Morte del conduttore e successione in locazione uso non abitativo

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L’art. 37, comma 1, della l. n. 392/1978, stabilisce che in caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto coloro che, per successione o per precedente rapporto risultante da atto di data certa anteriore alla apertura della successione, hanno diritto a continuarne l’attività. La successione opera, quindi, di diritto e non prevede la possibilità di una manifestazione di volontà contraria da parte del locatore.
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Indice

1. La disciplina prevista l’art. 37 della l. n. 392/1978


L’art. 37 della l. n. 392/1978, prevedendo per il caso di morte del conduttore, che succedano nel contratto coloro che, jure hereditario o per atto di anteriore all’apertura della successione, hanno diritto a continuare l’attività del dante causa, condiziona la prosecuzione del rapporto locatizio alla sola titolarità astratta del diritto alla continuazione di tale attività, senza richiedere anche il fatto materiale della continuazione della stessa (Cass. civ., Sez. III, 03/02/1998, n. 1093).
In altre parole, in caso di morte del conduttore di immobile destinato per uno degli usi previsti dall’art. 27 della l. n. 392/1978, subentrano nel rapporto, ai sensi dell’art. 37 della medesima legge, coloro che per successione o per precedente rapporto (risultante da data certa anteriore all’apertura della successione), hanno diritto di continuare l’attività, senza necessità che questa sia anche direttamente esercitata dall’avente diritto ovvero da colui che anche in base a legittima aspettativa ne abbia titolo, perché questo ulteriore requisito, espressamente richiesto dalle precedenti analoghe disposizioni, relativa alle locazioni soggette al regime di proroga, non è stato più indicato dal legislatore nell’art. 37 sopra citato (Cass. civ., sez. III, 16/10/2017, n. 24278; Cass. civ., sez. III, 10/02/1994, n. 1359).
La legge, dunque, non richiede, ai fini di consentire la successione nel contratto di locazione da parte degli eredi, l’effettiva continuazione dell’attività precedentemente svolta dal dante causa, bensì la legittimazione a farlo, ovvero la possibilità giuridica di continuare l’attività del de cuius, che si acquisisce subentrando nella titolarità dell’azienda da lui precedentemente condotta. L’effettiva continuazione dell’attività precedentemente svolta è richiesta invece dal secondo comma dello stesso art. 37, quando si parla di separazione legale o consensuale, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, dove è esplicitamente detto: “il contratto di locazione si trasferisce al coniuge, anche se non conduttore, che continui nell’immobile la stessa attività già ivi esercitata assieme all’altro coniuge…”.


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2. Caso in cui più professionisti, artigiani o commercianti esercitano l’attività nello stesso immobile: cosa succede in caso di decesso dell’intestatario del contratto?


In ogni caso, l’art. 37 della l. n. 392/1978 disciplina un’altra ipotesi di successione nel contratto di locazione mortis causa relativa al caso in cui più professionisti, artigiani o commercianti esercitino l’attività nello stesso immobile ed uno solo di loro sia intestatario del contratto.
Al decesso di quest’ultimo, subentrano di diritto nella locazione gli altri soggetti individuati nella norma in commento e, segnatamente, gli altri professionisti, artigiani o commercianti al cui uso l’immobile era destinato, a prescindere dal fatto che il contratto sia intestato al solo de cuius (art. 37, comma 3, l. n. 392/1978).
La finalità della norma è quella di assicurare un collegamento tra l’immobile (che forma oggetto del contratto) ove è gestita e si svolge l’attività di una pluralità di soggetti, anche se il contratto venga intestato ad uno solo di essi.
Perché si possa invocare l’applicabilità dell’art. 37, comma 3, della l. n. 392/1978 ai fini della successione nelle locazioni non abitative – da parte di professionisti, artigiani o commercianti – è necessario che l’uso plurimo sia stato previsto contrattualmente o, quantomeno, successivamente consentito dal locatore (Cass. civ., sez. III, 17/11/1995, n. 11914).
Ne consegue che, qualora la destinazione dell’immobile in favore di più soggetti non sia stata prevista nel contratto stipulato dal locatore con uno soltanto di questi, l’eventuale occupazione di fatto dell’immobile da parte degli altri non li legittima a subentrare nel contratto.
L’art. 37, commi 3 e 4, della l. n. 392/1978, quindi, si riferiscono ai casi in cui il concorrente godimento del bene sia lecito, e, pertanto, sono invocabili esclusivamente in presenza di una coutenza contemplata nell’originario contratto, ovvero successivamente autorizzata dal locatore, senza che possa ritenersi sufficiente la mera attribuzione della facoltà di sublocazione, il cui esercizio non implica la suddetta coutenza, ma costituisce un nuovo ed autonomo titolo di godimento (Cass. civ., Sez. III, 24/11/1990, n. 11349).
La prosecuzione del rapporto non può però aver luogo laddove l’attività svolta dai vari soggetti coinvolti non sia omogenea ovvero dello stesso tipo di quella svolta dal de cuius per cui, in via esemplificativa, un commerciante non potrà succedere ad un professionista e viceversa (Cass. civ., sez. III, 24/07/1991, n. 8286).

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