Sommario:1.La vicenda: questione di merito;2.La vicenda: questione procedurale; 3.Conclusione
Il Tribunale Ordinario Di Pescara si occupa di mediazione con la sentenza del 29 maggio 2018 nella quale tratta una controversia in tema di appalto e garanzia d’immobili[1].
Questa pronuncia è interessante sotto il profilo del procedimento di mediazione, perché la parte convenuta solleva alcune questioni giuridiche, in particolare l’improcedibilità della domanda attorea per mancato tentativo di mediazione (conciliazione) obbligatoria.
1. La vicenda: questione di merito
La questione riguarda una richiesta di risarcimento dei danni subiti dai signori B. per i gravi difetti riscontrati in un alloggio di loro proprietà facente parte di un condominio costruito e alienato dall’impresa X, convenuta.
Ci si trova nell’ambito di applicazione dell’art. 1669 Codice civile – Rovina e difetti di cose immobili.[2] Si segnala che su questa fattispecie si distingue fra la tesi che riconosce nel fondamento dell’azione l’interesse di ordine pubblico all’incolumità dei consociati (e quindi una responsabilità extracontrattuale) e quella che privilegia l’interesse del committente (e quindi una responsabilità contrattuale). La ratio della norma appare quella di prolungare il termine di prescrizione della responsabilità dell’appaltatore.
Nel merito, il Tribunale di Pescara, richiamando la Cassazione, conferma la responsabilità del costruttore e la garanzia decennale anche per i lavori di riparazione e specifica che il momento in cui inizia a operare il termine decennale di prescrizione dell’azione decorre «ex novo dal momento in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti. Ne consegue che, nel caso in cui la sufficiente conoscenza dei difetti sia raggiunta solo dopo l’esecuzione delle riparazioni e in conseguenza dell’inefficacia di queste, il termine prescrizionale deve farsi decorrere da questo successivo momento e non dall’esecuzione delle riparazioni» (Cass. sez. 2, Sentenza n. 20853 del 29/09/2009).
La vicenda ha origine nell’anno 2001 quando i signori B. a seguito d’infiltrazione d’acqua proveniente principalmente dal terrazzo e in presenza di umidità nel muro divisorio tra il bagno e la camera da letto del proprio appartamento chiesero all’impresa costruttrice il ripristino dell’immobile. L’impresa X però non risolse il problema, pur dopo plurimi interventi riparatori. Il problema non solo perdurò, ma nell’agosto del 2007 si estese, provocando notevoli danni al parquet presente all’interno dell’appartamento. I signori B. si videro costretti a intraprendere la vicenda giudiziaria.
La controversia davanti al Giudice adito ha inizio nel 2009, quando gli attori proposero ricorso per Accertamento Tecnico Preventivo davanti al Tribunale di Pescara chiedendo l’accertamento dei vizi suddetti nei confronti della convenuta.[3] Confermata la presenza di vizi di costruzione sulle parti comuni del condominio e su quelle di proprietà esclusiva dei signori B, riconducibili alla cattiva esecuzione delle opere di costruzione, il consulente quantificò la messa in opera in Euro 7.060,64.
La parte convenuta a seguito di questa perizia propose agli attori in modo formale una proposta transattiva avente ad oggetto la soluzione del problema, relativa alla copertura del terrazzo con una tettoia a proprie spese. L’offerta venne però categoricamente rifiutata dai signori B. in quanto ritenuta non vantaggiosa, a causa della presenza di clausole gravose e lesive dei propri diritti.
Si apre quindi la via giudiziaria.
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La vicenda: questione procedurale
Nel procedimento la parte convenuta si difende eccependo l’improcedibilità del giudizio per «omesso deposito (e comprova) dell’avvenuta informativa alla parte della mediazione ex D.Lgs. 04 marzo 2010, n. 28 e per mancato esperimento del relativo procedimento (all’epoca dei fatti obbligatorio per i diritti reali e/o condominiali)».
Il Giudice del tribunale così ha statuito che l’eccezione d’improcedibilità per mancato esperimento della mediazione obbligatoria, sollevata dalla resistente società convenuta, è infondata.
La domanda formulata dagli attori nei confronti dell’impresa trova titolo nel rapporto contrattuale di vendita o di appalto, per cui la responsabilità è fondata non sul principio del neminem laedere ma sull’art. 1173 cod. civ., poiché costituisce fatto idoneo a produrre obbligazioni in conformità dell’ordinamento giuridico (v. Cass. 28233/2017), anche se non è contemplato dal disposto dell’art. 5 del D.Lgs. n. 28 del 2010.
In quest’affermazione è ravvisabile l’aspetto interessante della pronuncia, perché pone questioni che non rimangono nel solo ambito condominiale, ma si estendono alle vertenze sugli appalti e, soprattutto, sulla buona fede contrattuale.
Il Tribunale, infine, rigetta del pari le eccezioni di prescrizione e di decadenza, rilevando la contraddittorietà delle difese di parte convenuta.
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Conclusioni
Si vuole sottolineare che lo spirito della mediazione è tentare una conciliazione al fine di deflazionare il contenzioso e non fungere da “scappatoia processuale” così come evidenziato nel merito dalla giurisprudenza allorché ha statuito che va accolta la richiesta di condanna ex art. 96 comma 3 c.p.c. qualora si ravvisi l’elemento soggettivo della mala fede in capo ad una delle parti la quale, “anziché recepire l’invito della controparte che avrebbe potuto condurre ad una soluzione del problema, abbia preferito adire il Tribunale” (Trib. Santa Maria Capua Vetere, sentenza 23 dicembre 2013) .
Come afferma il Giudice delle Leggi, la mediazione ha il compito di assistenza alle parti nell’individuazione degli interessi in conflitto e nella ricerca di un punto d’incontro, connotato dal ruolo centrale svolto da un soggetto, terzo e imparziale.[4] Questa neutralità, non ravvisabile nella negoziazione assistita, per esempio, giustifica le maggiori possibilità della mediazione di conseguire le finalità cui è preordinata. Per questi motivi la Consulta riconosce come costituzionalmente legittimo l’obbligatorietà del ricorso preliminare a questo istituto nelle materie previste dal D.lgs 28/2010, fra cui appunto, la materia condominiale. La materia dell’appalto, invece, non rientra, ex art. 5 D.Lgs. n. 28/2010, tra quelle per cui la mediazione è condizione preliminare di procedibilità della domanda (Tribunale di Livorno, sentenza 7 marzo 2016, n. 316).
Nel caso di specie, l’azione di responsabilità ex art. 1669 Cod. civ. potrebbe rientrare nell’ambito del ricorso facoltativo alla mediazione.
Simile, nella finalità di evitare la lite o porvi fine (possibilità intuita e ricercata in questo caso dalla parte convenuta) è la transazione[5], ma profondamente diversa, per la sua natura di “reciproca concessione”, dalla mediazione civile così come lo è il compromesso.[6]
Con la mediazione, non si deroga alla giurisdizione ordinaria (affidando il giudizio ad arbitri), né si rinuncia alle proprie pretese (negoziando), si cerca un accordo soddisfacente per entrambe le parti.
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Note
[1] Causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 6353/2010.
[2] «Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se ne, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina, o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta.
Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia».
[3] Ex art. 696 c.p.c.
[4] Cfr. art. 14 D. lgs. N. 28/2010, dove si afferma che il mediatore non può assumere diritti e/o obblighi connessi con gli affari trattati, né compensi direttamente dalle parti.
[5] Art. 1965 Cod. civ.
[6] Art. 806 ss. Cpc.
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