Manovra Monti: scende a 1.000 euro il limite per l’uso del contante nelle transazioni

Redazione 06/12/11

L’art. 12 (Riduzione del limite per la tracciabilità dei pagamenti a 1.000 euro e contrasto all’uso del contante) della manovra Monti provvede a fissare nuove norme per l’uso del denaro contante.

La normativa antiriciclaggio di cui al D.Lgs. 231/2007 ha previsto specifiche limitazioni all’uso dei contanti, accompagnate da una serie di sanzioni destinate a colpire i soggetti che le avessero violate o tentato di aggirarle. Ciò allo scopo di contrastare il fenomeno del riciclaggio di denaro costituente il frutto o il provento di reati e il perpetrarsi dell’oppressivo fenomeno dell’evasione fiscale. La limitazione all’uso del contante si traduce, infatti, nella tracciabilità dei pagamenti mediante una diffusa canalizzazione dei flussi finanziari verso gli archivi contabili degli enti creditizi e finanziari i cui dati ed informazioni sono facilmente reperibili in caso di indagini. Pertanto, con il citato D.Lgs. 231/2007 è divenuto operativo il divieto di pagare in contanti o con titoli al portatore quando l’importo fosse pari o superiore a 5.000 euro (in precedenza il limite era di 12.500 euro). Successivamente, il D.L. 112/2008, (conv. in L. 133/2008), ha riportato il limite delle som­me liberamente trasferibili al di sotto dei 12.500 euro. Ancora, al fine di adeguare le di­sposizioni nazionali a quelle comunitarie in materia di antiriciclaggio, il D.L. 78/2010 (conv. in L. 122/2010) ha nuovamente adeguato le limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore dall’importo di euro 12.500 a quello di euro 5.000. In tempi più recenti D.L. 138/2011 (conv. in L. 148/2011) ha ulteriormente ribassato alla cifra di 2.500 euro la soglia al di sotto della quale è possibile, senza alcuna limitazione, trasferire delle somme in contanti, emettere degli assegni trasferibili e detenere libretti al portatore.

Da ultimo, al fine di rendere sempre più limitata la possibilità del ricorso a strumenti di pagamento costituenti possibile fonte di evasione (consentendo la gestione del «nero» di imprese individuali e società) il decreto legge varato dal Governo per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici ha fissato in 1.000 euro la soglia al di sopra della quale non si potranno effettuare i pagamenti in contanti. Si tratta di una misura imposta dalla necessità di reperire risorse economiche importanti alle casse dello Stato per far fronte alla grave situazione di crisi nazionale e alla situazione economica congiunturale di questi ultimi tempi. In coerenza con l’intento di favorire la tracciabilità dei pagamenti per la lotta all’evasione, l’art. 12 del citato decreto legge prevede altresì che gli stipendi, le pensioni e «i compensi comunque corrisposti dalla Pubblica Amministrazione centrale e locale e dai loro enti, in via continuativa a prestatori d’opera e ogni altro tipo di emolumento a chiunque destinato, di importo superiore a cinquecento euro, debbono essere erogati con strumenti diversi dal denaro contante». È fatto obbligo, infatti, alle Pubbliche Amministrazioni di avviare il processo di superamento di sistemi basati sull’uso di supporto cartaceo e di incrementare l’utilizzo di strumenti telematici di pagamento, ivi comprese le carte di pagamento prepagate.

La efficienza delle disposte misure sulla tracciabilità, volte a ridurre l’utilizzo del denaro contante come strumento per combattere l’evasione fiscale, richiede, infine, la previsione, accanto ad esse, di una riduzione dei costi delle transazioni e della concessione agevolata dei POS agli esercizi commerciali. Nella prima direzione, la norma de qua affida all’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e alla associazioni delle imprese rappresentative a livello nazionale la definizione, entro tre mesi dall’entrata in vigore del nuovo provvedimento, delle regole generali per assicurare una equilibrata riduzione delle commissioni a carico dei beneficiari delle transazioni effettuate mediante carte di pagamento.

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