l’articolo 38 del codice dei contratti pubblici, in questa parte, non richiede di accertare la gravità oggettiva dell’inadempimento tributario. Pertanto, secondo la formula della disposizione, anche una violazione quantitativamente non ampia degli obblighi tributari risulta sufficiente per determinare l’esclusione del concorrente.
La giurisprudenza ha affermato, a tale proposito, che, ai fini della configurabilità del requisito della regolarità fiscale, non può che essere escluso ogni rilievo alla modestia dell’entità del debito definitivamente accertato, non essendo in proposito previsto da parte della stazione appaltante alcun apprezzamento discrezionale della gravità e del sottostante elemento psicologico della violazione. La norma dispone infatti che sono esclusi dalla partecipazione alle gare pubbliche coloro che “hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte …”; dunque ogni violazione, anche di importo esiguo, senza che sia consentito all’amministrazione che ha bandito la gara, e tanto meno al concorrente, valutarne la rilevanza e la buona o mala fede del contribuente, giacché tale valutazione – diversamente dalle ipotesi di cui alle lett. e) ed f) d.lg. n. 163/2006 – è stata evidentemente effettuata dal legislatore in ragione dello scopo della norma di garantire non solo l’affidabilità dell’offerta e nell’esecuzione del contratto, ma anche la correttezza e la serietà del concorrente (Consiglio Stato , sez. V, n. 5556 del 2010).
Sotto altro profilo, il requisito della regolarità tributaria, quale presupposto per la partecipazione alla procedura di affidamento, deve sussistere al momento della scadenza del termine di partecipazione ed essere mantenuto per tutto lo svolgimento della gara fino all’aggiudicazione. Pertanto, non solo il tardivo pagamento effettuato dall’appellante non fa venire meno l’accertata carenza del prescritto requisito soggettivo della regolarità fiscale, ma deve escludersene ogni rilevanza, quand’anche l’eventuale adempimento tardivo vada ricondotto retroattivamente, quanto ad efficacia, al momento della scadenza del termine di pagamento.
In particolare dalla documentazione versata in atti emerge che Ricorrente ha ricevuto, in data 9 aprile 2010 due cartelle esattoriali, la maggiore delle quali (per un importo pari a 208.246 euro) è stata tempestivamente impugnata innanzi al giudice tributario (con sentenza di primo grado reiettiva, a sua volta impugnata in appello), mentre la seconda, minore (di importo pari a 41.401 euro) non risulta tempestivamente pagata né impugnata. Anzi, proprio in relazione a tale debito fiscale (IVA e IRAP 2005), è stata presentata un istanza di rateizzazione (protocollo 116988 del 5 agosto 2008), accolta con successivo provvedimento di Equitalia del 21 settembre 2010.
Pertanto, come correttamente sostenuto dalla ricorrente incidentale, la regolarizzazione dell’inadempimento tributario è avvenuto successivamente alla scadenza dei 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale (il cui termine spirava l’8 giugno, essendo stata notificata il 9 aprile 2010).
Dunque l’interessato non ha concretamente contestato, nelle competenti sedi contenziose, questa specifica pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, diretta al pagamento del tributo. Al contrario, la parte ha provveduto, successivamente, al graduale pagamento della somma richiesta, mediante il piano di rateizzazione, prestando sostanziale acquiescenza alla richiesta di pagamento.
Ed allora, nel caso di specie, l’inadempimento dell’obbligazione tributaria deve ritenersi sussistente e “definitivamente accertato”, posto che il debito tributario risulta ritualmente iscritto anche al ruolo esecutivo. Al riguardo, è sufficiente osservare che la definitività dell’accertamento consegue ad una decisione giurisdizionale o ad un atto amministrativo di accertamento tributario non impugnato e divenuto incontestabile. Il giudice amministrativo non può sindacare, in via incidentale, la sussistenza del credito tributario, ma deve limitarsi al riscontro oggettivo della sussistenza della violazione e della sua incontestabilità, alla luce dei condivisibili principi contenuti nella circolare n. 34/E del 25 maggio 2007, con la quale l’Agenzia delle entrate ha fornito gli indirizzi operativi ai propri uffici locali in merito alle modalità di attestazione della regolarità fiscale delle imprese partecipanti a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, alla luce della nuova normativa introdotta dal d.lgs. 163/2006.
Secondo la menzionata circolare vi è regolarità fiscale quando, alternativamente:
– a carico dell’impresa, non risultino contestate violazioni tributarie mediante atti ormai definitivi per decorso del termine di impugnazione, ovvero, in caso di impugnazione, qualora la relativa pronuncia giurisdizionale sia passata in giudicato;
– in caso di violazioni tributarie accertate, la pretesa dell’amministrazione finanziaria risulti, alla data di richiesta della certificazione, integralmente soddisfatta, anche mediante definizione agevolata.
La circolare precisa inoltre che non può essere considerata irregolare la posizione dell’impresa partecipante qualora sia ancora pendente il termine di sessanta giorni per l’impugnazione (o per l’adempimento) ovvero, qualora sia stata proposta impugnazione, non sia passata ancora in giudicato la pronuncia giurisdizionale.
Facendo applicazione di tali criteri interpretativi, consegue che la posizione della Ricorrente presentava alcuni accertamenti tributari qualificabili come “definitivi” e dunque ostativi alla sua partecipazione alla gara.
L’accoglimento del ricorso incidentale comporta la improcedibilità del ricorso principale secondo i principi già menzionati, ferme restando le ulteriori determinazioni della stazione appaltante in ragione degli elementi sopravvenuti emersi nel corso del giudizio.
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