Nella materia del pubblico impiego contrattualizzato non sono pertinenti le indicazioni del giudice amministrativo, così la verifica delle mansioni superiori rappresenta un accertamento di fatto, condotto dal giudice ordinario, sul contenuto delle mansioni svolte dal lavoratore tra la categoria di appartenenza e quella di cui se ne reclama lo svolgimento prevalente. Con queste indicazioni la Cassazione (ordinanza n.25848/2022) ha respinto il ricorso di un ente locale.
Approfondimento di Vincenzo Giannotti
Indice
1. Il fatto
Un dipendente appartenente alla categoria B ha chiesto al giudice del lavoro le differenze retributive per aver svolto per cinque anni le funzioni appartenenti alla categoria superiore C. A differenza del Tribunale di primo grado, i giudici di appello hanno accolto il ricorso del dipendente e condannato il Comune al versamento delle differenze retributive tra il trattamento spettante al lavoratore in base alla categoria C, posizione 1, e quello relativo alla categoria B formalmente rivestita.
A fronte della riforma della sentenza l’ente locale ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo le indicazioni della giurisprudenza amministrativa secondo cui, il trattamento economico per lo svolgimento di mansioni superiori è subordinato alle seguenti condizioni giuridiche e di fatto: a) le mansioni devono essere svolte su un posto esistente in pianta organica vacante e disponibile; b) non deve essere stato bandito alcun concorso per tale posto; c) l’incarico deve essere stato conferito con atto deliberativo dell’organo competente con la verifica dei presupposti e l’assunzione delle responsabilità. Nel caso di specie, pertanto, avrebbe errato la Corte di appello poiché non esisteva nella pianta organica dell’ente comunale un posto con qualifiche e mansioni come quelle rivendicate dal ricorrente, nessun concorso era stato bandito per tale posto; non esisteva alcun atto deliberativo, collettivo o dirigenziale, conferente al lavoratore le mansioni superiori.
2. La conferma della sentenza
I giudici di Piazza Cavour hanno rigettato il ricorso dell’ente locale perché infondato. Infatti, i giudici di appello all’esito di un rigoroso accertamento fattuale, ha riconosciuto lo svolgimento da parte del dipendente ricorrente, negli anni in contestazione, di mansioni corrispondenti al superiore inquadramento ed il conseguente diritto del medesimo alle differenze retributive. La sentenza è coerente con le indicazioni del giudice di legittimità secondo cui, in materia di pubblico impiego contrattualizzato, il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, da riconoscersi nella misura indicata nell’art. 52, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni o alle previsioni dei contratti collettivi, né all’operatività del nuovo sistema di classificazione del personale, in quanto se ciò non fosse vero, sarebbe frustrato l’intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 Cost. (Tra le tante: Cass. n. 2102 del 2019; Cass. n. 18808 del 2013). E’ stato anche precisato come, il diritto a percepire la retribuzione commisurata allo svolgimento, di fatto, di mansioni proprie di una qualifica superiore non è condizionato alla legittimità, né all’esistenza di un provvedimento del superiore gerarchico, e trova un unico limite nei casi in cui l’espletamento sia avvenuto all’insaputa o contro la volontà dell’ente, oppure quando sia il frutto di una fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente, o in ogni ipotesi in cui si riscontri una situazione d’illiceità per contrasto con norme fondamentali o generali o con principi basilari pubblicistici dell’ordinamento (Tra le tante: Cass. n. 24266 del 2016).
Il ricorrente, oltre a ignorare le indicazioni del giudice di legittimità, richiama una non pertinente giurisprudenza del Consiglio di Stato, inapplicabile nella materia del pubblico impiego contrattualizzato.
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