Manutenzione non urgente, niente rimborso per il condomino che sostiene le spese

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Precedenti giurisprudenziali: Cass. Sez. 2, n. 20528 del 30/08/2017
Riferimenti normativi: artt. 1134, 2041 c.c.

Fatto

Il proprietario di un appartamento posto all’ultimo piano di un fabbricato condominiale si era rivolto al giudice di primo grado per vedersi riconoscere il diritto ad ottenere, da parte di un condomino, il pagamento della somma di denaro corrispondente alla quota di partecipazione di questo al condominio, per le spese di riparazione sostenute.

Le spese di manutenzione si erano rese necessarie dopo che gli appartamenti posti all’ultimo piano dell’edificio condominiale avevano subito delle infiltrazioni a causa del cattivo stato manutentivo della copertura. Per tale ragione i proprietari di questi immobili avevano incaricato un geometra affinché si occupasse dei lavori di riparazione, coinvolgendo nel conferimento dell’incarico anche i proprietari dell’appartamento posto al primo piano, che però si erano espressi negativamente di fronte alla richiesta di prendere parte alle spese.

Nonostante il rifiuto di questi a partecipare alle spese di sistemazione della copertura in proporzione ai millesimi di proprietà, il proprietario di uno degli appartamenti posti al piano superiore, avendo deciso insieme agli altri condomini di procedere con i lavori di manutenzione, si era offerto di anticipare la quota dovuta dai proprietari dell’appartamento al primo piano, riservandosi il diritto di ripetere la somma.

Il giudice di primo grado investito della vicenda aveva però inizialmente sospeso il procedimento nell’attesa della definizione della causa pendente tra le stesse parti di fronte ad altro giudice, ritenuta pregiudiziale alla vicenda che doveva essere da lui decisa.

Successivamente alla definizione del primo giudizio pendente – nel quale era stato riconosciuto il diritto di proprietà del sottotetto dell’edificio anche in capo ai proprietari dell’appartamento posto al primo piano – il giudice di primo grado aveva disposto la riassunzione della causa chiedendo ad un professionista da lui incaricato una perizia sull’immobile per accertare la natura, l’entità e i costi delle opere eseguite, nonché i costi in capo ai singoli condomini.

Al termine dei lavori della CTU, il Giudice di primo grado aveva rigettato la domanda attrice, negando quindi il diritto del proprietario che aveva anticipato la somma ad ottenere il rimborso di quanto versato. Tale decisione era stata presa dal giudice dopo che la CTU aveva stabilito che i lavori eseguiti per la conservazione e godimento delle parti comuni non potevano considerarsi urgenti, e quindi la loro esecuzione sarebbe dovuta essere autorizzata dall’amministratore e dall’assembla.

Il proprietario, attore del giudizio di primo grado, insoddisfatto della decisione presa aveva appellato la sentenza a lui sfavorevole, prospettando due motivi di ricorso, uno relativo al diritto ad ottenere il rimborso delle spese in quanto i lavori dovevano essere considerati urgenti, l’altro, in subordine, relativo al riconoscimento del diritto ad ottenere a titolo di arricchimento senza causa della somma versata.

Il giudice di secondo grado, seppur rigettava il primo motivo di ricorso analogamente a quanto disposto dal Tribunale, accoglieva però il secondo motivo di gravame riconoscendo il diritto del proprietario a ricevere, a titolo di arricchimento senza causa, la somma di denaro relativa alla quota dovuta dai proprietari dell’appartamento del primo piano.

A fronte di una simile decisione, i proprietari dell’appartamento del primo piano soccombenti nel giudizio di appello, decidevano di adire la Suprema Corte sulla base, per quanto qui di interesse, di un motivo di ricorso, relativo all’errata legittimità riconosciuta all’azione di arricchimento senza causa.

La decisione della Corte: non è arricchimento senza causa

La Corte di Cassazione, esaminato il motivo di doglianza avanzato dai proprietari soccombenti in secondo grado, ha ritenuto il ricorso fondato, annullando la decisione della Corte d’appello, e riconoscendo, dunque, che nulla era dovuto a titolo di arricchimento senza causa al proprietario che aveva anticipato le spese di manutenzione.

Il Giudice di legittimità nel valutare la questione sottoposta alla sua decisione ha evidenziato che l’azione di arricchimento senza causa ha un carattere di sussidiarietà, e come tale non può essere esperita laddove l’attore ha a disposizione altre azioni per vedersi indennizzare il pregiudizio subito. Difatti, nel caso di specie, la Corte evidenzia come il proprietario che aveva anticipato le somme per la manutenzione, aveva correttamente posto in essere l’azione di rimborso per le spese affrontate, così come disposto dall’art 1134 c.c., vedendosi però negato tale diritto a causa del carattere non urgente delle opere realizzate. Il mancato riconoscimento del diritto al rimborso ex art 1134 c.c., secondo la Corte, non legittimava il proprietario a intentare l’azione di arricchimento senza causa, in quanto questa azione è esperibile solo in assenza di altre azioni, e non anche quando non si è trovato soddisfacimento al proprio interesse con la prima azione.

La Corte di Cassazione, richiamando un suo precedente ormai consolidato, ha ribadito la posizione in argomento secondo cui al condomino, al quale non sia riconosciuto il diritto al rimborso delle spese sostenute per la gestione delle parti comuni per assenza del requisito di urgenza richiesto dal codice civile, non può spettare il rimedio sussidiario dell’azione di arricchimento senza causa. Questo perché l’azione di arricchimento senza causa non può essere esperita quando vi è un divieto legale di esercitare azioni tipiche in assenza dei relativi presupposti, né tantomeno quando, come nel caso di specie, il condomino interessato ai lavori, quando non vi siano i caratteri di urgenza, può comunque agire perché la spesa sia sostenuta, con ricorso all’assemblea o all’autorità giudiziaria.

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Avv. Muia’ Pier Paolo

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