Morte dell’imputato prima della sentenza definitiva: revoca delle statuizioni civili

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La Corte di Cassazione, con sentenza 32134 dell’8 agosto 2024, ha chiarito che la morte dell’imputato, intervenuta prima del passaggio in giudicato della sentenza, comporta la cessazione tanto del processo penale, quanto del rapporto processuale civile nel processo penale.

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Cass-32134-2024.pdf 2 MB

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Indice

1. I fatti

Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in esito al dibattimento celebrato con la presenza della parte civile, ha dichiarato l’imputato colpevole del reato di cui all’art. 659 cod. pen. a lui ascritto e, riconosciute le attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di 250 euro di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali, al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile da liquidarsi in separata sede, nonché al pagamento delle spese di costituzione di parte civile.
L’imputato ha, successivamente, proposto appello ma la Corte di Messina, rilevato che, trattandosi di condanna alla sola pena dell’ammenda, la sentenza era inappellabile, ha trasmesso, a mente dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., gli atti alla Corte di Cassazione.
Giunti a questo punto, il ricorrente è deceduto nelle more di fissazione dell’udienza e la Suprema Corte ha espresso un importante principio.

2. Morte dell’imputato prima della sentenza definitiva: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione ha imposto la revoca delle statuizioni civili di condanna.
Questo in quanto “la morte dell’imputato, intervenuta prima del passaggio in giudicato della sentenza, comporta la cessazione sia del rapporto processuale penale, che del rapporto processuale civile nel processo penale, e determina, di conseguenza, anche il venir meno delle eventuali statuizioni civilistiche senza la necessità di una apposita dichiarazione da parte del giudice penale“.
È, infatti, presupposto processuale l’esistenza e la permanenza in vita dell’imputato, anche dal punto di vista civilistico.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione ha ripreso un consolidato principio di diritto che ribadisce la cessazione sia del rapporto processuale in sede penale che del rapporto processuale civile inserito nel processo penale al momento della morte dell’imputato.
La conseguenza è che le eventuali statuizioni civilistiche restano caducate ex lege senza la necessità di una apposita dichiarazione da parte del giudice penale.
In tale ipotesi, è preclusa agli eredi dell’imputato la possibilità di impugnare, in luogo del de cuius, le suddette statuizioni, non potendo essi avvalersi del disposto di cui all’art. 574 cod. proc. pen. (il quale riserva la possibilità di impugnazione al solo imputato), e neppure potendo trovare applicazione in loro favore l’art. 578 cod. proc. pen., riferendosi questo soltanto all’eventualità di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione.
La Corte chiarisce che tale disciplina non si pone in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, lasciando essa aperta la possibilità per gli eredi dell’imputato di far comunque valere le proprie ragioni in sede civilistica, ove in tale sede venga rinnovata la pretesa risarcitoria da parte dei danneggiati dal reato.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per morte dell’imputato, revocando le statuizioni civili.

Riccardo Polito

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