Mandato d’arresto europeo: proporzionalità consegna imputato

Allegati

Il rispetto del principio di proporzionalità nel mandato di arresto europeo processuale: quando è legittima la consegna dell’imputato su richiesta dell’autorità giudiziaria straniera per la partecipazione al procedimento?
(Riferimento normativo: D.lgs, 21/06/2017, n. 108, art. 7)
Per approfondimenti si consiglia: Dibattimento nel processo penale dopo la Riforma Cartabia

Corte di Cassazione -sez. VI pen.- sentenza n. 11993 del 20-03-2024

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Indice

1. La questione: la proporzionalità nel mandato d’arresto


La Corte di Appello di Napoli dichiarava sussistenti le condizioni per l’accoglimento della richiesta di consegna di cui al mandato di arresto europeo processuale emesso dal Giudice distrettuale di Praga nei confronti di un cittadino italiano. – tratto in arresto in Italia e, in seguito, sottoposto a misura cautelare non custodiale – in quanto indagato in un procedimento penale pendente dinanzi all’autorità giudiziaria della Repubblica Ceca per il reato di appropriazione indebita.
Ciò posto, avverso questa decisione i difensori del ristretto proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, era dedotta rispettivamente, da un legale, violazione di legge, in relazione agli artt. 1, 2, 6, 7 e 16 legge n. 69 del 2005, 1 e 18 d.lgs. n. 108 del 2017, 1 e 5 decisione quadro 2002/584/GAI, 5 e 6 CEDU, 6, 7 e 52 CDFUE, e dall’altro, violazione di legge, in relazione agli artt. 5 TUE, 6, 7 e 52 CDFUE, 3, 5 e 8 CEDU, e motivazione apparente. Per approfondimenti si consiglia: Dibattimento nel processo penale dopo la Riforma Cartabia

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva i motivi summenzionati fondati.
In particolare, gli Ermellini osservavano che, secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 2, legge n. 69 del 2005, il mandato d’arresto europeo può essere emesso dall’autorità giudiziaria di uno Stato membro dell’Unione europea, tanto «al fine dell’esercizio di azioni giudiziarie in materia penale», quanto allo scopo «dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privativa della libertà personale».
Premesso ciò, i giudici di piazza Cavour – a fronte del fatto che, nel caso di specie, nel trasmettere le informazioni integrative richieste ai sensi dell’art. 16 legge n. 69 del 2005, l’autorità giudiziaria ceca aveva risposto che «lo scopo dell’ordine di indagine europeo impartito (era stato) quello di garantire la presenza fisica del sospettato, G. O., nella Repubblica Ceca», cosi chiarendo quale fosse la finalità dell’atto da compiere in quello Stato membro dell’Unione europea – reputavano come fosse, perciò, fondata la censura con la quale la difesa del ricorrente si era doluta del fatto che la Corte di Appello di Napoli avesse confuso i presupposti applicativi e le finalità delle diverse discipline del mandato di arresto europeo e dell’ordine europeo di indagine dato che il d.lgs 21 giugno 2017, n. 108, con cui è stata data attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva 2014/41/LIE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 relativa all’ordine europeo di indagine penale, prevede che tale provvedimento possa avere ad oggetto anche l’esecuzione in Italia di una audizione mediante videoconferenza della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato, con il consenso di queste, audizione che è condotta direttamente dall’autorità di emissione o sotto la sua direzione (art. 18); ordine che, in ogni caso, non è proporzionato se dalla sua esecuzione possa derivare un sacrificio ai diritti e alle libertà dell’imputato o della persona sottoposta alle indagini, non giustificato dalle esigenze investigative o probatorie del caso concreto (art. 7).
Orbene, per la Corte di legittimità, la valenza di tali disposizioni va interpretata alla luce del contenuto della suddetta direttiva, nella quale, nel considerando 26, si legge significativamente che “Per garantire un uso proporzionato del mandato di arresto europeo, l’autorità di emissione dovrebbe esaminare se un ordine europeo di indagine costituisca un mezzo efficace e proporzionato per svolgere i procedimenti penali. L’autorità di emissione dovrebbe esaminare, in particolare, se l’emissione di un ordine europeo di indagine ai fini dell’audizione di una persona sottoposta a indagini o di un imputato mediante videoconferenza possa costituire una valida alternativa”, fermo restando che, sempre per il Supremo Consesso, non va trascurato che la Commissione europea, nel formalizzare con il provvedimento C/2023/1720 il “Manuale sull’emissione e l’esecuzione del mandato di arresto europeo”, ha espressamente stabilito che lo scopo del mandato di arresto europeo non è il trasferimento di persone affinché siano semplicemente sentite in quanto indagate (potendo) ricorrere ad altre misure, come l’ordine europeo d’indagine (punto 2.1.1): provvedimento che, in talune situazioni può essere emesso per l’audizione di un indagato mediante collegamento video al fine di valutare se (poi) emettere un mandato di arresto europeo per l’esercizio dell’azione penale contro tale persona (punto 2.5).
Dunque, l’opzione interpretativa, che la Cassazione reputava di recepire in relazione alla fattispecie in esame, si inscriveva coerentemente in un oramai ben delineato orientamento interpretativo in base al quale si è affermato che, per un verso, non può essere data esecuzione ad un mandato di arresto europeo emesso per esclusive finalità investigative, disancorate dall’esercizio dell’azione penale, dovendosi garantire un uso proporzionale dell’euromandato ed essendo possibile il ricorso, ai detti fini, a strumenti di cooperazione non coercitivi nell’ambito dello spazio giuridico comune, alla stregua della Direttiva 2014/41/UE sull’Ordine europeo d’indagine (Sez. 6, n. 7861 del 21/02/2023; Sez. 6, n. 15970 del 17/04/2007), per altro verso, in tema di mandato di arresto europeo processuale, non viola il principio di proporzionalità di cui all’art. 7 del d.lgs. n. 108 del 2017, la decisione con cui l’autorità giudiziaria italiana, su richiesta di quella straniera, “disponga” la consegna dell’imputato ai fini della partecipazione al procedimento a suo carico, qualora sia stata già inutilmente esperita, ai medesimi fini, una opzione procedurale meno invasiva della libertà personale della persona imputata (principio enunciato in un procedimento nel quale era accaduto che la consegna all’autorità giudiziaria estera era stata disposta alla luce della pregressa condotta non collaborativa dell’imputato che, già citato per l’udienza in videoconferenza, non si era presentato: v. Sez. 6, n. 37474 del 12/09/2023; nello stesso senso anche Sez. 6, n. 43386 del 11/10/2016).
La sentenza impugnata era, dunque, annullata senza rinvio per la mancanza dei presupposti di fondo per l’accoglimento della richiesta di consegna contenuta in un mandato di arresto europeo, non reputandosi necessario il compimento di ulteriori accertamenti in un giudizio di rinvio che, allo stato, per i giudici di legittimità ordinaria, appariva essere superfluo.

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3. Conclusioni


Fermo restando che, come è noto, l’art. 7 del d.lgs, 21/06/2017, n. 108, intitolato “Principio di proporzione”, dispone che l’“ordine di indagine non è proporzionato se dalla sua esecuzione può derivare un sacrificio ai diritti e alle libertà dell’imputato o della persona sottoposta alle indagini o di altre persone coinvolte dal compimento degli atti richiesti, non giustificato dalle esigenze investigative o probatorie del caso concreto, tenuto conto della gravità dei reati per i quali si procede e della pena per essi prevista”, con la decisione in esame, il Supremo Consesso, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, afferma che la decisione dell’autorità giudiziaria italiana di concedere la consegna dell’imputato su richiesta dell’autorità straniera, per la partecipazione al procedimento a suo carico, non viola il principio di proporzionalità sancito da questo precetto normativo, in materia di mandato di arresto europeo processuale, se precedentemente è stata tentata un’opzione procedurale meno invasiva della libertà personale dell’imputato senza successo.
In assenza di una opzione di questo genere, una decisione di questo genere può quindi stimarsi lesiva di siffatto principio e, in quanto tale, illegittima, per violazione dell’art. 7 succitato.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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