Medesimo disegno criminoso: la prova in esecuzione

Da cosa il giudice dell’esecuzione può desumere la prova del medesimo disegno criminoso?

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Indice

1. La questione: mancato riconoscimento della continuazione


Il Tribunale di Palermo in composizione monocratica rigettava un’istanza volta al riconoscimento della continuazione.
Ciò posto, avverso questa decisione il difensore dell’istante ricorreva per Cassazione, deducendo violazione dell’art. 81, commi 1 e 2, cod. pen. in riferimento all’art. 606, comma 1 lett. b) cod. proc. pen.. Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione: la desunzione del medesimo disegno criminoso


Il Supremo Consesso riteneva il ricorso suesposto infondato.
In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo cui il giudice dell’esecuzione deve desumere la prova del medesimo disegno criminoso «da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del “modus operandi” e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti, essendo sufficiente l’esistenza anche di alcuni soltanto di tali indici, purché significativi»; ma in ogni caso non può essere escluso il riconoscimento della continuazione in ragione della mancanza di uno di tali indici, senza che si proceda alla valutazione tutti gli altri (sez. 2, n. 10539 del 10/02/2023; analogamente sez. 1, n. 17878 del 25/01/2017).
Difatti, per i giudici di piazza Cavour, il ricorso summenzionato non indicava quali di questi indici fosse stato trascurato, mentre quelli valutati dal giudice dell’esecuzione apparivano essere incompatibili con il riconoscimento della continuazione.

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3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito da cosa il giudice dell’esecuzione può desumere la prova del medesimo disegno criminoso.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di quell’indirizzo interpretativo, che il giudice dell’esecuzione può dedurre la prova del medesimo disegno criminoso da indizi come l’unitarietà del contesto, la brevità temporale tra episodi, l’identità dei reati, l’analogia del “modus operandi” e la compartecipazione costante degli stessi soggetti fermo restando che, se è sufficiente la presenza anche di alcuni di questi indici, purché significativi, non è però possibile escludere il riconoscimento della continuazione solo per la mancanza di uno di essi, senza considerare al contempo gli altri indici.
Tale provvedimento, quindi, può essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba verificare se tale valutazione decisoria sia stata correttamente effettuata.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché prova a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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