Mediazione nel condominio

La normativa

Il c.d. “decreto del fare” (d.l. 21.06.2013 n.69), convertito con modificazioni nella legge n. 98/2013, ha reintrodotto l’obbligo della mediazione civile e commerciale, per le materie di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 fra le quali sono comprese quelle condominiali.

Con tale intervento, quindi, è entrato definitivamente in vigore l’art. 71 quater delle disposizioni di attuazione del Codice Civile, introdotto dalla legge 11.12.2012 n. 220 (entrata in vigore il 18.06.2013) per disciplinare il procedimento di mediazione per le controversie in materia di condominio (dopo che la Corte Costituzionale aveva cancellato la mediazione obbligatoria con sentenza n. 272/2012).

Art.71 quater disp.att. C.C.

  1. Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice.
  2. La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato.
  3. Al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice.
  4. Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione.
  5. La proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice.
  6. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata.
  7. Il mediatore fissa il termine per la proposta di conciliazione di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, tenendo conto della necessità per l’amministratore di munirsi della delibera assembleare.

La lettura coordinata della norma codicistica e dall’art. 4 del d.lgs. 04.03.2010 n. 28 individua la competenza territoriale dell’organismo di mediazione che deve essere ubicato nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia che, nella materia in esame, è quello in cui è situato il condominio (art.23 c.p.c.).

Per il resto, l’art. 71 quater disp. att. C.C. incide su argomenti specifici dell’ambito condominiale non trattati dal decreto legislativo istitutivo della mediazione.

La norma individua al primo comma quali sono le controversie in materia di condominio fornendo una dettagliata specificazione rispetto alla disciplina generale e ricomprendendo, oltre a tutto il capo II del titolo VII del libro III del Codice Civile (artt.1117 – 1139 C.C.), anche gli artt. 61-72 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile.

Rientrano, pertanto, oltre alle questioni riguardanti strettamente il condominio inteso come vicende relative alle parti comuni, anche questioni relative alla nomina, revoca ed obblighi dell’amministratore (articolo 1129 c.c.); alle attribuzioni dell’amministratore (articolo 1130 c.c.); al rendiconto condominiale (articolo 1130bis c.c.); o, ancora, alle attribuzioni dell’assemblea dei condomini (articolo 1135 c.c.), alla validità delle deliberazioni (articolo 1136 c.c.), all’impugnazione delle delibere assembleari (articolo 1137 c.c.), al regolamento di condominio (articolo 1138 c.c.); alla riscossione dei contributi condominiali (articolo 63 disp. att. c.c.), alla modifica delle tabelle millesimali (articolo 69 disp. att. c.c.) etc..

Nella disciplina della mediazione rientrano anche le controversie in tema di riscossione dei contributi ma, va precisato che, a norma dell’art. 5 del d.lgs. n. 28/2010, la mediazione non si applica nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione“; ciò significa che la disciplina della mediazione obbligatoria può scattare nei procedimenti di opposizione al decreto ingiuntivo, solo a seguito della pronuncia giudiziale sulla sospensione o sulla provvisoria esecuzione che normalmente avviene in prima udienza.

Esclusi dalla mediazione sono altresì i procedimenti cautelari e di istruzione preventiva, i procedimenti di sfratto, i procedimenti possessori, i procedimenti incidentali in materia di esecuzione, i procedimenti in camera di consiglio così come disciplinato dall’art.5 del d.lgs. n.28/2010 (anche se in quest’ultima ipotesi, come si vedrà più avanti vi sono novità in giurisprudenza).

L’art. 71 quater disp. att. c.c. dispone al terzo comma che al procedimento “è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice civile”. Ciò significa che il quorum deliberativo deve essere costituito, sia in prima che in seconda convocazione, da un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio.

Il quarto comma dell’art. 71 quater disp. att. C.C. prevede che, se i termini di comparizione davanti all’organismo di mediazione non consentono di ottenere la delibera di legittimazione in favore dell’amministratore, è possibile ottenere (previa apposita istanza) una “proroga” della data di prima comparizione.

L’art. 71 quater disp. att. C.C. prevede poi al quinto e al sesto comma, in merito alla “proposta di mediazione” (e siamo quindi nella fase successiva al primo incontro preliminare) che la stessa venga approvata dall’assemblea con la maggioranza richiesta dall’art. 1136, secondo comma, C.C.; a tal fine, il termine di sette giorni fissato in linea generale per l’accettazione o meno della proposta (art.11 d.lgs. n.28/2010) può essere derogato dallo stesso mediatore in ragione della “necessità per l’amministratore di munirsi della delibera assembleare”.

Il d.lgs. n. 28/2010 fissa in tre mesi il termine di durata massima della mediazione e, considerata l’assenza di disposizioni specifiche nella disposizione codicistica di cui all’art. 71 quater disp. att. C.C., tale termine si ritiene applicabile anche alle controversie condominiali

L’art. 8 co. 4 bis D. Lgs. 28/ 2010, come modificato dal D. L. 69/2013 prevede che: «dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio».

Mediazione e procedimento di revoca dell’amministratore di condominio

L’art. 5 comma 4 lett. f) Dlgs 28/2010 esclude dalla mediazione obbligatoria i procedimenti in camera di consiglio.

Tra questa tipologia di procedimenti rientrerebbe anche l’azione per la revoca dell’amministratore di condominio, come espressamente previsto dall’art. 64 disp. att. C.C..

Con una pronuncia che era apparsa inizialmente una presa di posizione isolata, il Tribunale di Padova (sentenza resa in data 24.02.2015), ha affermato l’obbligatorietà della procedura di mediazione anche per il procedimento di revoca dell’amministratore di condominio.

Invece questo orientamento si è consolidato nella giurisprudenza di merito.

Infatti, il Tribunale di Macerata (decreto 10.01.2018) ha confermato che, preliminarmente al deposito del ricorso per la revoca dell’amministratore condominiale ai sensi degli articoli 1129 c. 11 c.c. e 64 disp. att. C.C., occorre – a pena d’improcedibilità della domanda – esperire il tentativo obbligatorio di mediazione di cui all’art. 71 quater disp. att. introdotto dall’art. 5 c. 1 d.lgs. 28/2010 (in tal senso si era espresso anche il Tribunale di Vasto 4.5.2017).

Era sembrato che la medesima soluzione fosse stata adottata anche da una recentissima ordinanza della Suprema Corte (Cass. Civ. Sez.VI ordinanza 18 gennaio 2018 n. 1237).

Ma la ratio dell’ordinanza della Cassazione ha riguardato il presupposto processuale dell’impugnazione ex art.111 Cost. avverso il decreto della Corte di Appello piuttosto che il merito della questione.

La Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso ex art. 111 Cost. avverso un decreto con cui la Corte di Appello aveva provveduto su un reclamo che, non rivestendo alcuna efficacia decisoria, lasciava salva la facoltà del revocato di chiedere una tutela giurisdizionale attraverso un processo a cognizione piena.

Nel decreto della Corte di Appello era stato affermato che la condizione di procedibilità non era applicabile ai procedimenti in camera di consiglio qual è la revoca giudiziale.

La Cassazione sembrava aver posto nel nulla il decreto della Corte di Appello e, quindi, aver affermato la possibilità di esperire l’azione di revoca dell’amministratore senza passare dalla mediazione obbligatoria ma, in effetti, si è pronunciata solo sulla questione processuale senza entrare nel merito della questione.

Il decreto collegiale del Tribunale di Macerata del 10.1.2018, invece, svolge un ragionamento sulla lettura combinata della normativa e sulla specialità delle norme in materia di condominio premettendo a) che il novellato art. 5 c. 1 bis del Dlgs 28/2010 ha disposto il procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale per le azioni relative a controversie in materie di condominio; b) che l’art. 71 quater disp. att. C.C. elenca espressamente – tra le controversie condominiali – quella relativa alla revoca giudiziale dell’amministratore ex art. 64 disp. att. C.C..

In ragione di quanto sopra, per il Tribunale marchigiano non vi possono essere dubbi sull’applicabilità obbligatoria della mediazione nel caso di specie a nulla rilevando la previsione contenuta dal dlgs 28/2010 che in via generale esclude l’applicabilità dell’obbligatorietà della mediazione per i procedimenti in camera di consiglio di cui agli art.li 737 e ss. c.p.c essendo evidente che gli art.li 64 e 71 quater disp. att. C.C. rappresentino norme speciali.

Ritenendo il contrario, le norme speciali risulterebbero sostanzialmente ed implicitamente abrogate.

Mediazione e azione del terzo nei confronti del condominio

Un terzo può far valere un diritto di credito (o di altra natura) nei confronti del condominio come accade nella fattispecie in cui una impresa edile richieda il pagamento dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria eseguiti al fabbricato.

Nella fattispecie in esame, l’impresa edile propone ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti del condominio per il pagamento del saldo del corrispettivo e nella spiegata opposizione, il condominio eccepisce il mancato esperimento del tentativo di mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda proposta in sede monitoria.

Premesso che in ogni caso non è previsto l’esperimento della mediazione quando si intraprenda il procedimento monitorio, la fattispecie è comunque interessante per il principio seguito dal Tribunale di Taranto con sentenza 22 agosto 2017.

Il Tribunale ha affermato che la materia del contendere non rientra tra quelle per le quali l’art. 5 d.lgs. n. 28 del 2010 prevede il preventivo e obbligatorio esperimento della procedura di mediazione.

Ai sensi della menzionata norma per controversie in materia di condominio si intendono quelle derivanti dalla violazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. 61-72 delle disposizioni attuative del codice civile.

Ne resterebbero, pertanto, escluse le controversie in cui il condominio venga a contrapporsi a un soggetto terzo, come l’appaltatore nell’ambito di lite insorta a seguito di stipula di un contratto di appalto di lavori condominiali. La norma sulla mediazione obbligatoria, quindi, non si applicherebbe alle controversie in cui il Condominio si contrappone a soggetti terzi.

La sentenza, come già detto, precisa in ogni caso che la mediazione non è pregiudiziale ai procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione.

Come noto, la legge prevede l’obbligo di esperire il procedimento di mediazione obbligatorio in materia di condominio, procedimento che deve avvenire con l’assistenza di un avvocato.

Secondo però la sentenza in commento, per controversie in “materia di condominio” debbano intendersi solo quelle contenute nelle disposizioni del codice civile dedicate proprio al condominio degli edifici.

Conseguentemente, restano escluse dall’ambito di obbligatorietà della mediazione le controversie del condominio con i soggetti che non sono condomini, anche se una delle parti è lo stesso condominio.

Mediazione e azione dell’amministratore del condominio per il pagamento del compenso

Nell’ipotesi di mancato pagamento dei compensi professionali in favore dell’amministratore, quest’ultimo dovrà preliminarmente invitare il condominio presso un organismo di mediazione territorialmente competente, altrimenti incorrerà nella improcedibilità della domanda giudiziale.

Questa è la conclusione a cui è giunto il Tribunale di Bari nell’ordinanza del 26.05.2014 con la quale ha per l’appunto dichiarato l’improcedibilità della domanda giudiziale, fissando, in conseguenza, il termine per consentire alle parti di adire l’organismo di mediazione competente.

Il giudice ha considerato che il presupposto della domanda era costituito comunque dall’adempimento delle obbligazioni nei rapporti tra amministratore e condominio di tal guisa da ritenere che la fattispecie in esame ricadesse nella materia del condominio per la quale è previsto l’esperimento del procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità giudiziale.

In effetti le norme che prevedono il compenso in favore dell’amministratore sono tra quelle indicate nell’ambito di applicabilità della mediazione obbligatoria (art. 71 comma 1 disp. att. C.C.): l’art.1135 co.1 C.C. pone tra le attribuzioni dell’assemblea condominiale quella di determinare la retribuzione dell’amministratore; l’art.1129 comma 14 C.C. prevede che, all’atto della accettazione della nomina, l’amministratore debba specificare l’importo del compenso.

Mediazione e impugnazione della delibera assembleare

Per l’impugnazione della delibera condominiale l’art.1137 co.2 C.C. fissa il termine perentorio di trenta giorni.

In questo caso è prevista l’obbligatorietà del procedimento di mediazione che, quindi, è condizione di procedibilità rispetto all’azione giudiziaria.

E’ tempestiva l’impugnazione introdotta con atto di citazione in un giudizio ordinario di cognizione se notificata entro il termine di trenta giorni.

Introducendo, invece, il procedimento di mediazione, qual è il momento che bisogna considerare per evitare che maturi la decadenza dall’impugnazione con la scadenza dei trenta giorni previsti?

In una fattispecie un condomino ha impugnato la delibera assembleare provvedendo a  depositare presso l’organismo di mediazione, il trentesimo giorno dalla data di avvenuta comunicazione del verbale assembleare, l’istanza di mediazione  che è stata  poi comunicata al condominio  dopo altri 16 giorni.

Il Tribunale di Savona con sentenza 02.03.2017 ha ritenuto che gli effetti impeditivi della decadenza sono collegati alla comunicazione della domanda di mediazione alle parti, e non già al mero deposito della domanda di mediazione presso l’organismo prescelto.

Ciò tanto è vero che, attese le conseguenze così pregnanti per la parte proponente la procedura di conciliazione, l’art. 5 comma 6 del d.lgs.28/2010, prevede che la domanda di mediazione possa essere comunicata direttamente alla controparte “anche a cura della parte istante”, onde evitare che lo stesso possa essere pregiudicato da tempistiche proprie dell’ente di mediazione.

Il Giudice dunque ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta con condanna alla rifusione in favore del Condominio convenuto delle spese del giudizio.

La sentenza del Tribunale di Savona ribadisce e conferma quanto già era stato affermato dal Tribunale di Palermo con sentenza n. 4951 del 18.09.2015. 

Il principio ormai consolidato è che “il solo deposito dell’istanza di mediazione non produce effetti interruttivi della prescrizione o della decadenza della domanda giudiziale”.

Un altro contrasto è sorto in merito agli effetti del termine di trenta giorni per impugnare la delibera condominiale ex art.1137 C.C..

Trattasi di effetto interruttivo o di effetto sospensivo?

L’introduzione del procedimento di mediazione mediante comunicazione dell’istanza al condominio, interrompe o sospende il termine di decadenza?

Terminato con esito negativo il procedimento di mediazione, se si intraprende il giudizio, il termine decorre nuovamente per intero (effetto interruttivo) ovvero riprende solo per gli ulteriori giorni mancanti fino al trentesimo (effetto sospensivo)?

La questione era stata affrontata e risolta inizialmente dal Tribunale di Palermo con sentenza 19 settembre 2015 n 4951 nella quale si affermava che il procedimento di mediazione sospendeva e non interrompeva il termine decadenziale di cui all’art. 1137 C.C..

Ma tale pronuncia inizia ad essere un’isolata presa di posizione, stanti i vari successivi pronunciamenti in senso differente.

Il Giudice del Tribunale di Palermo  aveva osservato che l’art. 5 del D.lgs. 28/2010 non richiamasse espressamente l’art. 2943 comma 2 C.C. e, conseguentemente, non considerasse gli effetti interruttivi del termine per l’impugnazione della delibera condominiale soggetto, pertanto, a mera sospensione.

A favore della tesi che vede nella proposizione della istanza di mediazione il verificarsi di un effetto interruttivo del termine ex art. 1137 CC, si è invece schierato espressamente il Tribunale di Milano con la sentenza n. 13360/2016 del 02.02.2016, segnalandosi che sono attestati sulle stesse conclusioni altri Tribunali, come ad esempio quello di Firenze e quello di Monza, con la pronuncia del 12/01/2016.

Il Tribunale di Milano ha chiarito che la domanda di mediazione non sospende, ma interrompe i termini per agire.

La differenziazione degli effetti è importante.

Infatti, se la domanda di mediazione si limitasse solo a sospendere il termine dei 30 giorni per impugnare la decisione dell’assemblea, per impugnare la delibera in tribunale dopo una mediazione fallita, si avrebbe un numero di giorni pari alla differenza tra i trenta giorni previsti dal codice civile e quelli intercorsi fino alla comunicazione dell’istanza di mediazione.

Trattandosi di interruzione del termine di 30 giorni, dopo il deposito del verbale negativo della mediazione, si hanno da capo tutti i trenta giorni per depositare la domanda in tribunale (o dal giudice di Pace, a seconda della competenza).

Invero, una volta comunicata al condominio la domanda di mediazione, viene così impedita la decadenza “per una sola volta“ (sicché non rileverebbe a tal fine un’ipotetica reiterazione strumentale della medesima domanda di mediazione); se poi il tentativo fallisce, la domanda giudiziale di impugnazione della deliberazione assembleare deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza di trenta giorni di cui all’art. 1137, comma 2, c.c., decorrente ex novo e per intero dal deposito del verbale di mancata conciliazione presso la segreteria dell’organismo.

Non appare conforme alla ratio e alla lettera dell’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 28/2010, opinare che, ai fini dei 30 giorni di cui all’art. 1137 c.c., la mediazione operi come una causa di “sospensione”, nel senso che, alla cessazione del relativo procedimento, consacrata dal deposito del verbale negativo, il termine di decadenza, temporaneamente neutralizzato, «riprende a decorrere» dal punto di progressione che aveva raggiunto al momento della comunicazione della domanda di mediazione al condominio.

La comunicazione di tale domanda di mediazione è stata intesa come evento idoneo a impedire la decadenza da un diritto – segnatamente quello di impugnazione ai sensi dell’art. 1137 c.c. – non in quanto costituisca la manifestazione di una volontà sostanziale, ma poiché instaura un rapporto diretto a realizzare un accordo conciliativo: l’inizio della mediazione non vale a sottrarre definitivamente alla decadenza il diritto esercitato nell’ipotesi in cui il tentativo di conciliazione sortisca esito negativo, nel qual caso decorre un secondo, e ultimo, ma identico termine decadenziale (ossia 30 giorni e non uno di meno).

In altre parole, non sembra condivisibile conferire alla comunicazione dell’istanza di mediazione una sorta di effetto “impeditivo-sospensivo” del termine di decadenza, perdurante fino alla consacrazione della mancata conciliazione, alla stregua di quanto stabilito in tema di prescrizione dall’art. 2945, comma 2, c.c. – correlato al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio, il cui atto introduttivo ha prodotto l’effetto interruttivo.

D’altronde, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione – v. sent. n. 17781 del 22 luglio 2013 – sia pure nei giudizi volti al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per durata irragionevole del processo, che, quale diritto patrimoniale, può essere soggetto alla disciplina della mediazione, in aderenza alla comune ratio di deflazione del contenzioso giudiziario, hanno avuto modo di puntualizzare che la domanda di mediazione comunicata entro il termine semestrale di cui all’art. 4 della legge n. 89/2001 impedisce, “per una sola volta”, ai sensi dell’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 28/2010, la decadenza dal diritto di agire per la medesima equa riparazione, potendo quest’ultimo essere ancora esercitato, ove il tentativo di conciliazione fallisca, “entro il medesimo termine di sei mesi”, decorrente ex novo dal deposito del verbale negativo presso la segreteria dell’organismo di mediazione.

Sempre in tema di mediazione e impugnazione di delibera condominiale, è da segnalare la sentenza del Tribunale di Pistoia del 25.02.2017 che si pone nella scia di certa giurisprudenza che tende ad imporre oltremodo il procedimento di mediazione già reso per legge obbligatorio, mediante un’eccessiva formalizzazione a discapito della volontà delle parti.

Il Tribunale di Pistoia ha dichiarato improcedibile la domanda di parte attrice – volta all’annullamento di una delibera condominiale – per non essersi la stessa presentata personalmente al tentativo di mediazione, ma solamente tramite un sostituto del suo procuratore.

E’ dunque venuta meno la condizione di procedibilità della domanda giudiziale ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. n. 28/2010.

Il Tribunale ha considerato che la parte avente interesse ad assolvere la condizione di procedibilità (in questo caso l’attrice), aveva l’onere di partecipare all’iter davanti al mediatore, contemplando il suddetto art. 5 D.Lgs. n. 28/2010 la sola funzione si assistenza del legale, e non di rappresentanza della parte.

Il giudice, si sensi dell’art. 5 comma 2 d.lgs. 4 marzo 2010 n.28, ha disposto, dopo aver valutato la natura della causa ed il comportamento delle parti, l’esperimento del procedimento di mediazione come condizione necessaria ed ha verificato che fosse correttamente eseguito dalle parti (assistite dai propri difensori) con la partecipazione personale all’incontro con il mediatore.

Il Giudice del Tribunale di Pistoia ha ritenuto che anche per la mediazione obbligatoria da svolgersi prima del giudizio ex art. 5, co. 1 bis d.lgs. 28/2010, è necessario che le parti compaiano personalmente (assistite dai propri difensori come previsto dall’art. 8 d.lgs. 28/2010) e che la mediazione sia effettivamente avviata.

Nel caso in esame, nel procedimento di mediazione non è comparsa la parte attrice, ma un sostituto del difensore di quest’ultima.

Pertanto è stata rilevato d’ufficio il mancato avveramento della condizione di procedibilità ai sensi dell’art. 5 c. 1 bis del d.lgs. n.28/2010.

Presente all’incontro di mediazione, invece, è risultato soltanto il legale rappresentante del condominio convenuto.

Ciò basta per ritenere non effettivamente svolto ed adempiuto l’obbligatorio tentativo obbligatorio di mediazione ex art. 5 comma 1 bis d.lgs. 28/2010 nei termini concessi dal Giudice.

Per la mancata partecipazione della parte attrice, senza giustificato motivo, al procedimento di mediazione questa è stata condannata al versamento all’entrata al Bilancio dello Stato dell’importo del contributo unificato con soccombenza riguardo alle spese processuali.

 

Alessandro Moscatelli

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