Molestie social: per la Cassazione non paragonabili a quelle telefoniche 

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Secondo la Suprema Corte di Cassazione, i messaggi molesti sui social network e le telefonate moleste, non sono uguali. La Suprema Corte ha sottolineato come oggi sulle applicazioni di messaggi sia possibile gestire le notifiche, e decidere da chi si vuole continuare a ricevere telefonate o messaggi.
Secondo i Supremi Giudici:

In un sistema di messaggistica telematica che per effetto del progresso delle telecomunicazioni, permette al destinatario di sottrarsi sempre all’interazione immediata con il mittente ponendo un filtro al rapporto con il soggetto che invia il messaggio molesto, l’equiparazione tra l’invasività delle comunicazioni moleste effettuate attraverso sistemi di messaggistica telematica e quella delle comunicazioni tradizionali effettuate con il mezzo del telefono non si giustifica più’’.
Per approfondire consigliamo: La responsabilità nei nuovi reati informatici

Indice

1. Il reato di molestie o disturbo alle persone


Il reato di molestie è disciplinato all’articolo 660 del codice penale, rubricato “molestia o disturbo alle persone” che recita:
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito, a querela della persona offesa, con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516.
Si procede tuttavia d’ufficio quando il fatto è commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità.
La norma è diretta a tutelare l’ordine pubblico, preservando nello specifico la sicurezza e la tranquillità dei consociati.
Nonostante si tratti di offesa a un interesse privato, viene in considerazione l’ordine pubblico, dal quale il privato riceve una tutela riflessa.
La norma punisce il recare molestia o disturbo alle persone senza nessun valido motivo.
La condotta si può manifestare in qualsiasi luogo, pubblico o privato, e anche per mezzo del telefono, e consiste nell’oggettiva idoneità a molestare terze persone, interferendo nell’altrui vita privata e nell’altrui vita di relazione.
Per petulanza s’intende ogni contegno di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nell’altrui sfera di libertà.


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2. La vicenda


Come scrive l’Agenzia di Stampa Adnkronos.it, in relazione all’elemento soggettivo, è richiesto ai Supremi Giudici della prima sezione penale, che con sentenza 03/10/2023 n. 40033, hanno assolto una donna che aveva chiesto l’amicizia su Facebook ai suoi figli naturali e in tempi successivi aveva contattato e inviato messaggi ai loro genitori adottivi.
La donna era stata condannata dalla Corte d’Appello di Caltanissetta a 2 mesi per il reato di molestie e disturbo alle persone.
La Cassazione ha accolto il ricorso della donna annullando senza rinvio la sentenza di secondo grado.
Gli Ermellini sottolineano che:
La circostanza che il messaggio telematico abbia assunto quella maggiore invasività che lo rende assimilabile alla telefonata molesta ricevuta improvvisamente dipende non da una scelta del soggetto che invia, ma da una scelta del soggetto che riceve.
L’istantaneità della comunicazione molesta veicolata tramite la messaggistica telematica, e la circostanza che essa giunga in un momento improvviso non regolabile dal soggetto che riceve la comunicazione, sono, infatti, caratteristiche accessorie del mezzo utilizzato, che il destinatario può evitare – si legge nella sentenza – sottraendosi a quella interazione immediata con il mittente che è la linea di delimitazione della fattispecie penale o il dolo specifico, vale a dire, che il soggetto sia mosso da petulanza o da altro biasimevole motivo, per recare disturbo alla persona offesa”.

3. La decisione della Suprema Corte di Cassazione


La Suprema Corte di Cassazione conclude affermando:
Ne consegue che nel caso in esame, caratterizzato da molestie perpetrate tramite messaggi inviati mediante le applicazioni Instagram e Facebook, le quali notifiche dei messaggi in arrivo possono essere attivate per scelta libera dal soggetto che le riceve, il fatto del quale è stata ritenuta responsabile l’imputata non è sussumibile nella fattispecie penale dell’articolo 660 del codice penale, in quanto non commesso ‘con il mezzo del telefono’, nel significato attribuito a questa locuzione da parte della giurisprudenza di legittimità’’.

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Alfonso Contaldo, Flaviano Peluso (a cura di), Cecilia Cavaceppi, Francesco Saverio Cavaceppi, Daniela Cavallaro, Raissa Coletti, Alessandra Cortese | Maggioli Editore 2020

Dott.ssa Concas Alessandra

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