Mutui alla francese, prassi all’italiana: tra anatocismo e regime di capitalizzazione “composto”

Valeria Ricca 05/09/24
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Approfondimenti sul contratto di mutuo e sul piano di ammortamento “alla francese”.

Indice

1. Il contratto di mutuo e il piano di ammortamento “alla francese”

I contratti “tipici” sono i contratti che vengono espressamente disciplinati nel Codice civile e che qui, quindi, trovano la propria regolamentazione; sempre salva, ove possibile, la facoltà delle parti di modificarne o integrarne il contenuto legale.
Tra i contratti tipici rientra il contratto di mutuo così definito dall’art. 1813 Cod.civ: “Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità”.
Il contratto di mutuo è pertanto un contratto sinallagmatico con il quale il mutuante presta denaro o cose fungibili e il mutuatario, a sua volta, divenendone proprietario [1], si impegna a restituirle – salvo diversa pattuizione – con gli interessi [2].
Concentrandosi sul mutuo relativo a somme di denaro concesse da un istituto bancario, il mutuatario si impegna a restituire al mutuante (la Banca) la medesima somma prestata, con anche gli interessi, alle condizioni stabilite nel contratto medesimo e sulla base del piano di ammortamento concordato.
Il piano di ammortamento non è altro che il piano di rientro della somma di denaro in favore del mutuante e contiene il numero di rate (quota capitale e quota interessi) e il relativo importo dovuti dal mutuatario per tutta la durata del contratto.
Il piano di ammortamento cd “alla francese” [3], che Banca d’Italia nelle disposizioni relative alla “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari” (Provvedimento del 29 luglio 2009, Allegato 3) così descrive “La rata prevede una quota capitale crescente e una quota interessi decrescente. All’inizio si pagano soprattutto interessi; a mano a mano che il capitale viene restituito, l’ammontare degli interessi diminuisce e la quota di capitale aumenta”, è tra i più diffusi in Italia.
Il piano di ammortamento “alla francese” è caratterizzato da rate costanti, il cui importo totale non varia nel tempo, in cui è la composizione “interna” a variare (i.e. la quota capitale e la quota interessi).
Il motivo per cui al trascorrere del tempo corrisponde una quota di interessi più bassa, deriva dal fatto che la quota interessi viene calcolata sul capitale residuo; ciò significa che mentre all’inizio del rapporto gli interessi vengono calcolati sul capitale totale mutuato, col passare del tempo, al decrescere delle rate, gli interessi vengono calcolati su una “base” minore (capitale residuo).
Ciò comporta, naturalmente, che all’interno di una rata che rimane identica nell’importo totale, il diminuire degli interessi col trascorrere del tempo, determina un aumentare della quota capitale; il piano di ammortamento alla francese si caratterizza, infatti, per una quota capitale crescente e una quota interessi decrescente.
Se il vantaggio è quello di non dover fronteggiare delle rate di importi imprevedibili (la rata è, infatti, costante), lo svantaggio è quello – in caso di un’estinzione anticipata – di non avere un grosso beneficio economico dal momento che gli interessi, che non sono dovuti in caso di estinzione anticipata, potrebbero essere di importi non consistenti e determinare, quindi, un onere economico comunque importante per il mutuatario.

2. L’anatocismo

Il denaro è un bene produttivo e produce frutti civili, ovverosia gli interessi.
L’art. 1282 cod.civ. pacificamente riconosce che “I crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto”.
Pertanto, è del tutto legittimo che nel contratto di mutuo, tipica obbligazione pecuniaria, il mutuatario debba corrispondere al mutuante degli interessi definiti come “compensativi” proprio perché “compensano” il danno da ritardo; il mutuatario, difatti, restituisce nel tempo, e non immediatamente, la somma di denaro.
Del tutto diverso è, invece, il cd. anatocismo corrispondente alla capitalizzazione degli interessi.
L’art. 1283 cod.civ., al fine di tutelare il debitore da pratiche scorrette al limite dell’usura, ha introdotto uno specifico divieto alla pratica dell’anatocismo e ne limita la legittimità nei seguenti casi:
Gli interessi scaduti producono interessi dalla proposizione della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza;
Si deve trattare di interessi dovuti per almeno sei mesi.
Al di fuori di questi casi, l’anatocismo rimane assolutamente vietato e gli interessi non possono determinare la maturazione di ulteriori interessi sugli stessi.

3. La validità del piano “alla francese” secondo la sentenza della Cassazione n. 15130/2024

Chiarito cosa debba intendersi per piano di ammortamento “alla francese” e affrontata brevemente la tematica dell’anatocismo, è possibile passare ad analizzare l’importante pronuncia della Cassazione in merito.
La Corte di Cassazione è stata interpellata dal Tribunale mediante il nuovo istituto del rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis cpc per dirimere le seguenti questioni:
se, in presenza di un mutuo a tasso fisso con piano di ammortamento c.d. “alla francese” allegato al contratto (nella specie, interamente onorato dalla debitrice e concluso), il contratto debba contenere, a pena di nullità, anche l’esplicitazione del regime di ammortamento, cioè delle modalità di rimborso del prestito (mediante rate fisse costanti comprensive di quote capitali crescenti e di quote interessi decrescenti nel tempo) e della eventuale maggiore onerosità del suddetto piano rispetto ad altri piani di ammortamento”;
se, in mancanza di detta indicazione, il contratto sia affetto da nullità parziale per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto (art. 1346 c.c.) e/o per violazione della trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra banca e clienti (art. 117 T.u.b.); quali siano le eventuali conseguenze di una simile nullità [4]“.
Per ciò che concerne il primo punto, l’Ordinanza di rinvio si focalizza sul punto del regime di capitalizzazione “composto” degli interessi, affermando che il tipo di piano “alla francese” determina la produzione di interessi ad ogni periodo e che questi si sommano al capitale e producono a loro volta altri interessi; funzionamento contrario alla capitalizzazione “semplice” in cui gli interessi non producono altri interessi ma si sommano progressivamente al capitale.
Orbene, secondo il Tribunale, la non esplicitazione del tipo di piano di ammortamento e della capitalizzazione composta – sebbene non eluda il divieto del cd. anatocismo –determinerebbe una nullità parziale per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto ai sensi degli artt. 1346 e 1418 co. 2 cod.civ [5].
A tale quesito la Corte risponde in senso negativo affermando che non sussiste tale criticità ove il contratto di mutuo contenga gli elementi propri del tipo legale e cioè “la chiara e inequivoca indicazione dell’importo erogato, della durata del prestito, della periodicità del rimborso e del tasso di interesse predeterminato[6].
La Corte, inoltre, evidenzia come la mancata esplicitazione del maggior costo del prestito determinato dalla capitalizzazione “composta”, non sia un problema che verte sulla determinatezza o determinabilità ma, semmai, sulla mancanza di un elemento tipizzante del contratto (i.e. il prezzo) che conduce ad una nullità testuale – ai sensi dell’art. 117 co.4 TUB [7] – e all’applicazione del tasso sostitutivo.
Inoltre, precisa la Corte, il maggior costo determinato dagli interessi, non è riconducibile al fenomeno degli “interessi su interessi” (cd. anatocistici) ma al fatto che il piano concordato tra le parti prevede una restituzione ritardata del capitale per assicurare una rata costante per il cliente; tali interessi, quindi, sono un “compenso” per il creditore (mutuante) che vede la restituzione del capitale in proprio favore differita nel tempo.
Pertanto, non esistendo il fenomeno degli “interessi su interessi” non vi sono impatti né sul TAN (Tasso annuo nominale) né sul TAEG (Tasso annuo effettivo globale).
Sul secondo quesito, e cioè se la mancanza del regime di ammortamento applicato determini nullità parziale per indeterminatezza/indeterminabilità dell’oggetto o violazione degli obblighi di trasparenza tra cliente e istituto bancario (Art. 117 TUB), la Corte risponde negativamente.
In particolare, il Tribunale si interroga se la maggiore incidenza degli interessi, e quindi maggiore onerosità, costituisca un prezzo occulto “che rende il tasso di interesse effettivo maggiore di quello nominale (TAN) e del TAEG dichiarati nel contratto”.
La Corte, come già indicato nel primo quesito, spiega che il maggior carico degli interessi non deriva in alcun modo dal fenomeno di “interessi su interessi” ma dipende esclusivamente dal piano di rientro concordato tra le parti; quest’ultimo determina un differimento nella restituzione del capitale prestato per garantire delle rate costanti nel tempo.
Ciò significa che non vi è alcuna incidenza sul TAN e sul TAEG e nessun costo viene “nascosto” al cliente finale; nessuna indeterminabilità o indeterminatezza dell’oggetto ne può derivare.
In effetti, lo stesso articolo 117 TUB – ma anche la normativa più recente di derivazione europea- non richiede che nel contratto di mutuo venga espressamente indicato il regime di ammortamento applicato.
Ove, difatti, il cliente riesca ad avere visione di quello che è il costo totale con una semplice sommatoria ricavabile dall’importo totale delle rate (quota capitale e quota interessi) e la durata e ad avere contezza degli obblighi derivanti dall’esecuzione del contratto già alla stipula dello stesso, la trasparenza è garantita.
Del resto, è indubbio, a parere di chi scrive, che la semplice dicitura “alla francese” nessun apporto qualitativo darebbe alla comprensione del cliente finale che dovrebbe preferire, invece, un piano di ammortamento chiaro che riporti il corretto importo delle rate.

4. Conclusioni

La pronuncia sopra indicata sicuramente è dirimente per la questione che ormai da anni è dubbia e risulta di estrema attualità atteso che il piano di ammortamento alla francese è quello più utilizzato in Italia.
In effetti un’interpretazione contraria potrebbe, paradossalmente, portare ad una minor tutela del consumatore.
Si pensi all’ipotesi in cui fosse sufficiente inserire la semplice dicitura “alla francese” o in generale esporre un mero riferimento alla tipologia di piano di ammortamento o, al contrario, costringere il cliente ad effettuare complesse operazioni matematiche per avere una visione chiara e completa dei costi effettivi. Tale opzione, sicuramente, sarebbe meno tutelante e, soprattutto, darebbe meno elementi al cliente favorendo, invece, eccessivamente la Banca che potrebbe trovare semplici espedienti che consentirebbero a quest’ultima di minimizzare la “disclosure” e risultare comunque “compliant”.
Inoltre, un’interpretazione in senso contrario (i.e. nullità) potrebbe avere degli impatti, e non banali, anche per le cd polizze connesse a mutui e finanziamenti che vertono e sono indissolubilmente legate ai rapporti bancari (finanziamenti/mutui). Le conseguenze sarebbero state, sicuramente, rilevanti anche per il settore assicurativo che si sarebbe trovato a fronteggiare delle situazioni “complesse” derivanti da rapporti e documentazione dei quali le Compagnie non hanno, naturalmente, diretta e immediata visione.

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Note

  1. [1]

    Art. 1814 codice civile: “Le cose date a mutuo passano in proprietà del mutuatario”;

  2. [2]

    Art. 1815 codice civile: “Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell’articolo 1284”;

  3. [3]

    Fa da contraltare il piano di ammortamento all’italiana in cui la rata varia nel tempo (contrariamente al piano “alla francese” in cui la rata rimane sempre costante) ma, all’interno della rata, a variare sono solo gli interessi che decrescono nel tempo mentre la quota capitale rimane invariata.

  4. [4]

    Sentenza n. 15130/2024

  5. [5]

    Art. 1346: “L’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile.”
    Art. 1418 co.2: “Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’articolo 1325, l’illiceità della causa, l’illiceità dei motivi nel caso indicato dall’articolo 1345 e la mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’articolo 1346

  6. [6]

    Sentenza n. 15130/2024

  7. [7]

    Art. 117 comma 4: “I contratti indicano il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora.”

Valeria Ricca

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