La mediazione obbligatoria è stata dichiarata incostituzionale per eccesso di delega legislativa del d.lgs. 4 marzo 2010, n.28 nella parte in cui ha introdotto, all’art. 5, l’obbligo di esperire la mediazione in alcune materie, quale condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria.
La Consulta ha accolto l’eccezione di incostituzionalità, sollevata dal TAR del Lazio, là dove evidenziava che l’introduzione della mediazione obbligatoria non risulta trovare una “rispondenza nella legge delega, con conseguente violazione dell’art. 77 Cost”.
Quando il Governo Berlusconi introdusse il nuovo istituto, come alternativo metodo di risoluzione dei conflitti, si faceva un gran parlare della necessità di ammodernare la giustizia civile. L’Unione europea ci obbligava (direttiva 52/2008) all’introduzione di ulteriori strumenti per dirimere le controversie.
C’èra una diffusa consapevolezza che in alcune materie lo strumento della mediazione non solo fosse utile ma anche necessario.
Il Governo, optò per la mediazione obbligatoria, nella convinzione che l’obbligatorietà fosse necessaria per veicolare la cultura della composizione amichevole delle controversie, poco diffusa in Italia.
Sembrava anche un modo per deflazionare la giustizia e superare il formalismo giuridico che caratterizza il nostro Paese, con una conflittualità che non trova riscontro in Europa.
La scelta non fu facile ed indolore, forse persino formalmente pasticciata e la delega contenuta nell’art. 60 della legge 69/2009, pur parlando di innovazione, non si espresse in modo palese sul tipo di mediazione da adottare.
Come ogni innovazione, che incide su abitudini e interessi consolidati, l’istituto della mediazione fu sottoposto al fuoco incrociato di quanti vedevano in essa una potenziale minaccia.
Con la pronuncia della Consulta, i detrattori della mediazione hanno vinto una battaglia importante, anche se non decisiva, e possono esultare dichiarando che «si blocca così il processo di privatizzazione della giustizia civile”.
Gli Organismi che gestiscono la mediazione, a loro volta, minimizzato la portata della decisione della Corte che non si sarebbe pronunciata sulla natura della mediazione ma solo su un vizio di forma.
Gli operatori della mediazione si devono riprendere dal KO e raccogliere le idee per le contromosse, al fine di ridurre gli effetti negativi di una decisione che rischia di far crollare l’impalcatura organizzativa messa in piedi.
Le motivazioni della decisione, che si conosceranno quando verrà depositata la sentenza, consentiranno di esprimere giudizi più ponderati e di affrontare l’ineludibile problema della giustizia civile ormai al collasso, alla cui soluzione certamente può concorrere la mediazione.
Personalmente sono convinto che la mediazione può decollare solo in un contesto di buon funzionamento della giustizia. Se la mediazione si vuole utilizzare solo come filtro per deflazionare il contenzioso, troverà sempre ostacoli insormontabili.
Le criticità legislative ed operative emerse in materia di mediazione e la consapevolezza che non può costituire l’unico rimedio al cattivo funzionamento della giustizia civile, possono aprire un costruttivo dibattito capace di superare la polarizzazione della discussione tra contrapposti interessi.
La speranza è che il venir meno dell’obbligatorietà processuale della mediazione non faccia perdere l’opportunità di uno strumento importante per i cittadini e per il sistema Paese.
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