che, a conclusione dell’esposizione del motivo così finalizzato, sia indicato il corrispondente quesito di diritto previsto dall’abrogato art. 366-bis cod. proc. civ. (6), indipendentemente dalla rilevabilità d’ufficio della questione di costituzionalità e dall’ammissibilità del ricorso che prospetti soltanto un dubbio di costituzionalità.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso principale, assorbendo quello incidentale proposto dalla cassa forense; ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

 

Manuela Rinaldi   
Avvocato foro Avezzano Aq – Dottoranda in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli; Tutor di Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Docente in corsi di Alta Formazione Professionale e Master; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano, Aq; Docente in Master e corsi di Alta Formazione per aziende e professionisti; dal 2013 Tutor di Diritto Civile Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. M. Orlandi

 

__________ 

(1) Di un avvocato.

(2) Redditi dichiarati ai fini IRPEF e del volume d’affari dichiarato ai fini IVA.

(3) Avvenendo d’ufficio l’iscrizione ai fini assistenziali per ogni iscritto all’albo.

(4) In quanto la mancanza di una precisa disciplina sulla decorrenza del termine prescrizionale in caso di omessa dichiarazione lascerebbe alla Cassa la facoltà di esigere i contributi a distanza di molti anni, in violazione del diritto di difesa e del principio di certezza del diritto.

(5) Cass. S.U., 24 gennaio 2013, n. 1707.

(6) Ove applicabile “ratione temporis.

Sentenza collegata

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