Il market parity nel fotovoltaico: oltre la logica dell’incentivazione pubblica

Il fotovoltaico italiano – nonostante la cessazione dei meccanismi dei c.d. Conti Energia – rappresenta, oggi, una vera e propria killer application, avendo beneficiato, nel corso degli anni, di significativi cali dei costi per la sua realizzazione ed implementazione.

E’ possibile ipotizzare, infatti, che tale settore, dopo anni di incentivi pubblici a copertura dei costi di realizzazione e – si badi – con riferimento soprattutto ai grandi impianti realizzati per produrre e vendere energia direttamente sulla borsa elettrica, potrà svilupparsi senza l’ausilio dell’incentivazione pubblica, rientrando in una situazione di c.d. “grid parity” o, in senso evolutivo, di “market parity”.

Con l’espressione grid parity si fa riferimento “alla parità fra costo di produzione dell’energia elettrica da impianto fotovoltaico e costo di acquisto dell’energia dalla rete[1]: in altri termini, si realizza tale condizione quando il costo dell’energia fotovoltaica sul mercato retail è pari al costo dell’energia prodotta dalle fonti fossili. Pertanto, si considera raggiunta la grid parity quando l’investimento in un impianto fotovoltaico è economicamente conveniente, in termini di rendimento, anche in assenza di incentivi[2].

Successivamente all’emanazione della Strategia Energetica Nazionale (SEN) 2017, il concetto di grid parity si è ulteriormente affinato e sviluppato[3], fino all’elaborazione del diverso modello di market parity o generation parity.

Market parity

Il sistema in market parity prevede che sul mercato energetico all’ingrosso ci sia una reale competitività tra il prezzo di scambio dell’energia prodotta dal fotovoltaico e quello dell’energia prodotta dalle fonti fossili: vale a dire che il fotovoltaico in market parity vende energia sulla borsa elettrica ad un prezzo inferiore a quella prodotta dalle altre fonti convenzionali.

La rivoluzione di tale sistema, dunque, consiste nella realizzazione di impianti che hanno accesso diretto al mercato elettrico generale e che competono liberamente con le altre fonti energetiche[4]. Se i costi per la costruzione di un impianto solare, depurato da qualsivoglia incentivo pubblico, sono minori dei benefici che l’impianto FV può ottenere attraverso l’accesso e la vendita diretta sulla borsa elettrica dell’energia prodotta, allora si è in una situazione di market parity.

Lo stop alla realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici “made in Italy” – che ha caratterizzato gli ultimi anni – sembrerebbe interessato, dunque, da un decisivo revirement, scevra dalla logica normativa finalizzata al riconoscimento del mero “incentivo” ed indirizzata verso l’introduzione di nuova linfa all’interno del mercato FV italiano.

La strada per lo svincolo definitivo del settore fotovoltaico dalla logica degli incentivi pubblici, tuttavia, sembrerebbe ancora lunga, sia per i diversi punti da definire e chiarire – anche dal punto di vista regolatorio – al fine della piena operatività del sistema in market parity, sia in quanto nemmeno il legislatore sembrerebbe ancora definitivamente convinto di abbandonare tout court la strada dell’incentivazione pubblica.

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Le concessioni di lavori e di servizi nel Codice dei contratti pubblici

L’oramai cronico stato di crisi della finanza pubblica rende inevitabile la crescita dell’interesse verso forme contrattuali che prevedono l’intervento di capitali privati; tra queste, la concessione, tanto di lavori che di servizi, sembra l’unica ad aver raggiunto un sufficiente grado di sviluppo della relativa disciplina, che poco o nulla dipende da ulteriori interventi regolatori del Governo e/o dell’ANAC, ai quali resta invece subordinato il completamento della disciplina del contratto di appalto. Pertanto, da modello quasi residuale, utilizzato da pochi “grandi committenti” per operazioni di grande rilievo economico- sociale, la concessione si sta diffondendo presso le amministrazioni locali, anche di dimensioni modeste, come risposta al fabbisogno di servizi pubblici essenziali, quali i servizi scolastici, i servizi sportivi e quelli cimiteriali, solo per citarne alcuni.Tanto comporta la necessità di indagare approfondita- mente le peculiarità del modello negoziale della concessione di lavori e di servizi, soprattutto al fine di evitare che la sua indubbia attrattività non faccia perdere di vista le insidie che lo stesso nasconde e le difficoltà che incontra chi voglia assicurargli la capacità di resistere nel tempo alla inevitabile mutevolezza del ciclo economico.

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Note

[1]Renewable Energy Report”, Energy&Strategy Group, Politecnico di Milano, 10 maggio 2018.

[2] La remunerazione economica, nello specifico, è data “dalla somma della quota parte di energia elettrica scambiata con la rete e valorizzata economicamente in regime di Ritiro Dedicato o Scambio sul posto – regimi commerciali gestiti dal GSE – e dal mancato costo di acquisito dell’energia elettrica per la quota autoconsumata”. Per approfondimenti, “Grid parity? Senza autoconsumo, solo sotto ai 1.000 euro a kW”, www.qualeenergia.it

[3] Sono state introdotte, a titolo meramente esemplificativo, le definizioni di “Osservabilità” (ovvero competitività in termini di costo di generazione del kWh rinnovabile) e “Raggiungibilità” (competitività in termini di redditività dell’investimento). Sul punto si veda “Elementi di Grid parity: osservabilità e raggiungibilità della parità fotovoltaica”, Intellienergia, Spin-off dell’Università di Tor Vergata di Roma.

[4] La valorizzazione economica, in tal caso, è rappresentata dal valore dell’energia elettrica sulla borsa elettrica. L’energia prodotta viene, in alternativa, (i) immessa in rete, ritirata commercialmente dal GSE e valorizzata al prezzo zonale orario o (ii) venduta direttamente sul mercato dell’energia elettrica o acquistata da traders.

Dott. Delle Cave Gianluigi

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