Con la sentenza qui in sintetico commento (Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione seconda stralcio, n. 10029 del 1° ottobre 2020), il giudice amministrativo capitolino ha definito una controversia – la cui istaurazione risaliva al 2002 – concernente l’istallazione di un impianto di telefonia mobile sul lastrico solare di uno stabile nel territorio di Roma Capitale.
La questione controversa che qui particolarmente rileva attiene alla competenza in ordine alla emanazione di ordinanze contingibili e urgenti. In particolare, il quesito cui la sentenza offre soluzione è se, nel caso di Roma Capitale, suddivisa in Municipi[1], così come di ogni altro comune articolato in circoscrizioni di decentramento[2], la competenza spetti in via esclusiva al Sindaco o, limitatamente alla circoscrizione di competenza, anche al Presidente del Municipio.
Il caso: l’impianto di telefonia mobile sul lastrico solare
In particolare, nella vicenda sottesa al pronunciamento in esame, una società aveva in un primo momento ottenuto una regolare autorizzazione per la realizzazione di un impianto di telefonia mobile sul lastrico solare di uno stabile, salvo poi subìre l’interruzione dei lavori per effetto di un’ordinanza emanata dal presidente del Municipio[3] competente per territorio, motivata in ragione di un asserito “allarme sociale” e del pericolo per l’incolumità dei cittadini.
Insorgeva la società, con successivo intervento ad adiuvandum della compagnia telefonica interessata alla gestione della rete, deducendo – tra l’altro e per quanto qui specialmente rileva – l’insussistenza dei presupposti posti a fondamento dell’esercizio del potere, nonché il vizio di incompetenza, nel presupposto che l’adozione di un simile provvedimento dovesse considerarsi riservata in via esclusiva al Sindaco, nella sua qualità di Ufficiale di Governo e non anche al Presidente del Municipio).
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Priorità della questione di competenza nell’esame delle censure
Il giudice esamina prioritariamente la censura relativa all’asserita incompetenza del Presidente del Municipio.
Non è infatti superfluo ricordare che la censura di incompetenza in ordine all’adozione del provvedimento gravato riveste sempre carattere prioritario in sede di decisione giurisdizionale amministrativa, trattandosi di circostanza assimilabile a quella del potere non ancora esercitato ai sensi dell’art. 34, comma secondo del Codice del Processo Amministrativo[4].
Essa prevale pertanto anche sull’ordine di graduazione delle domande liberamente opzionato dalla parte e – almeno in via ordinaria – vincolante per il giudice[5].
Natura dell’atto impugnato
Al fine di valutare la sussistenza della competenza del Presidente del Municipio, è necessario anzitutto indagare l’esatta qualificazione giuridica del provvedimento oggetto d’impugnazione, a prescindere dal suo nomen formale. In ogni caso, dal tenore dell’atto non emerge nitidamente una qualificazione univoca.
Si tratta – espressamente – di un’“ordinanza” di sospensione dei lavori già assentiti con precedente specifica autorizzazione. Potrebbe sussistere quindi anzitutto il dubbio se possa vertersi in ipotesi di provvedimento di secondo livello, con valore di sostanziale di autotutela decisoria diretta all’annullamento del precedente atto autorizzatorio ovvero di nuovo provvedimento. Difettano però evidentemente i requisiti strutturali dell’autotutela in tal senso e, in ogni caso, il provvedimento ben si concilia con altro modello normativo.
La qualificazione in termini di provvedimento contingibile ed urgente e le sue ragioni giustificatrici
A condivisibile parere del giudice[6], attesa la struttura e la finalità del provvedimento, nonché i presupposti che vi si invocano («allarme sociale») si tratta infatti di ordinanza contingibile e urgente rientrante nel paradigma delineato dall’art. 54 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (oggi comma quarto, nella versione ratione temporis vigente comma seconda).
A tale conclusione si perviene nei termini di seguito brevemente sintetizzati.
Nell’indagare la natura del provvedimento amministrativo[7], assumono evidente rilievo non soltanto i caratteri strutturali estrinseci dello stesso, ma – prioritariamente – i suoi presupposti e il suo contenuto dispositivo, che più agevolmente consentono di individuare il paradigma normativo cui l’esercizio del potere effettivamente si ispira.
Nel caso di specie dunque, per procedere alla qualificazione, va premesso che l’ordinanza è stata emanata nell’anno 2002 e che, dunque, dovrà aversi riguardo al quadro normativo e regolamentare ratione temporis vigente.
Nel caso di specie, il contenuto dispositivo dell’atto consisteva nell’immediata sospensione dei lavori e si appalesa non dirimente per ricercare il modulo normativo cui l’atto possa essere ricondotto.
Decisivi, nel caso specifico, sono semmai i presupposti che hanno fondato l’esercizio del potere e che sono stati espressamente trasfusi nel tessuto motivazionale dell’ordinanza: uno “stato di allarme sociale” che “rischia di creare condizioni che possono mettere a repentaglio la sicurezza e l’ordine pubblico”. Da tale sintetico riferimento all’impianto giustificatorio del provvedimento già si evincono le ragioni fondanti di ordine pubblico cui il medesimo, almeno dichiaratamente, si ispira.
Il quadro normativo ratione temporis vigente e quello contemporaneo
Dirimente nella specie è l’art. 54, quarto comma, del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 247, nella sua versione antecedente alla sostituzione operata dall’ articolo 6 del D.L. 23 maggio 2008 n. 92, convertito, con modificazioni, dall’ art. 1, comma 1, della legge 24 luglio 2008, n. 125.
Tale norma disciplinava – e disciplina ancora oggi nella sua versione riformata – le attribuzioni del sindaco «nei servizi di rilevanza statale».
Le particolari finalità cui è ispirata, inducono a ritenere che l’ordinanza debba essere qualificata come provvedimento contingibile e urgente, nei sensi e con i limiti di cui all’art. 54, secondo comma, del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 247 nella formulazione vigente al tempo dell’emanazione, ai sensi del quale il Sindaco, nella sua qualità di ufficiale di governo « Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumita’ dei cittadini».
La disposizione, con analogo tenore letterale, è oggi riallocata nel quarto comma del medesimo art. 54, con l’inserzione, chirurgica ma niente affatto trascurabile del riferimento alla «sicurezza urbana. Sicché anche oggi la qualificazione sarebbe nei medesimi termini.
Non pertinenza delle altre forme provvedimentali previste dall’art. 54 T.U.E.L.
Una tale qualificazione è foriera di determinanti conseguenze. L’esercizio dei poteri contingibili ed urgenti, ora come allora, di una competenza speciale che appartiene al sindaco non nella sua qualità di autorità politica esponenziale della comunità locale e dunque di rappresentante eletto, bensì nella sua dimensione concorrente di ufficiale di governo, preposto per determinate funzioni all’articolazione comunale della Repubblica con funzioni di rilievo statale.
Il provvedimento adottato nel caso di specie, trovando la sua ragione giustificatrice nell’esigenza di proteggere la cittadinanza, di assicurare la sicurezza e l’ordine pubblico si concilia evidentemente con la previsione innanzi invocata, mentre appaiono dissonanti le altre forme provvedimentali pure previste dal medesimo articolo con diversa natura (e, in particolare, quelle di cui al comma primo).
Una tale qualificazione appare dirimente anche in ordine alla fondatezza della censura, avanzata dal ricorrente, circa la competenza all’emanazione del provvedimento.
La delega dei poteri sindacali al presidente di circoscrizione di decentramento comunale nel quadro normativo ratione temporis vigente e in quello contemporaneo
L’art. 54 medesimo, nell’attribuire il predetto potere d’ordinanza, disciplina espressamente la delega agli organi di decentramento comunale e, specificamente, a quelli circoscrizionali. Tale delega è però prevista unicamente per i poteri disciplinati nel comma primo. Manca qualsiasi riferimento al comma secondo sicché, sull’adagio ubi noluit, tacuit, l’interprete è rassicurato che il legislatore abbia voluto escludere la possibilità di delega per i provvedimenti contingibili e urgenti.
Anche avuto riguardo al quadro normativo odierno, le conclusioni non muterebbero. Dopo la ristrutturazione dell’art. 54 operata dall’ articolo 6 del D.L. 23 maggio 2008 n. 92, convertito, con modificazioni, dall’ art. 1, comma 1, della legge 24 luglio 2008, n. 125 infatti, pur con una rilocalizzazione dei commi all’interno della norma, il meccanismo della delega risulta ancora oggi precluso per le ordinanze contingibili ed urgenti.
La delega è infatti oggi disciplinata dal comma decimo dell’art. 54 ed è espressamente riservata ai provvedimenti di cui ai commi uno e terzo del medesimo articolo, con eloquente esclusione proprio del comma quarto che oggi contiene l’attribuzione del potere di ordinanza contingibile ed urgente.
Indefettibilità della previa comunicazione al prefetto e dell’atto di delega
In ogni caso l’esercizio delega richiede, ora come allora, pur sempre una previa comunicazione al prefetto che rappresenta un presupposto rilevante da concretizzarsi antecedentemente all’emanazione dell’atto di conferimento della delega e, soprattutto dell’atto delegato. Il rilievo di tale comunicazione si apprezza ove si rimarchi la natura sostanzialmente statale del potere esercitato con l’emanazione dell’ordinanza contingibile ed urgente, atto geneticamente statale posto in essere non dal sindaco, ma dall’ufficiale di governo che convive nelle sue funzioni.
Per di più, la necessità di un atto formale di delega antecedente all’esercizio del potere, oltre che da ragioni sistematiche di respiro generale, era specificamente prevista anche dalla norma di riferimento dello Statuto del Comune di Roma all’epoca vigente.
Risulta quindi ulteriormente sconfessata la linea ricostruttiva che volesse ricondurre l’emanazione dell’ordinanza all’esercizio di una delega sindacale.
Ciò rafforza ulteriormente la conclusione di accoglimento del ricorso per vizio di incompetenza.
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Note
[1] Nel particolare caso di Roma Capitale, la suddivisione amministrativa prevede oggi l’articolazione in Municipi (già Circoscrizioni). I Municipi, la cui istituzione si rinviene anche nello Statuto capitolino, nel loro attuale assetto, sono stati disciplinati dalla delibera n.11 dell’11 marzo 2013, dell’Assemblea Capitolina. Essi rappresentano sostanzialmente delle circoscrizioni di decentramento comunale ai sensi del Testo Unico Enti Locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), art. 17, pur nel contesto unico di Roma Capitale.
[2] Le circoscrizioni di decentramento, disciplinate dall’art. 17 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 sono organi comunali provvisti di una particolare autonomia e dotati di una serie di funzioni, variabili in base allo statuto comunale specifico. Attuano, a livello di assetto amministrativo, una ulteriore forma di decentramento ancora più capillare e territorializzato e sono solitamente previsti in seno a comuni di grandi dimensioni.
[3] L’opera è stata realizzata su uno stabile sito nel territorio di Roma Capitale che, si ricorderà, è suddivisa in municipi.
[4] Come affermato dall’Adunanza Plenaria nella sentenza 27 aprile 2015, n. 5: «le situazioni di incompetenza, carenza di proposta o parere obbligatorio, si versa nella situazione in cui il potere amministrativo non è stato ancora esercitato, sicché il giudice non può fare altro che rilevare, se assodato, il relativo vizio e assorbire tutte le altre censure, non potendo dettare le regole dell’azione amministrativa nei confronti di un organo che non ha ancora esercitato il suo munus.»
[5] Su questi e altri aspetti della graduazione delle domande nel processo amministrativo Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria nella sentenza 27 aprile 2015, n. 5 cit.
[6] Cui è rimessa la qualificazione dell’atto in via definitiva. Come ricorda la stessa sentenza, infatti, non è mai dirimente il nomen che il provvedimento assume, la cui natura deve desumersi dai suoi caratteri strutturali e dal suo contenuto.
[7] È appena il caso di ricordare che una tale qualificazione– in disparte ogni dato formale – compete in ultima analisi sempre al giudice.
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