Marchi registrati in mala fede: il caso del marchio “Neymar”

a cura della Dott.ssa Serena Biondi

La registrazione del marchio in mala fede è regolamentata:

  • a livello nazionale:

dall’articolo 19, comma 2, del codice della Proprietà Industriale il quale stabilisce che non può essere registrato un marchio depositato in mala fede;

  • a livello europeo:

dall’articolo 52 del Regolamento UE 207/2009, paragrafo 1 lettera b, il quale stabilisce che su  domanda presentata all’Ufficio o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione, il Marchio UE  viene dichiarato nullo se si prova che al momento del deposito della domanda di marchio il richiedente ha agito in malafede.

Quando viene in essere la mala fede?

Dottrina e giurisprudenza nazionale e comunitaria

La giurisprudenza comunitaria ci insegna che per provare la malafede dell’autore della domanda, bisogna prendere in considerazione tutti i fattori del caso di specie esistenti al momento del deposito.

In linea di massima, come affermato dalla dottrina, la mala fede è riscontrabile in chi deposita il segno distintivo pur essendo a conoscenza di arrecare un danno ad un altro soggetto che su quel marchio vanta una “legittima aspettativa” di tutela.

A tal proposito si è espressa anche la giurisprudenza, tra gli altri si cita il Tribunale di Milano il quale, con sentenza del 23 marzo 2010, ha stabilito che la fattispecie tipica del marchio depositato in mala fede si verifica quando vi è un soggetto che può vantare una “legittima aspettativa” in relazione ad un determinato segno distintivo. Più precisamente: la mala fede nella registrazione del marchio viene in essere quando il deposito viene effettuato precedendo un  diverso soggetto che stia già effettuando attività preparatoria alla registrazione del medesimo marchio.

Lo stesso Tribunale di Milano, a tal proposito, con sentenza del 23 febbraio 2016 si è così espresso “la norma sulla registrazione in mala fede si applica in tutte le ipotesi in cui, per una qualsiasi ragione, un soggetto possa vantare su un segno delle legittime aspettative che tuttavia non si siano ancora “consolidate” in un diritto opponibile a terzi ed in cui un altro soggetto, essendo a conoscenza di tali aspettative, anticipi il primo nella registrazione. La mala fede è riscontrabile in chi, a conoscenza delle attività preparatorie e di investimento di un altro soggetto relativamente ad un segno distintivo, ne ostacoli il progetto imprenditoriale, provvedendo alla preventiva registrazione”.

Ipotesi di mala fede:

La dottrina italiana ha riconosciuto sussistere la mala fede nel caso in cui si registri il marchio “altrui” al solo fine di ostacolare il terzo in un’attività imprenditoriale; o anche abusando di un rapporto di fiducia o di collaborazione. Altra ipotesi di deposito in mala fede, a titolo esemplificativo, è quello del grafico che realizza il marchio per un terzo ma lo deposita per sè stesso.

Un caso emblematico concernente il deposito di un marchio in mala fede è presto analizzato.

Il caso  “NEYMAN”

Nel 2013 è stato registrato dall’EUIPO (European Union Intellectual Property Office)  il marchio dell’Unione Europea “NEYMAR” depositato a dicembre del 2012 dal signor Moreira. Nei confronti di questo marchio il calciatore brasiliano, Neymar appunto, ha presentato azione di nullità sostenendo che fosse stato depositato in mala fede, dunque basando la propria difesa sull’articolo 52 del Regolamento UE 207/2009 su citato.

La registrazione del marchio è stata dunque dichiarata nulla prima dalla Divisione di annullamento dell’EUIPO , successivamente dalla Commissione dei ricorsi dello stesso.

Il signor Moreira ha presentato un ricorso contro la decisione della suddetta Commissione, dinanzi al Tribunale dell’Unione Europea, sostenendo che il deposito da lui effettuato non fosse in mala fede in quanto, il calciatore non era ancora conosciuto in Europa all’epoca del deposito (fine 2012) e in quanto non vi era alcuna intenzione da parte sua, di trarre vantaggio illegalmente da detto nome.

Il Tribunale dell’Unione Europea ha quindi confermato la decisione della Commissione stabilendo che l’EUIPO si fosse effettivamente basato su circostanze oggettive nell’accertare che la domanda del marchio in oggetto, fosse stata depositato in mala fede. Il Tribunale, nel dettaglio, ha riconosciuto che la Commissione si fosse basata su un dossier di articoli online e cartacei  provanti l’effettiva notorietà del calciatore già nel 2012 (al momento del deposito del marchio) ed inoltre che il richiedente, lo stesso giorno del deposito del marchio in questione, aveva presentato la domanda per depositare il marchi di un altro noto calciatore: Iker Casillas.

Basandosi quindi sulle circostanze del caso, è stata riconosciuta dal Tribunale dell’Unione Europea, la sussistenza della mala fede nel caso di specie.

Curiosità

Anche la registrazione in mala fede di un marchio altrui come nome a dominio al solo fine di recare disturbo e approfittarne economicamente,  deve essere ritenuta nulla in analogia con quanto in questo articolo argomentato in relazione ai marchi.

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