Mediazione bis

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Prima di procedere alla disamina dell’ordinanza del Tribunale di Napoli del 5 febbraio 2019, si rende preliminarmente necessario spiegare che cosa si intenda per materia condominiale e per mediazione civile e commerciale, analizzando brevemente l’articolo 5, comma 1- bis del decreto legislativo 28 del 2010. Infine, si procederà ad analizzare l’utilizzo che il giudice fa di due strumenti per la risoluzione del conflitto: l’applicazione dell’articolo 185-bis del codice di procedura civile e la mediazione delegata.

Materia condominiale e mediazione civile e commerciale

Cosa si intende per materia condominiale? Per materia condominiale si fa riferimento a quanto disciplinato – in particolare – dagli articoli 1117-1139 del codice civile e dagli articoli 62-69- 71 quater delle disposizioni attuative al codice civile. Per la materia condominiale, ex articolo 5, comma 1-bis del decreto legislativo n. 28 del 2010 vi è l’obbligo di esperimento del procedimento di mediazione, a pena di improcedibilità, in caso di controversie insorte tra condomino e condominio, tra condòmini, tra condòmini e amministratori, ma non tra il condominio e soggetti terzi. Per le controversie in materia condominiale la domanda di mediazione deve essere presentata presso un organismo di mediazione sito nella circoscrizione del tribunale nel quale il condominio è situato, a pena di inammissibilità.

 Cos’è la mediazione civile e commerciale ex Decreto Legislativo del 4 marzo 2010 n. 28? E cosa si intende per mediazione delegata?

La mediazione civile e commerciale è un metodo di risoluzione della controversia alternativo alla giustizia ordinaria, c.d. ”ADR” (Alternative Dispute Resolution), introdotto con il decreto legislativo 28/2010. In tale metodo alternativo alla risoluzione del conflitto un mediatore terzo ed imparziale, iscritto ad un Organismo, aiuta le parti a trovare un accordo che soddisfi al meglio le loro esigenze e bisogni. Questo metodo di risoluzione della controversia si svolge in tempi brevi (entro 3 mesi dal deposito dell’istanza) e i costi sono contenuti.

La mediazione può essere obbligatoria (ex lege), facoltativa (volontaria) o delegata (demandata). La mediazione obbligatoria si ha nei casi previsti dall’articolo 5, comma 1 bis, decreto legislativo 28/2010. Ossia per tutte quelle materie per cui, in caso di controversia, prima di iniziare un procedimento dinnanzi al giudice bisogna, a pena di improcedibilità, esperire un procedimento di mediazione civile e commerciale. Le materie obbligatorie sono: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.

La mediazione facoltativa si ha ogni qual volta le parti decidano di provare a risolvere un conflitto che non rientri tra le materie indicate al comma appena menzionato. La mediazione delegata, invece, si ha quando il Giudice, nel corso del processo, invita le parti ad instaurare il procedimento de quo.

 Decreto del fare del 21 giugno 2013 n. 69: reintroduzione della mediazione obbligatoria e l’introduzione dell’articolo 185 bis cpc.

Il decreto legislativo del 4 marzo 2010 n.28, in materia di mediazione civile e commerciale ha subito varie modifiche, ma ai fini del presente elaborato si ritiene necessario soffermarsi soltanto sull’analisi del Decreto del fare 69/2013 e delle modifiche da questo apportate al decreto legislativo in esame.

Il decreto 69/13, convertito con modifiche dalla legge del 9 agosto 2013 n. 98, in materia di “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”, ha reintrodotto la mediazione c.d. obbligatoria. Questa, infatti, venne dichiarata illegittima con la sentenza della Corte costituzionale del 6 dicembre 2012 n. 272 per violazione degli articoli 76 e 77 della Carta Costituzionale.

Il decreto del fare intervenne con l’articolo 77 sul codice di procedura civile introducendo, dopo l’articolo 185 cpc, anche l’articolo 185-bis c.p.c. rubricato “proposta di conciliazione del giudice”. L’articolo 185 -bis cpc disciplina l’obbligo per il giudice, in presenza di alcuni presupposti, di formulare una proposta conciliativa o transattiva “avuto riguardo alla natura del giudizio, al valore della controversia e all’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto”. La proposta del giudice istruttore, però, deve avvenire prima della rimessione della causa al collegio.

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Ordinanza del Tribunale di Napoli del 5 febbraio 2019

La controversia in esame verte sull’opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso a favore di un amministratore di condominio verso il condominio ed opposto dal condominio stesso. Durante la prima udienza di comparizione, il giudice rilevava come la materia del contendere fosse una di quelle di cui all’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 28 del 2010 e, pertanto, invitava le parti ad instaurare un procedimento di mediazione civile e commerciale. Quest’ultimo veniva svolto con esito negativo. Alla successiva udienza il giudice, preso atto del negativo esito della mediazione, concedeva i termini di cui all’articolo 183, comma 6, c.p.c. alle parti. All’udienza di assunzione dei mezzi di prova, ex articolo 184 c.p.c., il giudice si riservava, vista la richiesta delle parti di ammissione di alcuni mezzi di prova articolati. A scioglimento della riserva de qua, il Giudice si pronunciava con ordinanza. Con tale ordinanza il Giudice si avvaleva dello strumento fornito dall’articolo 185-bis c.p.c.:” la proposta di conciliazione del giudice”.

Il Giudice rilevava, in primis, come la questione non fosse di complessa soluzione e sottolineava, poi, come l’accordo conciliativo andasse “valutato adeguatamente in un’ottica non di preconcetto antagonismo giudiziario, ma di reciproca rispettosa considerazione e valutazione dei reali interessi di ciascuna delle parti, di modo che esso potrebbe dirsi vantaggioso per tuttied, inoltre “ritenuta l’alea processuale (in definitiva l’alternativa all’accordo è che l’esito del giudizio possa, per ciascuna delle parti, essere diverso e peggiore di quello ambito, circostanza questa niente affatto anomala ma insita nella natura stessa della giurisdizione)” , ritenendo opportuno applicare quanto previsto dall’articolo in esame. Pertanto, invitava le parti, in applicazione dell’articolo 185 bis c.p.c., a raggiungere un accordo conciliativo/transattivo concedendo un termine entro il quale le parti aderissero o meno alla sua proposta formulata nella stessa ordinanza. Nel caso in cui le parti avessero fatto scadere infruttuosamente questo termine, sarebbe stato concesso un ulteriore termine di 15 giorni per poter procedere ad instaurare un ulteriore procedimento di mediazionecon il vantaggio di poter pervenire rapidamente ad una conclusione, per tutte le parti vantaggiosa, anche dal punto di vista economico”. A seguito del procedimento di mediazione, in caso di mancato accordo, fissava udienza nella quale le parti potrebbero “fissare a verbale quali siano state le loro posizioni a riguardo anche al fine di consentire l’eventuale valutazione giudiziale della condotta processuale delle parti ai sensi degli articolo 91 e 96, comma 3, del codice di procedura civile”.

Conclusioni

A fonte dell’analisi dell’ordinanza de qua si può evincere come il Giudice ha utilizzato tutti gli strumenti di risoluzione del conflitto a sua disposizione: articolo 185 – bis cpc e la mediazione demandata. Si precisa, inoltre, come abbia utilizzato lo strumento della mediazione delegata, nonostante le parti avessero, preliminarmente, utilizzato questo strumento con esito negativo. Il Giudice, infatti, aveva già valutato come questi due strumenti potessero risolvere il conflitto in breve tempo, con costi minori rispetto ad un processo ordinario, ma soprattutto potessero valutare i reali bisogni delle parti soddisfandole entrambe. Il Giudice nell’ordinanza sottolinea anche come nel caso in cui le parti non aderiscano alla sua proposta transattiva e non trovino un accordo in mediazione ne valuterà la condotta ex articoli 91 e 96, comma 3, del codice di procedura civile.

 

Sentenza collegata

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Dott.ssa Naccarella Stefania

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