Una nota Fondazione previdenziale, proprietaria di diversi stabili a Roma, promuove, a partire dal 1995, diverse cause nei confronti di un suo inquilino. Tutte le cause si concludono con il rigetto delle domande del proprietario e, pertanto, l’inquilino fa causa alla Fondazione per farla condannare al risarcimento dei danni da “mobbing immobiliare” sulla base dei seguenti presupposti:
a) che le cause intraprese nei suoi confronti avevano come unico scopo quello di costringerlo a lasciare libero l’immobile;
b) di essere stato vittima di un comportamento ingiusto e illecito perpetrato con una serie di azioni legali infondate e temerarie.
Il Tribunale di Roma respinge la domanda dell’inquilino e la Corte d’Appello considera inammissibile una domanda risarcitoria per mobbing immobiliare. Ad avviso della Corte, il conduttore avrebbe dovuto far valere, in ciascuna causa, il diritto al risarcimento per lite temeraria.
Di diverso avviso la Cassazione che ha annullato la sentenza della Corte di Appello per i seguenti motivi:
-il proprietario che compie una pluralità di azioni moleste o persecutorie nei confronti dell’inquilino per costringerlo a lasciare l’immobile può essere condannato a risarcire il danno per lo stress procurato (cd. mobbing immobiliare);
-nel caso in esame la Corte di Appello, erroneamente, non ha valutato l’esistenza o meno di una sequenza persecutoria della Fondazione nei confronti del proprio inquilino, ma si è limitata a dare atto della proponibilità, dell’azione per lite temeraria in ogni singolo procedimento;
-il fatto che l’ordinamento preveda una tutela specifica in caso di lite temeraria non esclude, ovviamente, che l’inquilino molestato possa aver diritto a essere risarcito per gli ulteriori danni subiti dalla pluralità di azioni giudiziarie del proprietario.
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