Il mancato risarcimento del danno non può essere di per sé valutato come ostativo all’ammissione alla messa alla prova. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume il quale procede ad una disamina della novella, articolo per articolo: La Riforma Cartabia della giustizia penale
Indice
1. La questione: il mancato risarcimento è di per sé ostativo?
Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Firenze, ricorrendo per Cassazione, chiedeva l’annullamento di un’ordinanza e di una sentenza con le quali, sospeso il procedimento a suo carico dell’imputata per la messa alla prova, era stato dichiarato estinto il reato ad ella ascritto per esito positivo della prova.
In particolare, la pubblica accusa, tra le argomentazioni addotte nel ricorso per Cassazione, sosteneva come l’accusata, non avendo avanzato offerta di risarcimento del danno, non avrebbe potuto invocare l’assoluta indigenza, poiché aveva alienato l’azienda ricevendo un rilevante corrispettivo. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume il quale procede ad una disamina della novella, articolo per articolo: La Riforma Cartabia della giustizia penale
La Riforma Cartabia della giustizia penale
Al volume è associata un’area online in cui verranno caricati i contenuti aggiuntivi legati alle eventuali novità e modifiche che interesseranno la riforma con l’entrata in vigore.Aggiornato ai decreti attuativi della Riforma Cartabia, pubblicati in Gazzetta Ufficiale il 17 ottobre 2022, la presente opera procede ad una disamina della novella, articolo per articolo.Il Legislatore delegato è intervenuto in modo organico sulla disciplina processualpenalistica e quella penalistica, apportando considerevoli modificazioni nell’ottica di garantire un processo penale più efficace ed efficiente, anche attraverso meccanismi deflattivi e la digitalizzazione del sistema, oltre che ad essere rivolte al potenziamento delle garanzie difensive e della tutela della vittima del reato.La riforma prevede poi l’introduzione della giustizia riparativa, istituto in larga parte del tutto innovativo rispetto a quanto previsto in precedenza dall’ordinamento.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB). Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica http://diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva la doglianza suesposta infondata.
Difatti, premesso che l’ammissione alla definizione del procedimento con messa alla prova non rappresenta un diritto incondizionato, atteso che la relativa richiesta può trovare accoglimento solo nel caso in cui il giudice al quale viene rivolta, all’esito di un percorso valutativo discrezionale da effettuare alla luce dei parametri fissati dall’art. 133 cod. pen., reputi idoneo il trattamento presentato, per la Corte di legittimità, il mancato risarcimento del danno non può, meccanicisticamente, essere valutato come ostativo all’ammissione alla messa alla prova.
In questi termini, difatti, per gli Ermellini, deve essere interpretato l’inciso “ove possibile”, contenuto nel comma 2 dell’art. 168-bis cod. pen.: il risarcimento del danno, che costituisce, condizione di ammissione alla definizione con messa alla prova, deve essere proposto e deve corrispondere, appunto “ove possibile”, al pregiudizio patrimoniale arrecato alla vittima o, comunque, allo sforzo “massimo” esigibile dall’imputato alla luce delle sue condizioni economiche (art. 133, comma 2, n. 4 cod. pen.).
Aspetti che il giudice, attivando i poteri di indagine attribuitigli dall’art. 464-bis cit., potrà e dovrà verificare sia sollecitando la parte che ha richiesto la messa alla prova, sia facendo ricorso ai poteri officiosi, fermo restando che, pure a tal riguardo, come sulla idoneità del trattamento, il giudice compie una valutazione di merito, sulla base degli indici di cui all’art. 133 cod. pen., quanto alla effettiva corrispondenza del risarcimento del danno alle condizioni di vita dell’imputato (cfr. Sez. 2, n. 34878 del 13/06/2019).
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse, essendo ivi chiarito che il mancato risarcimento del danno non può essere di per sé valutato come ostativo all’ammissione alla messa alla prova.
Si afferma difatti in tale pronuncia che il mancato risarcimento del danno non può, meccanicisticamente, essere valutato come ostativo all’ammissione alla messa alla prova, dovendo esso essere parametrato al pregiudizio patrimoniale arrecato alla vittima o, comunque, allo sforzo “massimo” esigibile dall’imputato alla luce delle sue condizioni economiche.
Siffatto provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione al fine di verificare se il mancato ristoro del danno possa rappresentare una condizione ostativa ai fini dell’ammissione di questo rito speciale.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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