(Annullamento senza rinvio)
Il fatto
La Corte d’appello di Milano convalidava un arresto operato su iniziativa della polizia giudiziaria in Varese sulla base di un mandato di arresto europeo emesso dal magistrato distrettuale di Londra (GB) per reati di furto aggravato.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso l’ordinanza summenzionata la difesa dell’arrestato proponeva ricorso per Cassazione formulando un unico motivo con il quale si deduceva l’erronea applicazione della legge penale per violazione del diritto di difesa con riferimento alla mancata partecipazione del difensore e dell’arrestato all’udienza prevista dall’art. 13 della legge n. 69 del 2005.
In particolare, nel rilevare la necessità della presenza all’udienza di convalida sia del difensore che dell’interessato, la difesa osservava, quanto a quest’ultimo, che la normativa dell’emergenza sanitaria ne avesse espressamente previsto la possibilità di partecipazione a distanza ma che, nella specie, il giudice procedente aveva convalidato l’arresto addirittura senza tenere l’udienza, omissione che, per il difensore, avrebbe dato origine a una nullità assoluta e insanabile.
Sotto altro profilo, la parte ricorrente rilevava l’erroneità del richiamo all’art. 294 comma 2, cod. proc. pen. operato dal giudice per giustificare la sospensione dell’audizione dell’arrestato in deroga alla disciplina processuale avendo egli confuso tra convalida dell’arresto e audizione dell’arrestato, quest’ultima assimilabile all’interrogatorio di garanzia, ma non alla convalida.
Quanto al presupposto fattuale valorizzato dal giudice, il deducente osservava infine come l’arrestato non si trovasse in ospedale ma in stato di quarantena carceraria, condizione che non ne avrebbe impedito la partecipazione a distanza mediante attivazione di video collegamento fermo restando che, in ogni caso, anche a voler ritenere sussistente un impedimento dell’interessato, il ricorrente notava come non fosse stato consentito al difensore di partecipare all’udienza in quanto non tenuta.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva accolto per le seguenti ragioni.
Si osservava a tal proposito prima di tutto come la Corte d’appello di Milano, in persona del consigliere delegato dal Presidente, avesse preliminarmente verificato come l’arresto non fosse stato operato per errore di persona o fuori dai casi previsti dalla legge n. 69 del 2005 e aveva disposto la convalida dello stesso senza procedere all’audizione dell’interessato in quanto assolutamente impedito applicando contestualmente la custodia cautelare in carcere, alla luce di un pericolo di fuga, dedotto dalla gravità degli addebiti, puniti con pene detentive elevate.
Quanto alla mancata traduzione dell’arrestato, quel giudice richiamava una nota della direzione penitenziaria in cui si dava atto che il M. si trovava in temporaneo isolamento siccome sottoposto a “tampone faringeo” in attesa di esito e aveva ravvisato in tale condizione un assoluto impedimento a comparire all’interrogatorio per la identificazione, adempimento che aveva, dunque, sospeso ai sensi dell’art. 294 comma 2, cod. proc. pen., così come richiamato dall’art. 39 della legge n. 69 del 2005.
Premesso ciò, gli Ermellini facevano presente come il motivo fosse fondato limitatamente alla mancata partecipazione del difensore all’udienza fissata per la convalida.
Si notava in via pregiudiziale come l’impugnazione riguardasse la sola ordinanza di convalida dell’arresto e non anche il contestuale provvedimento di applicazione della misura cautelare in carcere pur contenuto nel medesimo documento impugnato.
Quanto alla convalida dell’arresto, veniva poi precisato come dagli atti, consultabili in ragione della natura del motivo di ricorso, emergesse che la Corte milanese aveva regolarmente fissato, entro il termine previsto dall’art. 13 della legge n. 69 del 2005, l’udienza del 15 luglio 2020 per la convalida dell’arresto operato il 14 luglio 2020 dandone avviso all’interessato nei confronti del quale era stato emesso regolare ordine di traduzione e al suo difensore nominato all’atto del arresto.
Il sanitario della Casa Circondariale, con referto del 14 luglio 2020, tuttavia, non aveva dato il nulla osta alla traduzione per motivi sanitari a causa dell’isolamento respiratorio dell’arrestato e fino all’esito del tampone faringeo programmata l’esecuzione dell’accertamento diagnostico per il giorno 15 luglio 2020.
Sulla scorta di tale certificazione, l’autorità giudiziaria procedente aveva, dunque, disposto la sospensione dei termini per la identificazione dell’arrestato e proceduto alla convalida dell’arresto senza che consti lo svolgimento della udienza già fissata.
Precisato ciò, il motivo veniva stimato infondato limitatamente alla mancata traduzione dell’arrestato e alla sospensione della sua audizione.
Si osservava a tal riguardo che l’art. 13 della legge n. 69 del 2005 prevede che, entro quarantotto ore dalla ricezione del verbale di arresto, il presidente della corte di appello o un magistrato della corte da lui delegato, informato il procuratore generale, provvede, in una lingua alla stessa conosciuta e, se necessario, alla presenza di un interprete, a sentire la persona arrestata con la presenza di un difensore di ufficio nominato in mancanza di difensore di fiducia mentre l’art. 83 della legge n. 27 del 2020 indica espressamente i procedimenti per la consegna di un imputato o di un condannato all’estero ai sensi della legge 69/2005 tra quelli per i quali non opera la sospensione di cui ai commi 1 e 2.
Inoltre, l’art. 39 della legge n. 69 del 2005 cit., dal canto suo, espressamente richiama, per quanto non previsto dalla stessa legge, le disposizioni del codice di procedura penale e delle leggi complementari in quanto compatibili (non sono applicabili invece le disposizioni previste dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742 e successive modificazioni, relativa alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale).
Orbene, terminato questo excursus normativo, i giudici di legittimità ordinario evidenziavano come potesse, intanto, condividersi l’assunto difensivo secondo cui sarebbe errato il richiamo operato dal giudice all’art. 294 comma l, cod. proc. pen. per giustificare la sospensione dell’audizione dell’arrestato dal momento che la giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere l’audizione dell’interessato assimilabile all’interrogatorio di garanzia (per il caso in cui sia emessa misura cautelare, come nella specie) avendo più volte chiarito che la prima esclude la necessità di un nuovo interrogatorio di garanzia ai sensi dell’art. 294 cod. proc. pen., il cui espletamento è da ritenere incompatibile con il sistema processuale speciale introdotto dalla legge sopra menzionata (cfr. sez. 6, n. 26416 del 2/7/2012) e ciò nonostante il richiamo operato nell’art. 9, comma quinto della I. n. 69 del 2005 alle disposizioni del titolo I del libro IV del codice di procedura penale (cfr. sez. 6 n. 25708 del 23/6/2011).
Pertanto, la Cassazione riteneva del tutto legittimo il richiamo all’art. 294 comma 2, cod. proc. pen. alla luce della giurisprudenza sopra richiamata e del disposto di cui all’art. 39 legge n. 69 del 2005 cit. avendo il giudice ritenuto l’assoluto impedimento alla stregua della certificazione sanitaria richiamata nel provvedimento impugnato.
Invece, ad avviso dei giudici di piazza Cavour, le censure difensive coglievano nel segno nella parte in cui si obiettava che la convalida era stata pronunciata senza lo svolgimento dell’udienza, pur fissata, e senza la partecipazione del difensore dell’arrestato o, in sua assenza, di quello eventualmente nominato ai sensi dell’art. 97 comma 4, cod. proc. pen. trattandosi, infatti, di nullità assoluta e insanabile ai sensi dell’art. 179 codice di rito siccome afferente alla assenza del difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza, nella specie espressamente prevista dall’art. 13 della legge n. 69 del 2005.
Tal che se ne faceva discendere l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, limitatamente alla convalida dell’arresto, ma non anche al titolo cautelare contestualmente emesso ribadendosi a tal riguardo quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, nel caso in cui l’ordinanza applicativa della misura cautelare sia contenuta nel medesimo documento con il quale è stata disposta la convalida, essa costituisce provvedimento distinto e del tutto indipendente e autonomo, avente presupposto e finalità diverse, cosicché la invalidità del primo non si estende alla seconda (cfr., anche in motivazione, sez. 6 n. 42715 del 23/10/2008; n. 27357 del 19/6/2013; Sez. U. n. 17 de114/7/1999; in materia di misure coercitive contestuali al provvedimento di convalida del fermo o dell’arresto in cui si è affermata l’insussistenza di un rapporto di connessione essenziale tra i due provvedimenti; conf. su tale punto, sez. 2 n. 26605 del 14/2/2019).
Conclusioni
La decisione in oggetto è assai interessante nella parte in cui è postulato, citandosi giurisprudenza conforme, che, nel caso in cui l’ordinanza applicativa della misura cautelare sia contenuta nel medesimo documento con il quale è stata disposta la convalida, essa costituisce provvedimento distinto e del tutto indipendente e autonomo, avente presupposto e finalità diverse, cosicché la invalidità del primo non si estende alla seconda.
Da ciò consegue che l’eventuale invalidità di cui può essere affetto il provvedimento genetico di una misura cautelare non riguarda anche il provvedimento con cui è disposta la convalida il che non può che essere così stante il fatto che il primo riguarda per l’appunto una misura cautelare, il secondo, invece, concerne una misura precautelare.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, proprio perché fa chiarezza, in modo del tutto condivisibile, ad avviso di chi scrive, su tale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
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